Sta per compiere cent’anni, l’ingegner Giovanni Lombardo, ma cosa accadde lo ricorda alla perfezione. Alle 22 del 25 aprile 1945 «sulla lunghezza d’onda dell’ex trasmittente fascista Radio Tevere, la Radio dell’Alto Milanese liberato dai patrioti ha improvvisamente dato notizia dell’occupazione di numerosi centri della Lombardia da parte di Brigate garibaldine». Comincia così l’articolo de
Il Giornale di Sicilia del 26 aprile. E proprio da Palermo era partito 5 anni prima l’ingegner Lombardo, ultimo testimone e protagonista della storica trasmissione che – da Busto Arsizio – per prima annunciò la fine della guerra in Italia.Assunto dall’Eiar subito dopo la laurea, Lombardo era stato destinato a Torino, dove ancora abita. Ricorda tutto, anche di come la guerra abbia determinato il suo destino professionale e personale. Il giornale fa parte della sua collezione: lo conservò il padre, a Palermo, forse intuendo che il figlio con quella trasmissione poteva avere a che fare.Per Giovanni Lombardo la strada per Busto Arsizio e la Radio dell’Alto Milanese comincia subito dopo il bombardamento di Torino dell’8 dicembre 1942, che colpisce gravemente e incendia la locale sede Eiar. Con altri tecnici resta quasi a piedi: «La sera eravamo al lavoro e al mattino non sapevamo cosa fare. Ma piano piano l’Eiar ci ha distribuito in varie sedi». Lui approda appunto a Busto, dove «dopo lo sbarco in Sicilia erano stati trasferiti i modernissimi trasmettitori del centro emittente in onde corte di Roma Prato Smeraldo, temendo che cadessero in mano degli Alleati». Sono solo due degli 11 disponibili a Roma, e vengono ricostruiti pezzo per pezzo dalla squadra guidata dal giovane ingegnere (gli altri si persero, forse requisiti dai tedeschi); Busto Arsizio salvò dunque un po’ di radiofonia italiana, restituendo poi gli impianti a Roma, dove dal 1952 ripresero il servizio per l’estero in onde corte.A Busto si alternano programmi in lingue estere alla ripetizione di trasmissioni della Repubblica sociale. Ma per Lombardo le novità cominciano intorno al 10 aprile; mentre la guardia tedesca è a pranzo, agenti della Resistenza e degli Alleati arrivano alla radio guidati da Aldo Icardi, un agente dell’Oss «che da tempo era sotto copertura come commesso in un negozio di Busto Arsizio». Costui annuncia che «la stazione era sequestrata: i programmi provenienti da Milano non li dovete più mandare ma dovete fare programmi sul posto, anche se lì non c’era uno studio». Lombardo accetta di costruirne uno, accoppiarlo ai trasmettitori e stare pronto a diffondere un messaggio importante.Trovata una stanza e gli strumenti minimi per far funzionare una radio grazie ai vari contatti di Icardi, il giovane ingegnere si rende conto che sorprendentemente l’americano li ha lasciati liberi: «Trasmettete quello che volete, disse. E noi ci inventammo i programmi». È in questa fase che entrano in gioco alcune persone che marcheranno la storia dell’evento e – in una certa misura – d’Italia. Sono militari, esponenti politici del Cln ma anche sacerdoti, civili e una giovane donna. Come si materializzassero per Lombardo resta un mistero, a parte la giovane che viveva accanto all’alloggio dove lui abitava con la moglie. Si trattava dell’allora studentessa di fisica Vanna Tongiorgi, che leggerà il proclama delle 22 del 25 aprile e diverrà, qualche anno dopo, una fondatrice del Cern di Ginevra.La lettura avviene «in via Mentana, dove una stanzetta che funzionava come magazzino del materiale era stata trasformata in studio. Il telefono comunicava direttamente con la stazione trasmittente. Icardi portò due bei microfoni originali americani». Che Busto tenesse collegamenti con gli Usa è un altro ricordo di Lombardo: «Icardi veniva ogni sera in studio e parlava:
This is captain Icardi Oss Chrysler... Quindi non c’erano solo trasmissioni nostre, ma anche messaggi militari».All’Italia era invece diretto il messaggio del 25 aprile, scritto dal dottor Enrico Tosi, nel dopoguerra promettente politico Dc, scomparso prematuramente in un incidente nel 1962. Dopo aver diffuso la canzone del Piave, l’annuncio poté andare in onda: «Cittadino italiano, tu che hai sofferto per la tua Patria ancora una volta calpestata dal barbaro nemico, l’ora della tua liberazione è giunta. Lavoratore, ancora per qualche giorno controlla ogni tentativo di distruzione delle tue macchine, delle tue officine, delle tue fabbriche, delle centrali elettriche. Salva la tua ricchezza di domani. Industriali, disponete perché il lavoro continui, perché le mense aziendali non abbiano a subire interruzioni. Donne, siate degne nel’ora che volge. Italiani tutti, al vostro posto per la battaglia!».Si tratta di un vero proclama della Liberazione che arriva lontano, non solo a Palermo ma oltreoceano: «Alle 22 in Italia tutti dormivano, invece la trasmissione in onde corte fu ricevuta in America dove erano le 16, mentre in Italia ancora non si sapeva niente». Ma il clamoroso scoop (su cui è stato da poco proposto un soggetto da film) si tramutò paradossalmente in un boomerang per i suoi protagonisti: l’ingegner Lombardo non avrebbe mai dovuto trasmettere, solo mandare in onda ciò che arrivava da Milano... Così già ai primi di maggio venne licenziato e a nulla valsero appelli e attestazioni: «Tosi e Icardi mi hanno difeso», dice e lo attestano lettere e documenti, ma non poterono nulla. Anche gli altri tecnici vengono dispersi altrove.Il pomeriggio del 23 maggio 1945 – scrivono Mario Colombo e Paolo Paoletti nel libro
La radio della liberazione – anche il professor Migliarina, poi direttore de
La Prealpina di Varese, che in quelle convulse settimane aveva diretto i programmi dell’emittente bustocca (tra cui una messa radiofonica da precursori), «veniva avvertito, a mezzo telefono, dal dottor Enrico Tosi, che per ordine superiore Radio Busto Arsizio doveva sospendere le sue emissioni alle ore 21,30 di quello stesso giorno». Fece solo in tempo a dare «la dolorosa notizia della chiusura, salutando i radioascoltatori e augurandosi che venisse riconcesso a Radio Busto l’onore di continuare le sue trasmissioni».Non fu così. Giovanni Lombardo ha vissuto il resto della carriera come insegnante di elettrotecnica nelle superiori a Torino e nei settant’anni trascorsi ha ricevuto tanti attestati per la sua attività radiofonica. Ne manca uno: quello di RadioRai.