Agorà

Il ricordo. Quella sfida che Moltmann lancia a tutte le possibili «avventure cristiane»

Bruno Forte venerdì 7 giugno 2024

Jürgen Moltmann

Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e teologo, è stato legato da antica amicizia e da intenso dialogo con J ürgen Moltmann. Ne è prova quanto scrive lo stesso Teologo evangelico nella Sua opera Nella storia del Dio trinitario (Queriniana 1993): «Il teologo italiano Bruno Forte, muovendosi nella tradizione del pensiero storico dell’Italia meridionale... vede la Trinità come storia sviluppando una concezione trinitaria della storia che rimanda alla “patria trinitaria” (1 Cor 15,28). Mi sento molto vicino a queste posizioni».

Un’opera teologica così vasta e complessa quale quella di Jürgen Moltmann non si lascia certo catturare in una definizione facile: ogni tentativo di misurarla resta aperto a un’ulteriorità di senso, anche per chi come me ha avuto il dono della Sua amicizia e di dialoghi profondi e coinvolgenti con lui. Una presentazione del suo pensiero, breve e densa come si addice alla presente, non può allora che tentare di cogliere una costante, più che sul piano dei contenuti su quello della forma del pensiero, in quell’opzione di fondo, che è al tempo stesso scelta di un modo di pensare, tale da ispirare, stimolare e inquietare ciascuna delle successive acquisizioni. La scelta, che sembra affacciarsi costante nell’esistenza teologica di Jürgen Moltmann, quale egli stesso l’ha più volte “narrata”, è quella dell’“alternativa cristiana”: sin dalle origini della sua vicenda nei campi di prigionia durante la guerra, e per tutto lo sviluppo successivo di quell’originario incontro col Vivente, è stata “l’altra riva” ad offrirsi potentemente alla mente e al cuore di Moltmann, il mondo delle cose venienti e nuove offerte in Gesù Cristo, la parola non deducibile dalle coordinate del presente e del visibile, «l’aurora dell’atteso nuovo giorno che colora ogni cosa della sua luce» (Teologia della speranza, Queriniana 1971). Quest’esperienza dell’alternativa evangelica è venuta registrandosi nella vicenda del teologo evangelico in tre tempi fondamentali.

Il primo è stato quello della scoperta della speranza di fronte alle atrocità della guerra e alla tristezza disperante della prigionia, davanti all’incertezza del dopoguerra e alla sperimentata caducità di molte attese. Non senza subìre il fascino della fede ebraica nella promessa divina, soprattutto sotto l’influenza di due opere chiave, La stella della redenzione (1921) di Franz Rosenzweig e Il principio speranza (1954-1959) di Ernst Bloch, Jürgen Moltmann perviene alla ripresa dell’escatologia cristiana e della speranza ad essa connessa, non come sterile appendice del messaggio, ma come forza trainante, che tutto investe e trasfigura. La “docta spes” e il “cor inquietum”, il pensiero nella speranza e la permanente apertura al nuovo di Dio, si rapportano strettamente: la “teologia della speranza” diventa non solo la proposta riflessa dell’alternativa cristiana, ma anche la provocazione pratica di un correttivo dell’esperienza credente, perché essa sia misurata e stimolata non tanto dal già noto e disponibile, quanto dall’ignoto di Dio, attingibile soltanto nella speranza della fede e capace di sovvertire e far nuova la vita, nonostante tutte le contraddizioni del presente. Per questa sua capacità non solo di pensare la storia, ma di intervenire nel cambiamento di essa, la “teologia della speranza” venne salutata sin dal suo apparire quale “speranza della teologia”.

Il fraintendimento del messaggio lanciato, connesso col facile ottimismo che veniva emergendo in Occidente negli anni del “boom” economico, ha spinto Jürgen Moltmann verso il secondo tempo del suo itinerario: la riscoperta della Croce di Cristo quale fondamento e critica della teologia e della prassi cristiana. Il Dio Crocifisso (Queriniana, Brescia 1973) rappresenta così il tentativo di riproporre a cristiani, troppo preoccupati della loro rilevanza storica o al contrario solo attenti alla difesa della loro identità, l’alternativa scandalosa della Croce, che confuta l’una e l’altra presunzione, insegnando alle Chiese a ritrovarsi perdendosi nella sequela del Signore, abbandonato sulla Croce dal Padre nell’atto dell’abbandonarsi a Lui per amore nostro. L’espressione lapidaria di Lutero “Crux probat omnia” è assunta come progetto del pensiero e della vita: ai piedi della Croce si rivela il volto del Dio cristiano, tutt’altro rispetto all’impassibile e fredda divinità concepita dalle argomentazioni presuntuose della mente umana, ed insieme è offerta la via autentica della liberazione dell’uomo, che realizza sé stesso nel momento in cui sa perdersi per amore. L’incontro di questo Dio con questo uomo è la fraternità del Cristo crocifisso: essa «significa partecipazione sofferente e attiva alla storia di questo Dio. Il suo criterio è la storia del Cristo crocifisso e risorto. La sua forza è lo Spirito divino che geme e conduce alla libertà. Il suo compimento avverrà nel regno del Dio trinitario, in quel regno che libera ogni cosa e conferisce a tutto il suo senso» (Il Dio crocifisso).

La crisi degli anni ’70, con la connessa diffusa sensazione d’insicurezza e il bisogno ambiguo di sicurezze a tutti i costi, spinge Jürgen Moltmann a un nuovo ripensamento dell’alternativa cristiana: contro ogni “riflusso nel privato” egli si propone di riscoprire i fondamenti della socialità evangelica; contro l’offerta di una Chiesa delle sicurezze facili egli vuol annunciare la libertà realizzante di una «Chiesa nella forza dello Spirito» (La Chiesa nella forza dello Spirito. Contributo per una ecclesiologia messianica, Queriniana 1976). Si tratta di riscoprire il passato fontale della Chiesa, che è il suo fondamento ultimo e normativo, riorientando la comunità ecclesiale verso Gesù Cristo: «Ciò che essa è e ciò in cui essa trova la propria consistenza le deriva da lui, quali che siano le sicurezze o le insicurezze che il tempo le riserva». Si tratta di riandare al futuro della Chiesa, che ne qualifica la condizione di comunità della speranza per gli altri e con gli altri, approfondendo il rapporto fra Chiesa e Regno di Dio, che «non va illustrato in modo astratto, bensì in termini concreti, sul piano delle relazioni vitali che si stabiliscono nella cristianità» (ib.). Si tratta, infine, di cogliere il presente della Chiesa, «in tutto ciò che essa in verità è e può fare, nella presenza e nella forza dello Spirito Santo. Lo Spirito la rinnova nella comunione con Cristo. Le infonde le forze della nuova creazione e della libertà e pace che in essa abitano» (ib.). Questa ripresa dell’alternativa cristiana si congiunge all’ulteriore produzione del Teologo evangelico, aperta a leggere l’intera vicenda umana nella luce della comunione trinitaria, e questa a partire dalla storia, cui è venuta a mescolarsi con la missione del Figlio e quella dello Spirito (Trinità e Regno di Dio, Queriniana 1980).

La costante che emerge nei tre tempi dell’itinerario di pensiero di Jürgen Moltmann è dunque quella dell’alternativa che la conoscenza e l’esperienza del Signore vivente offrono alla varietà delle situazioni umane: qui sta la forza della sua opera, qui sta anche il suo necessario limite. È il limite di un teologo “situato” che si pone in pensiero e parla in un determinato contesto culturale, sociale e politico - quello occidentale, mittel-europeo e nord-americano -, ed è quindi significativo e sensato in tale contesto. Sbaglierebbe però chi volesse di qui derivare un pregiudizio sulla sua opera: la coscienza dei limiti è anche la forza di questa teologia, che la rende provocatoria nei confronti di altri contesti, nei quali - se diversi potranno essere i contenuti del messaggio da riscoprire - analoga dovrà essere la scelta di fondo dell’alternativa cristiana, che sola rende presente nella varietà delle situazioni la potenza liberante e sovversiva del Crocifisso-Risorto nella forza dello Spirito.

Quest’attitudine di fondo, quest’opzione critica e pratica di pensare in maniera aperta al nuovo di Dio, con l’assunzione della ragione storica come intelligenza mai compiuta e sempre in tensione verso la verità che si disvela nel futuro, è la condizione che dispone a percepire in forma continuamente nuova l’alternativa evangelica, facendo spazio all’inesauribile fecondità del messaggio. Qui sta la sfida che un’esistenza teologica quale quella di Jürgen Moltmann lancia a tutte le possibili «avventure cristiane».