Storia. Le Colonne d’Ercole? Per gli antichi non erano un limite
Ricostruzione di una trireme greca
I cartaginesi nel mar dei Sargassi. Non ci credete? Nel 1872, l’Istituto storico brasiliano entrò in possesso d’una copia manoscritta del testo d’una presunta epigrafe in lingua punica rinvenuta in un luogo imprecisato dello stato di Paraíba, la quale affermava pressappoco quanto segue: «Noi siamo figli di Canaan, originari di Sidone, la città del re. Il commercio ci ha gettati su questa spiaggia lontana, terra montuosa. Abbiamo sacrificato un giovane agli dèi e alle dee nell’anno diciannovesimo di Hiram, nostro re possente. Siamo partiti da Eziongeber, sul mar Rosso, e abbiamo viaggiato con dieci navi. Siamo stati insieme sul mare per due anni intorno alla terra di Cam [l’Africa], ma ci ha separati la tempesta e non siamo rimasti più con i nostri compagni. Così siamo venuti qui, dodici uomini e tre donne, su una spiaggia, che io, l’ammiraglio, governo. Possano gli dèi e le dee favorirci». Si pensò immediatamente a un cenno alla circumnavigazione dell’Africa promossa dal faraone Neco II, vissuto attorno al 600 a.C., durata tre anni: spinto dai venti, l’“ammiraglio” fenicio si sarebbe ritrovato sulle coste brasiliane assieme al proprio equipaggio. Altrettanto velocemente, tuttavia, ci si interrogò in merito all’autenticità del documento, vista l’irreperibilità dell’originale. Oltre a ciò, il testo ricalcava da vicino il racconto che della spedizione egiziana aveva fornito Erodoto. Di più: il riferimento a luoghi e personaggi biblici stonava non poco, non trattandosi di elementi familiari a un fenicio vissuto al principio del VI secolo a.C.
La testimonianza, dunque, fu rubricata fra le tante dirette sensazionalisticamente a dimostrare una conoscenza delle Americhe da parte del mondo antico. Gli esempi sono molti. Basti pensare al tesoretto di monete romane rinvenuto in Venezuela nel 1957, databili tra il I secolo a.C. e il IV d.C.: verosimilmente, nascosto da un collezionista più che da un mercante tardoantico portato fuori rotta dai venti. Che, tuttavia, i fenici si fossero spinti nell’Atlantico non pare peregrino. È quanto mostra Marcello Valente, ricercatore di Storia greca presso l’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, in un libro appena edito per Il Saggiatore: Storia del mondo antico in 25 esplorazioni (Il Saggiatore, pagine 448, euro 26,00). Un’opera intitolata Racconti meravigliosi, erroneamente attribuita ad Aristotele, fornisce, infatti, un’osservazione interessante: «Dicono che i Fenici che abitano la città di Cadice, navigando per quattro giorni oltre le Colonne d’Ercole, con il vento di levante giunsero in luoghi disabitati e pieni di alghe e di giunchi, che, con la bassa marea, non sono sommersi ma con l’alta marea vengono ricoperti dall’acqua». Un cenno al mar dei Sargassi? Probabile.
Che le Colonne d’Ercole fossero regolarmente attraversate è un dato di fatto. Siamo di fronte a un mito durevole. Ma, appunto, a un mito. Ciò che atterriva – ma che, al contempo, incuriosiva – era, semmai, l’avventurarsi in mare aperto. Cosa tentata, forse, molte volte, come mostrano testimonianze molteplici, che Valente raccoglie e commenta con perizia e capacità narrativa. Non solo l’Atlantico, però. Come in un periplo d’altri tempi, l’autore ci accompagna alla scoperta di viaggi impossibili – almeno apparentemente – eppure reali, tramandati da fonti autorevoli, ch’egli tratta con “piglio da storico”, contestualizzandone origine e contenuti, sconfessando l’idea d’un mondo antico ristretto negli angusti spazi mediterranei.
Greci, Romani, Fenici, Macedoni esploravano il mondo, spingendosi, ora via mare ora via terra, ben oltre i suoi «riguardi». È così, dunque, che apprendiamo dei viaggi del greco Megastene a Taprobane – l’isola di Sri Lanka –, del cartaginese Annone nel Golfo di Guinea, di Pytheas di Marsiglia oltre Thule, nei mari del Nord, della spedizione del cretese Nearco nel Golfo Persico, passando per la ricerca delle sorgenti del Nilo, la presenza di mercanti romani sulle Vie della Seta, uno scontro tra Romani e Cinesi a nord dell’Himalaya, l’arditezza di Alessandro Magno, desideroso di raggiungere i limiti orientali delle terre emerse, la caparbietà di Giulio Cesare in Gallia e Britannia, e così via. Qualcosa di più di episodi leggendari: notizie, spesso frammentarie (ma non necessariamente), dotate d’una loro consistenza storica. Certo, da maneggiare con cura.
Siamo di fronte a uno sguardo inconsueto sulla classicità: una storia parallela, fatta di mappe, peripli e itinerari, volti a spingere l’orizzonte sempre «più in là». Un percorso avvincente, narrato con maestr ia, arricchito da immagini – a colori e in bianco e nero – e carte geografiche, capace di trasportarci dalla terra dei faraoni all’Africa Nera, dalla Siberia alle steppe dell’Asia, dagli arcipelaghi atlantici alle Americhe. Avventura e commercio, i motori trainanti; splendidamente intercettati da un libro affascinante, tra le cui pagine non emerge altro che il diuturno desiderio dell’uomo di trasformare in realtà la sostanza dei propri sogni.
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Marcello Valente
Storia del mondo antico in 25 esplorazioni