Roma. Ravasi, ottant'anni di «sapienza e visione»
Il cardinale Gianfranco Ravasi, che ha compiuto 80 anni martedì
«Il grande auditorio dell’Augustinianum appare piccolo, e a malapena arriviamo a stringerci tutti in questo spazio – tante amiche e tanti amici arrivati da vicino e da lontani –. Siamo in tanti, riuniti da una sola ragione». Esprimere «gratitudine per la sua vita». Le parole sono del cardinale José Tolentino Mendonça, prefetto del nuovo dicastero per la Cultura e l’educazione. Le ha rivolte martedì sera al cardinale Gianfranco Ravasi, che compiva ottant’anni. E ha spiegato subito le ragioni di questa gratitudine. La sapienza «che arricchisce noi tutti, tanto nel campo biblico come in quello teologico e culturale ». La visione «di uomo di Chiesa, che unisce una conoscenza profonda della tradizione e una fedeltà appassionata ad essa con la capacità di inaugurare e abitare spazi e dibattiti contemporanei con generosità profetica, nell’intento di stabilire ponti, avvicinare persone, mettere in moto dialoghi fondamentali tra culture».
A questo si aggiunge anche un ringraziamento «personale», perché, ha raccontato il cardinale portoghese, «da molti anni, ancor prima di incontrarci per la prima volta, io già la leggevo, già imparavo da lei, già la consideravo un maestro e traevo profitto dalla sua lezione. E nostro maestro – aggiunge – lei rimarrà, perché noi non la lasciamo andare via». Secondo le norme i cardinali a 75 anni devono rimettere il loro incarico nelle mani del Papa e a 80 decadono dai ruoli curiali (oltre che al diritto di entrare in conclave). Papa Francesco ha mantenuto Ravasi alla guida del Pontificio consiglio per la Cultura fino alla soglia dell’80° genetliaco e ha chiamato alla guida del nuovo dicastero, che in base alla riforma della Curia ne prende l’eredità, proprio Tolentino Mendonça, il quale vede in Ravasi «un maestro». Il porporato ambrosiano da parte sua si è dichiarato «felicissimo» per la scelta del successore, al quale lo lega una «amicizia profonda», e con il quale registra una «sintonia spontanea ». Non sorprende quindi che il cardinale portoghese ci abbia tenuto a dire pubblicamente a Ravasi che «abbiamo un gran bisogno di lei e che desideriamo che continui a essere presente (e le chiediamo di essere presente) per aiutare e ispirare la missione della Chiesa nel campo culturale, ricco di sfide, che lei conosce così bene e nel quale pochi hanno la sua competenza, e la sua ampiezza di esperienza e di visione».
Tutte doti che l’uditorio raccolto nell’Augustinianum ha avuto modo di apprezzare ascoltando, affascinato, l’intervento con cui Ravasi ha ringraziato (il Creatore, i genitori, Benedetto XVI che lo ha fatto vescovo e cardinale, papa Francesco che lo ha confermato, la «folla di amici ») e ha ripercorso la sua biografia. Lo ha fatto con un discorso, come di consueto, a braccio, intessuto di rimandi scritturistici e di citazioni di autori come Rainer Maria Rilke, Jorge Luis Borges, David Maria Turoldo, Umberto Eco, Abraham B. Yehoshua, Mario Luzi («se qualcuno esprime un concetto meglio di quello che potrei fare io, perché non citarlo? », si schermisce). E poi con una breve e intensa lectio sul Verbum Caro, trascrizione sintetica del celebre Prologo del Vangelo di San Giovanni, che fa da titolo alla miscellanea che per l’occasione è stata pubblicata dalle edizioni San Paolo. La corposa opera (oltre 900 pagine), curata dal liturgista don Manlio Sodi, già presidente della Pontificia Accademia di Teologia, raccoglie una ottantina di contributi di personalità laiche (ad esempio Giuliano Amato, Enzo Bianchi, Andrea Riccardi, Walter Veltroni e le storiche firme di “Avvenire” Roberto Righetto e Alessandro Zaccuri) ed ecclesiastiche (come i cardinali Giuseppe Betori, Tarcisio Bertone, Angelo De Donatis e Lluís Martínez Sistach). Il volume è impreziosito dai saluti beneauguranti di papa Francesco e del presidente Sergio Mattarella.
Il Pontefice ringrazia Ravasi «specialmente per il servizio reso alla Sede Apostolica» e lo invita a continuare «a esplorare nuove vie di dialogo, per portare al mondo la bellezza della Parola che si fa carne e alla Chiesa l’eco delle aspirazioni culturali del nostro tempo». Il capo dello Stato da parte sua ribadisce l’apprezzamento per il «grande impegno» profuso dal cardinale «per la promozione nella società italiana dei valori cristiani, del valore della cultura e del rispetto della dignità di ogni essere umano». Il porporato ha personalmente autografato i circa quattrocento volumi che sono stati consegnati ai collaboratori e ai presenti. La serata, moderata da Paola Saluzzi, è stata allietata dal coro della diocesi di Roma diretto dal maestro monsignor Marco Frisina e viene introdotta dal vescovo Paul Tighe («caro collaboratore, fraterno amico» lo chiama Ravasi). Numerosa e qualificata la presenza di tanti amici ed estimatori del festeggiato riuniti nell’auditorium dell’Augustinianum proprio nel giorno del suo compleanno. Con il cardinale decano Giovanni Battista Re e i porporati Lorenzo Baldisseri, Luis Ladaria, Francesco Coccopalmerio, Michael Czerny. Gli arcivescovi e vescovi di Curia Rino Fisichella, Nunzio Galantino, Piero Marini, Angelo Zani. I presuli italiani Enrico Dal Covolo, Antonino Raspanti e Ambrogio Spreafico. Significativa anche la rappresentanza del Corpo diplomatico (con l’ambasciatore italiano Francesco Di Nitto e quello dell’Ordine di Malta Antonio Zanardi Landi), nonché di quello sportivo (Marco Tardelli) e giornalistico (tra gli altri i vertici del dicastero per la Comunicazione, il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio e la direttrice del Tg1 Monica Maggioni).
Dopo che don Sodi ha illustrato brevemente i contenuti della miscellanea, ha chiuso la serata monsignor Pasquale Iacobone che ricorda l’impegno del cardinale Ravasi in qualità di presidente della Pontificia commissione di Archeologia sacra. Impegno condotto con una «visione ampia e lungimirante», testimoniata anche dall’intuizione di celebrare ogni anno la Giornata delle Catacombe. E infine ha rivolto al festeggiato l’augurio che monsignor Isidoro Carini nel 1892 fece al termine del suo intervento per i settant’anni del grande archeologo Giovanni Battista de Rossi: « Vivas, floreas in Christo semper! ».