Agorà

Napoleone. Resta un mistero la conversione del nemico (e carceriere) dei Papi

Alessandro Zaccuri mercoledì 5 maggio 2021

Napoleone al cospetto di papa Pio VII nel dipinto di Jacques-Louis David dedicato all’incoronazione del 2 dicembre 1804

Con i poeti va sempre così: non hanno le prove, però sanno com’è andata. Sulla conversione di Napoleone, per esempio, Manzoni non pare avere dubbi. Il cinque maggio si chiude con l’immagine del «Dio che atterra e suscita, / che affanna e che consola », in una celebrazione della «bella immortal, benefica / fede» che, al momento si poteva solo intuire. Che Napoleone sia morto dopo aver ricevuto i sacramenti, invece, è un elemento storico niente affatto improbabile. Ad attestare il viatico sono alcune delle testimonianze provenienti da Sant’Elena, per quanto non manchino voci discordanti, sulle quali pesa tuttavia il sospetto di una riserva ideologica.

Da parte dei suoi collaboratori più stretti, insomma si voleva evitare di dare l’impressione che l’imperatore fosse spirato «come un cappuccino». Quale ne sia stato l’esito, quello di Napoleone con il cristianesimo fu un rapporto complesso e non di rado contraddittorio, ora ripercorso in tutte le sue implicazioni da Luca Crippa in Napoleone e i suoi due Papi (San Paolo, pagine 240, euro 22,00). Seguendo le tappe di una biografia mai abbastanza conosciuta, l’autore si sofferma con intelligenza su una moltitudine di indizi che vanno dall’istante stesso della nascita (la madre, Maria Letizia, fu colta dalle doglie mentre tornava dalla chiesa) fino all’attestazione dell’abate Angelo Vignali, il sacerdote corso presente alla morte. Fra questi estremi si svolge l’avventura del giovane ufficiale che, pur avendo studiato in una école militaire gestita da religiosi, si era formato su Plutarco più che sui Vangeli.

Mai particolarmente devoto, ma coerente al punto di rifiutare di prendere la Comunione durante la cerimonia dell’incoronazione imperiale a Notre-Dame nel 1804, Napoleone sviluppò molto presto l’idea della religione come strumento di governo. Fu per considerazioni di convenienza, tra l’altro, che volle che la Francia rimanesse cattolica anziché aderire al protestantesimo, come pure gli veniva suggerito. Crippa – che ha al suo attivo molte efficaci biografie storiche – insiste giustamente sulla frattura che la Rivoluzione aveva prodotto all’interno della Chiesa mediante la distinzione tra clero “costituzionale” e clero “refrattario”, ovvero tra quanti accettavano o respingevano le norme che subordinavano l’apparato ecclesiastico a quello dello Stato.

Si inserisce in questo quadro anche il braccio di ferro che Napoleone impegnò prima con Pio VI, al secolo Giovanni Antonio Braschi, il Papa travolto dai successi della Campagna d’Italia e destinato a morire prigioniero dei francesi nel 1799, sia con il suo successore Pio VII, al cospetto del quale si impose la corona imperiale. Nonostante la ratifica del Concordato tra Francia e Stato della Chiesa nel 1801, neppure papa Chiaromonti sfuggì all’inimicizia di Napoleone, che nel 1809 non si oppose all’arresto del Pontefice. Da qui, come sottolinea a più riprese Crippa, la fama di “Anticristo” toccata al condottiero che pure era propenso a considerare la natura divina di Cristo. Sempre tentato dall’idolatria di sé stesso, l’imperatore potrebbe essersi ben convertito in punto di morte. Ma quello che accade in quegli istanti è un mistero per tutti, ancor più misterioso nel caso degli uomini che si credono grandi.