Filmati su YouTube «che riescono a presentare la vita religiosa»: dalle giovani suore a quella ultracentenaria. «Vederle ti da un’idea non tanto "intellettuale", ma un’impressione che rimane nel cuore sulla bellezza della consacrazione. Vuol dire suscitare l’attenzione di una società "liquida", parlando il linguaggio delle immagini e delle emozioni per un primo approccio, per farsi ascoltare». Lo ha suggerito Ana Vilarroig, consacrata e docente dell’Istituto superiore di Scienze religiose dell’Ateneo pontificio
Regina Apostolorum, intervenendo presso la sua università durante il corso «La suora nell’epoca digitale», che si è svolto nei giorni scorsi e che ha visto la presenza di 22 religiose provenienti dal Libano e dalla Colombia, dal Regno Unito e da Gaza, oltre che dall’Italia. Un itinerario formativo inaugurato lo scorso anno, rivolto alle consacrate che desiderano approfondire l’uso dei mezzi di comunicazione, sia per la vita personale che per l’apostolato, vocazionale e non.Tuttavia, occorre ricordare che i media «non potranno mai sostituire le relazioni interpersonali sane, specialmente la fraternità nella comunità – ha rilevato ancora Vilarroig –. Internet ed e-mail non possono diventare modi per allontanarsi dalla realtà»: vanno usati in modo equilibrato «sia per quantità che per qualità di tempo», non come evasione. Ma resta il fatto che in un mondo ormai digitalizzato, attraverso il web «possiamo gettare granelli di sabbia positivi riguardo alla nostra consacrazione, utili a ravvivare la vita spirituale: può darsi che qualcuno torni alla Chiesa dopo tanti anni, o che semplicemente condivida il link, oppure che si chieda se Dio lo sta chiamando alla stessa forma di vita», ha sottolineato la professoressa. Invitando le suore a utilizzare internet come un autentico strumento pastorale: «Serve ogni tanto, con prudenza, "navigare" per vedere i trailer dei film più diffusi, o sentire una canzone fra quelle più in voga, o guardare una rivista che comprano le ragazze... Impareremmo di più a stare accanto ai giovani, a capire il loro linguaggio».Ne è convinta suor Elvira Maria De Witt, olandese, carmelitana del Cuore divino di Gesù: da circa un decennio usa la rete per contattare i giovani; chattando con loro, fa conoscere la sua esperienza. E circa due ragazze all’anno decidono di entrare nel suo convento. Se i ragazzi non vengono a bussare alla nostra porta, ha pensato, «è facile parlare con una suora nella propria camera, ponendole delle domande». Un modo per intercettare chi ha la vocazione, ma non solo: «Le giovani scelgono anche altri istituti religiosi o il matrimonio», ha raccontato.Ex cantante lirica, brava anche alla tastiera del pianoforte (si è diplomata tra il conservatorio di Rotterdam e quello di Utrecht), suor Elvira si connette per circa un’ora al giorno al suo profilo su Hyves, il Facebook olandese: «Voglio essere lì per ogni giovane che viene a contattarmi»; gli "amici" sono ben 292 (
http://srelviramariareal.hyves.nl/). Si collega con utenti dei Paesi Bassi, ma anche dell’Irlanda, della Germania e degli Stati Uniti. «Ci sono sorelle, ancora oggi, che non hanno mai "lavorato" con internet: hanno una e-mail, ma non la usano – riferisce –. Eppure i benefici potenziali superano di gran lunga gli ostacoli». Dal convento di Tiltenberg, a Vogelenzang – circa trenta chilometri da Amsterdam –, suor Elvira scrive per posta elettronica a centinaia di persone. A chi le domanda consigli per il cammino di fede, la religiosa suggerisce un percorso di «alpinismo spirituale»: mettere a fuoco un obiettivo e poi impegnarsi in ogni modo per raggiungerlo, puntando «in alto».