«Cosa vorrei dal 2013? Scendere dalla mia bicicletta per tornare a correre e giocare a calcio con gli amici…». È questo il desiderio più grande di Hippolyte, un ragazzino di 15 anni di Bozoum (Repubblica Centroafricana) che da due è “legato” alla sua bici. Una carrozzina-triciclo a 3 ruote, in sella alla quale scende dalla collina per arrivare puntuale ogni giorno, alle 7.10, al suono della prima campanella della Scuola della Missione. La Media-Liceo di Bozoum è intitolata al nostro compianto e giovane collega di
Avvenire, Lino Giaquinto, ma Hippolyte è solo all’ultimo anno delle elementari. Ed è stato uno scivolone a terra, un banale incidente capitatogli proprio in aula a fargli perdere l’uso delle gambe, paralizzato dalla vita in giù. «Probabilmente aveva già un’infezione ossea e quella caduta ha fatto il resto – spiega padre Aurelio Gazzera, responsabile della Missione dei carmelitani del Santuario del Gesù Bambino di Praga di Arenzano –. In questi anni purtroppo Hippolyte, a livello medico è stato seguito in maniera discontinua. A periodi brevi di incoraggianti miglioramenti ha fatto sempre seguito lo sconforto della sua dura realtà. Questa comincia dal tortuoso viaggio di chi per fare una semplice radiografia è costretto a spostarsi fino al centro sanitario della capitale, Bangui, a 400 chilometri dalla nostra Missione». Viaggi della speranza, ancora disillusa, che fiaccherebbero anche i più forti, ma non Hippolyte che per tenacia e capacità di sorridere alla vita, e agli altri, è diventato un simbolo di resistenza. L’esempio da seguire, per tanti bambini della Scuola che conta circa 1.200 iscritti: 150 alunni alla Scuola Materna, oltre 700 alle Elementari, 200 alla Media-Liceo e altrettanti al centro per orfani “Arc en ciel” (Arcobaleno) che accoglie bambini - dai 3 ai 14 anni - che hanno perso i genitori a causa di malattie o per le frequenti e violente scorribande dei gruppi ribelli. Gli ultimi venti di guerra spirano forte proprio in questo momento, portati dalla minaccia dei Séléka: unione di più fazioni ostile al presidente François Bozizé, che armi in pugno ha conquistato molti villaggi del nord, spingendosi fino a 150 km da Bangui. Intanto, nell’oasi verde e pacifica di Bozoum, Hippolyte e i suoi amici continuano ad affollare gli spazi della moderna struttura scolastica, fiore all’occhiello e rarità per questo angolo d’Africa. «Qui non tutte le scuole sono aperte e in certi casi si contano fino a 100 alunni per aula. Lo stato centroafricano non ha maestri sufficienti per tutti gli istituti che spesso sono delle semplici tettoie in paglia, con qualche legno a far da banco», racconta padre Aurelio. Nella Missione di Bozoum tutto questo non si vede più da quando operano i carmelitani. I ragazzi seguiti amorevolmente dagli animatori, coordinati da suor Chiara e suor Solange - missionarie francescane di Fiesole -, hanno la possibilità di studiare nelle condizioni migliori. E al suono della campanella d’uscita, alle ore 12, dopo un buon pasto al Centro ristoro, comincia la giornata sportiva. «Uno spettacolo di maglie e di colori (le divise gialle indossate dai bambini della Materna, rosse e verdi da quelli delle Elementari, bianche e arancioni dai ragazzi della Media-Liceo) con sfide alla “tutti contro tutti”, a pallavolo, basket e naturalmente a calcio, lo sport più amato e praticato. «La Media-Liceo, addirittura organizza un torneo, dedicato alla memoria di Lino Giaquinto, che vede coinvolti tutti gli alunni, divisi in 16 squadre», dice padre Davide Sollami. È il piccolo, grande, campionato di Bozoum, dove chi vince conquista lo “scudetto del sorriso”. Quello stampato sul volto radioso di Hippolyte che per ora, seduto sulla sua bici, può solo essere spettatore attento del torneo. Ma in tanti si stanno muovendo per aiutare la “mascotte” della Missione, affinché possa tornare in campo al più presto. «Quest’estate alcuni ragazzi della parrocchia di San Pietro di Savona sono venuti per un campo scuola, hanno conosciuto Hippolyte e subito si sono adoperati in suo soccorso. Una soluzione da qui è difficile trovarla, perché il Centroafrica non dispone di nessun impianto per la risonanza magnetica e anche le analisi o le terapie più semplici spesso diventano operazioni impossibili. Servirebbe un consulto medico e un intervento chirurgico in qualche clinica specialistica in Italia. Non resta che affidarci alla Provvidenza e al buon cuore della nostra gente…», confessa speranzoso padre Aurelio. La gente di Bozoum gli unici soldi che riesce a tirare su sono quelli che arrivano dal sudore quotidiano dei campi confinanti con quelli sportivi. Grazie agli operatori della Missione sono sorte 600 cooperative agricole che danno lavoro a oltre 20mila persone. «La campagna agricola 2011-12 ha permesso di esporre e vendere prodotti per 60mila euro - precisa padre Aurelio - . Cifre che a noi italiani magari fanno sorridere, ma che qui hanno un peso importante nell’economia della comunità». Una comunità già in festa per l’imminente Fiera Agricola giunta alla decima edizione. Una due giorni (alla fine di gennaio), in cui i protagonisti assoluti sono i contadini, i genitori e i fratelli maggiori di tutti quei ragazzi che, dopo la scuola, scorrazzano per il villaggio, fieri nell’indossare la maglia di Balotelli o di Eto’o. Sono loro il cuore pulsante di Bozoum, ragazzini che come Hippolyte, da un grande prato verde, come la speranza, aspettano di veder germogliare il futuro.