Puntano sui giovani, sulle élite e sul pubblico maschile che è in auto per lavoro. Ma lasciano ai margini anziani e madri di famiglia che trascorrono le giornate fra le mura domestiche. Le radio italiane guardano ai segmenti «rampanti» della popolazione che, scorrendo i dati dell’indagine «Radio Monitor» presentata ieri a Milano da Gfk-Eurisko, sono il nocciolo duro dei dieci network nazionali più ascoltati della Penisola e che rappresentano anche un’ottima piazza commerciale.Non lo sono, invece, quelle parti di pubblico che hanno come riferimento la casa. Un segmento che, però, sta a cuore alle emittenti di ispirazione cattolica, in campo con le loro antenne per proporre palinsesti nel segno dell’inclusione. E il riscontro in termini d’ascolto c’è tutto. Come dimostra il caso di Radio Maria. Con il suo milione e mezzo di ascoltatori al giorno, l’emittente occupa la quattordicesima posizione nella classifica nazionale di Gfk-Eurisko. E la sua platea è un’eccezione rispetto a quella delle altre radio «leader»: infatti ha al centro chi è trascurato altrove, come il pubblico femminile o dei pensionati. Un’analoga attenzione arriva dalle emittenti locali nate all’ombra del campanile che si sono affermate sul territorio come «voci» vicine alla gente.L’analisi del pubblico dice molto dei network ai vertici di «Radio Monitor». Rtl 102.5 che ha conquistato la prima posizione con 6,6 milioni di ascoltatori al giorno viene seguita da chi è sempre in movimento; al secondo posto si colloca Radio Deejay e la sua platea da 5,3 milioni di contatti è formata dai giovani e da una consistente fetta di ascoltatori maschili; più omogeneo l’audience di Radio 105, al terzo gradino con 5 milioni di ascoltatori. Invece sono i ragazzi le colonne portanti di Rds, quarta radio italiana grazie ai suoi 4,7 milioni. La quinta posizione è occupata da Rai Radio Uno che, con 4,5 milioni, ha una platea dove spiccano élite e uomini che lavorano.Proprio questa collocazione della rete ammiraglia del servizio pubblico radiofonico non è piaciuta alla Rai che ha sconfessato l’indagine. «L’azienda non ha preso parte a Radio Monitor», hanno fatto sapere da Viale Mazzini. «Vero, ma fra i committenti c’è la Sipra, la concessionaria di pubblicità Rai», ha risposto l’amministratore delegato Remo Lucchi. All’origine della polemica il «declassamento» di Radio Uno che tre anni fa era al primo posto dell’indagine di Audiradio. Una società finita, poi, in liquidazione. Così Gfk-Eurisko ha proposto una ricerca simile. Con qualche correzione. «Audiradio aveva sovrastimato la parte culturalmente più elevata della popolazione», ha affermato Lucchi. Da qui le oscillazioni nelle graduatorie messe a punto con 60mila interviste telefoniche e 10mila misurazioni col «meter» indossato dagli ascoltatori. Contrasti a parte, ciò che le emittenti hanno apprezzato è la crescita della platea radiofonica: ogni settimana otto italiani su dieci accendono la «scatola parlante». Come a dire: la radio gode ottima salute.