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LA CATTEDRALE. Reims, angeli e demoni da secoli in lotta

Franco Cardini domenica 3 luglio 2011
Dicono che, fra tutte le cattedrali, la più amata dai francesi sia non già Notre-Dame di Parigi - con buona pace di Victor Hugo, di Walt Disney e di Riccardo Cocciante -, e nemmeno la pur bellissima e terribile Notre-Dame di Chartres, enigmatico tempio astrologico e alchemico a una Madonna Nera, Nostra Signora di Sottoterra. No: la più amata è la cattedrale di Reims. E il perché si capisce bene. Anzitutto, è d’una bellezza che mozza il fiato. Ma in ciò non sarebbe l’unica. Poi è anche una delle più antiche. E’ vero che la fondazione attuale non risale a prima del XIII secolo - ne ricorre infatti l’ottocentesimo anniversario, con un "giubileo" che durerà fino al 23 ottobre prossimo -: ma in realtà sul suo impianto esisteva forse già dal VI secolo una più antica chiesa, e qui tradizionalmente fin dall’età dei re franchi della dinastia merovingia si incoronavano i re ungendoli secondo il rito di David con il sacro crisma contenuto in un’ampolla che secondo al leggenda era discesa miracolosamente dal cielo inviata al santo vescovo Eligio, colui che aveva convertito il feroce re Clodoveo. Si diceva che nel giorno dell’incoronazione il sovrano avesse il potere di guarire alcuni ammalati semplicemente toccandoli con la punta delle dita. Leggete questa bella leggenda nel libro di Marc Bloch I re taumaturghi (Einaudi), uno dei saggi di storia e di antropologia più affascinanti che siano mai stati scritti al mondo. E non basta ancora: qui nel 1429 Giovanna d’Arco scortò il suo re, Carlo VII, affinché vi fosse incoronato dopo una vittoriosa campagna contro gli inglesi.Insomma, Reims è un autentico santuario delle glorie cristiane e patriottiche di Francia: se a ci aggiungete che sulla piazza della cattedrale si affacciano le botteghe delle più celebri case produttrici di champagne (la degustazione è d’obbligo), capirete che siamo al centro d’un prodigio di storia e di civiltà. Eppure, non è ancora nulla. Restaurato nel XIX secolo, ma durissimamente colpito dagli eventi bellici del 1914-18, il sacro edificio era rimasto a lungo umiliato da mediocri e incompleti restauri. Solo negli ultimi anni il problema era stato affrontato con sistematicità: e adesso, da poche settimane, se ne può ammirare il sapiente restauro del portale nord della facciata e dell’intera statuaria (tre anni di lavoro, quasi quattro milioni di euro ben spesi). Tra le statue davvero tornate a nuova vita, appunto sul portale nord, il celebre "angelo sorridente": insieme con la Kore dell’Acropoli di Atene e la Gioconda di Leonardo, il più celebre sorriso dell’arte universale. Un sorriso enigmatico, che ci viene restituito quasi incredibilmente: le bombe avevano spezzato la testa angelica in quindici pezzi. Ma tutta la facciata della grande chiesa è un fremito d’ali. Gli angeli sono letteralmente di sentinella all’edificio («come un turno di guardia, nella notte») in quanto esso s’ispira simbolicamente, nella forma e nelle proporzioni, alla Gerusalemme celeste descritta dall’Apocalisse. Questo monumento alla vera pace è, in realtà, il luogo dell’infinita guerra spirituale dell’uomo contro se stesso, il male, il peccato. Le statue degli angeli, in piena luce, ci sostengono, ci ammoniscono e ci confortano. Ma se vi tuffate nell’ombra profonda del tempio, se ne esplorate con attenzione e pazienza i recessi, gli archivolti, i capitelli, gli stipiti, è il "popolo della notte" a venirvi incontro: i rospi, le serpi, i pipistrelli e i rapaci notturni, signori del buio e compagni dei demòni; e ancora i mostri dal corpo semiferino e semiumano, le sirene, le arpie, le manticore, i basilischi. "Bibbia dei poveri" (che non sanno leggere: ma sanno ascoltare e guardare), la cattedrale è anche libro delle scienze della natura, mondo di simboli e di analogie in cui ogni parte rimanda alle altre e al tutto. Non affrettatevi a fotografare, non sperate che vi basti una sia pur buona guida: questo "libro di pietra" ha bisogno per essere un po’ compreso che vi si soggiorni un istante più lungo possibile, che se ne assapori la penombra e il freddo che ti arriva addosso, al di sotto di quelle altissime volte, anche d’estate. Lasciatevi condurre dalle luci dei ceri e da quella che penetra dalle vetrate policrome fino al centro, fino al labirinto ottagonale tracciato sul pavimento e simbolo della vita come pellegrinaggio, del santo viaggio di Gerusalemme come compendio dell’esistere. Il bestiario pauroso e mirabile che vi circonda  vi rimanda ai vostri vizi, ai vostri peccati, alla linea d’ombra che avete attraversato, alla speranza della luce che vi aspetta. Sembra favoloso, lontano, esotico: invece è vicino, ti sta dentro, sei tu con le tue paure e i tuoi rimorsi, è parte del tuo quotidiano; e l’angelo è lì, per aiutarci a dominarlo e a vincerlo. Auguste Rodin, che visitò la cattedrale di notte, ne riportò un’impressione misteriosa e misterica: quasi non si trattasse di una chiesa cristiana. Ma forse il segreto per arrivare a capir meglio il cristianesimo, in questi tempi di apostasia ma anche di riappropriazione, è proprio questo: lasciarsi invadere dal suo mistero immenso.