Musica. Reitano torna rivestito di jazz con il sax del nipote Felice Clemente
Questione di Dna. O Questione di cellule come avrebbe detto, citando una sua canzone, Lucio Battisti. E fu proprio Mino Reitano, che il nipote jazzista Felice Clemente celebra ora con un coraggioso disco frutto appunto del comune Dna, a far debuttare la coppia Battisti/ Mogol cantando la loro Non prego per me. Era il Festival di Sanremo del 1967, quello tragico della morte di Luigi Tenco. «Ero l’interprete preferito di Lucio, allora. Eravamo amici, mi chiamava Minuzzo» ricordava Reitano, «l’unico cantante che conosco che non abbia mai stonato in vita sua» ebbe a dire di lui Sandro Ciotti, uno che di canzoni s’intendeva molto prima che di calcio. Sono aneddoti e memorie che, con il disco di Clemente, compongono il curioso cofanetto Mino Legacy realizzato dal Felice Clemente Quartet con il contributo di Andrea Pedrinelli, autore di un ricco profilo critico di Reitano e curatore di un dvd che a un’intervista a Clemente abbina inedite esibizioni live di archivio di Reitano e momenti di vita familiare. Una originale operazione musicale, affettiva e filologica che porta a riscoprire un cantante e compositore sempre snobbato dalla critica, ma molto amato dal grande pubblico visto che nella sua lunga carriera iniziata nei primi anni Sessanta ha venduto ben 30 milioni di dischi in tutto il mondo.
Questione di Dna, si diceva. Non solo parentale, però. «Quando con il pianista Fabio Nuzzolese, il batterista Massimo Manzi e il contrabbassista Giulio Corini abbiamo pensato di rileggere in chiave jazzistica alcune canzoni di mio zio Mino – spiega il sassofonista Felice Clemente – ci siamo accorti che la struttura e l’architettura armonica e ritmica dei suoi brani avevano già in sé una sorta di Dna jazzistico. Questo ci ha consentito, soprattutto a Nuzzolese che ne è stato l’arrangiatore, di rivisitare i pezzi in modo molto naturale, senza particolari forzature. Ne è uscito un progetto diverso da quelli, per esempio, di Gino Paoli e Massimo Ranieri con le loro canzoni rifatte in modo jazzato». Qualcuno potrebbe storcere il naso, cosa a cui Reitano è sempre stato abituato peraltro, di fronte a questa insolita e coraggiosa rilettura. Ma il risultato è talmente sorprendente da indurre a considerare canzoni come la poco nota Eduardo un capolavoro di scrittura alla stregua delle più celebri Una ragione di più, L’uomo e la valigia o La mia canzone. Famiglia di musicisti (Mino aveva studiato pianoforte e tromba al conservatorio), i Reitano ( Gente di Fiumara volle titolare una sua famosa canzone, Mino) emigrarono in Germania dalla natìa Calabria e ad Amburgo, come Tanz Kappelle Beniamino Reitano and his Brothers, condivisero nei primi anni Sessanta il palco con tali Silver, il primo gruppo di John Lennon, Paul McCartney e George Harrison quando suonavano con Pete Best prima che arrivasse Ringo Starr.
«Devo la mia passione per la musica a mio nonno Rocco, che suonava il clarinetto, e a mio zio Mino – racconta Clemente –. Ricordo che da ragazzino uscivo di nascosto di casa e mi rifugiavo nello studio di registrazione di zio Mino, a poche decine di metri. Lui era sempre lì a suonare, a comporre al pianoforte, a provare. Nel suo studio venivano tanti big a registrare e lì ho ascoltato decine di musicisti». Sono passati otto anni dalla scompartsa di Reitano e 15 dal suo ultimo Sanremo, con la canzone Italia. Benché già malato di cancro, il suo impeto aveva colpito tutti. Soprattutto, in negativo però, gli storici detrattori che gli rimproveravano quel connotato troppo nazional-popolare che ne aveva, in fondo, minato il riconoscimento artistico. «Questo omaggio ha due motivi – dice Clemente –. La mia personale gratitudine e la volontà di riscattarlo, facendolo riscoprire nella sua qualità musicale e compositiva, oltre che canora. Certo, so di espormi in prima persona in questo difficile mondo del jazz pieno di pregiudizi».