Religioni. Rabbi Natan e la sapienza ebraica al tempo di Gesù
Una miniatura medievale del rabbino Gamaliele, vissuto nel I secolo
Continua il meritevole lavoro delle edizioni Qiqajon (Comunità di Bose) nel tradurre e pubblicare alcuni classisi del pensiero religioso ebraico, utili a diffondere quel patrimonio di sapienza che i maestri di Israele hanno sviluppato in secoli di studio della Torà. Principale artefice di questa mediazione culturale è il monaco ebraista Alberto Mello, al quale si devono le importanti traduzioni italiane dei Pirqè avot, di L’anima di vita di Chayim di Volozhin e, pochi anni fa, della Mekhiltà di Shimon bar Yochai. L’ultima sua fatica è ora un testo extratalmudico di grande fascino, i cosiddetti Avot de-rabbi Natan, offerti con il titolo I padri del mondo (pagine 246, euro 24,00), intesi come i maggiori maestri delle scuole rabbiniche: Hillel e Shammaj e i loro discepoli del I e II secolo, cioè Yochanan ben Zakkaj e rabbi ‘Aqivà, rabbi Eliezer e rabbi Yehoshua, rabbi Meir e Jehudà haNassì, che contribuirono alla codificazione della Mishnà e del Talmud dando forma al giudaismo come lo conosciamo oggi.
Si tratta di un testo ricchissimo in sé, una vera summa di sapienza ebraica, ma che ha (o dovrebbe avere) anche un’indubbia rilevanza storica e teologica per gli studiosi del cristianesimo, dal momento che è stato assemblato negli stessi decenni in cui s’è consolidata e scritta la tradizione evangelica. Troviamo infatti una forte similarità di linguaggio e di temi tra gli insegnamenti di questi grandi farisei, nell’accezione più storiografica e nobile del nome, e la predicazione di Gesù, a conferma delle tesi esegetiche più avanzate per cui il “rabbi di Nazareth” era culturalmente assai vicino alle loro scuole e, forse, a capo di una di queste in Galilea.
Rabbi Natan, a cui viene attribuita questa raccolta in 41 brevi capitoli, è un maestro babilonese vissuto tra II e III secolo, autorevole al punto da meritarsi la paternità di un testo nel quale confluiscono aforismi e spiegazioni esegetiche e perle sapienziali frutto almeno dei tre secoli precedenti. In epoche in cui si privilegiava l’oralità sulla scrittura, l’elaborazione di simili raccolte è stata lenta e stratificata, come si può facilmente immaginare. Ciò spiega perché e come, raccogliendo le molteplici citazioni di questa raccolta sparse in altre opere rabbiniche, sia stato possibile ricostruire un secondo testo degli Avot de-rabbi Natan, chiamato versione B. Ne fu editor lo studioso Salomon Schechter, nel 1887 a Cambridge, offrendo una raccolta più breve ma, a suo dire, ancor più antica. Alberto Mello, per questo volume di Qiqajon, ha scelto di tradurre la versione A, più lunga e tradizionale, che contiene più materiali ma tutti riconducibili al trattato della Mishnà dedicato ai “padri”, i sopramenzionati Pirqè avot, qui intendibili anche come i “fondamenti della fede e della prassi del giudaismo”.
Si noti dunque che, a nome di rabbi Natan, giunge a noi un documento complesso, nella forma di commento che spiega e integra quel che era già stato detto nel trattato mishnico, ma che le scuole talmudiche in Israele e in Babilonia non avevano discusso alla stregua di un manuale. Invece, i detti di I padri del mondo si presentano proprio come un manuale scolastico, ricco di “ immagini” pedagogiche, seppur verbali, ossia di esempi e leggende, di parabole e metafore, tecnicamente di aggadot e midrashim, affinché lo studio sia più efficace e disponga meglio alla prassi. Del resto, la sapienza ebraica è tale perché non separa mai lo studio della Torà dalla sua applicazione, pena il cadere in atteggiamenti ipocriti o il rendere la fede una forma di magia.
Le scoperte saranno molte, per chi lo studierà per la prima volta. Scoprirà, ad esempio, che quando Iddio benedetto creò l’essere umano nel gan eden lo creò con due volti, uno davanti e uno dietro, e che solo dopo aver trasgredito l’ordine di non mangiare del frutto proibito l’essere umano rimase con un volto solo (cosa che fa pensare, dato che “volto” in ebraico si dice panim, che è un duale). Scoprirà poi che nel paradiso terrestre gli angeli servivano cibo all’uomo «arrostendo carne e versando vino »; che Adamo, Noè, Giacobbe e Giuseppe, ma anche Giobbe nacquero già circoncisi, e pure Mosè, naturalmente; e infine, che nel popolo ebraico è diffuso il nome di Aronne perché nessuno più del sacerdote Aronne «amava la pace e perseguiva la pace », andando di casa in casa a persuadere i litiganti a rappacificarsi.
Sul piano degli aforismi, invece, v’è profonda convergenza, ad esempio, tra le parole di rabbi Tarfon e quello che è attribuito a Gesù: « La messe è molta ma gli operai sono pochi» si legge nel vangelo di Luca; mentre rabbi Tarfon afferma: « Il giorno è breve, il lavoro è molto e gli operai sono pigri, ma la ricompensa è grande». Lo stesso maestro ammoniva chi studia a non stancarsi o scoraggiarsi, pensando che sia come portare acqua dal mare in spiaggia: « Né il mare diminuisce né la spiaggia si riempie d’acqua», perciò occorre non spazientirsi e «accontentarsi ogni giorno del nostro salario». Del resto, i farisei credevano fermamente nel mondo futuro e nella resurrezione e questi scritti dànno cristallina testimonianza di tale fede e di come essi reagirono alla crisi della distruzione del Tempio: con un plus di impegno morale e spirituale, che si materializzò in uno studio sistematico della Torà applicato a ogni aspetto della vita ebraica, sia familiare sia comunitaria.