Il film. Vanessa Redgrave:«Do voce ai rifugiati attraverso la poesia»
Un’immagine di “Sea Sorrow”,
Mare e dolore, due parole tratte dalla Tempesta di Shakespeare per descrivere la moderna tragedia dei migranti che lasciano la loro terra e attraversano il Mediterraneo sulle “carrette della morte” con l’intenzione di sfuggire a guerre e miseria. Sea sorrow, come una “sintesi dell’anima”, è il titolo del primo film diretto da Vanessa Redgrave, presentato nei giorni scorsi in anteprima assoluta alla Town Hall di Hammersmith, quartiere alla periferia ovest di Londra. Il lungometraggio, a metà tra narrativo e documentaristico, è stato girato a Calais, in Francia, sulle isole di Grecia e Italia dove sbarcano gli immigrati, nei campi profughi del Libano e negli Studios di Twickenham.
È prodotto dal figlio dell’attrice, lo sceneggiatore e regista Carlo Nero (avuto nel 1969 dal marito Franco Nero). Ripercorrendo le sue personali battaglie per i diritti civili, il film della Redgrave racconta la storia dei rifugiati in Europa nel corso dell’ultimo secolo e si avvale dell’apporto degli attori britannici Emma Thompson, Ralph Fiennes e Simon Coates (della Royal Shakespeare Company) chiamati a recitare alcuni brani del Bardo strettamente legati al tema dell’immigrazione e dell’accoglienza dello straniero. Il film comprende interviste, testimonianze e filmati di repertorio sulla condizione dei migranti, fa ve- dere i barconi sovraffollati che sfidano il mare aperto e i centri di raccolta allestiti nei diversi punti di approdo sulle sponde europee. «L’idea di girare un film sul dramma dei profughi è nata, a me e a mio figlio Carlo, un anno e mezzo fa, dopo aver visto quella terribile immagine del bambino siriano trovato morto sulla spiaggia di Bodrum » dice l’ottantenne attrice londinese, vincitrice del premio Oscar nel 1978 per la sua interpretazione in Giulia di Fred Zinnemann.
Ma tutta la sua esistenza è stata segnata da un serio impegno verso gli ultimi e i perseguitati. Anche di queste esperienze si parla in Sea sorrow un film che, dice la Redgrave ad “Avvenire”, «vuole essere anche un severo richiamo alle responsabilità dei governanti, un invito al rispetto delle leggi internazionali e della dichiarazione universale dei diritti umani». All’età di due anni, nel 1939, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, la piccola Vanessa fu costretta a trasferirsi in campagna da un cugino per sfuggire ai bombardamenti tedeschi su Londra. Più tardi la sua famiglia (i genitori Michael e Rachel Kempson erano anch’essi attori teatrali) si adoperò per ottenere visti agli ebrei inglesi in fuga dai territori occupati. Vide la città di Coventry bruciare da lontano, dopo le bombe naziste del 1940: l’episodio gli procurò per molti anni incubi notturni.
Aveva 19 anni e frequentava l’Accademia Shakespeariana quando scoppiò la rivolta antisovietica in Ungheria e molti magiari furono costretti all’esilio a Londra, relegati nel quartiere povero di Ladbroke Grove. Lei decise di aiutarli, andando nelle loro case a preparare il té, a cucinare e, soprattutto, ascoltare le loro drammatiche storie: «Non potevo sopportare – ricorda – che gli oppositori del regime fossero schiacciati dai carrarmati comunisti ». In seguito Vanessa Redgrave si sarebbe recata in Libano per aiutare i piccoli palestinesi in una scuola materna. Oggi, insieme con attori come Benedict Cumberbatch e Keira Knightle, è impegnata a favore di Safe Passage, un’associazione che attraverso la creazione di corridoi umantari aiuta i profughi minorenni rimasti in Italia, Francia e Grecia, a ricongiungersi ai familiari che vivono in Inghilterra. Un impegno non facile dopo la Brexit.
«È una condizione che conosco e mi preoccupa molto – commenta l’attrice – perché, nonostante le leggi internazionali che regolano il diritto d’asilo, come il trattato Dublino III, non sappiamo ancora quale sarà il destino di migliaia di bambini e ragazzi lasciati senza nessuna tutela, lontano dai parenti: ma anche loro hanno il diritto di vivere, di essere educati, di avere un futuro. Il nostro obiettivo – conclude Vanessa Redgrave – è ritrovarli e assisterli, subito, ma è necessaria la collaborazione delle istituzioni che spesso manca: tanta gente è disposta a dare una mano concretamente, con generosità, però servono aiuti sociali e più consapevolezza». Anche per questo è stato realizzato Sea sorrow. Ora il film è in fase di doppiaggio, nei prossimi mesi sarà distribuito in diversi Paesi europei.