A 42 anni, Gianmarco Pozzecco debutterà in Serie A come allenatore, il prossimo 12 ottobre, nella Varese che nel 1999 portò allo scudetto della stella. È abituato a uno slang colorito e allora qui alcune sue espressioni sono edulcorate.
Poz, domani intanto iniziano i Mondiali di basket e la Nazionale non c’è…«L’anno scorso è andata vicina alla qualificazione, ora si è aggiudicata il girone sulla Russia, ottenendo almeno il pass per gli Europei».
Giusto un decennio fa, lei trascinava l’Italia all’argento olimpico. Ce la faremo ad essere a Rio de Janeiro 2016?«Il lavoro di Pianigiani pagherà. Magari a livello internazionale non avremo la presenza costante di una volta, perché adesso il basket è praticato in ogni parte del mondo. Però possiamo riprendere a partecipare, a patto di dare più spazio agli italiani, in campionato».
Quali sono le favorite per il Mondiale in Spagna?«Gli Stati Uniti su tutte, l’Argentina anche senza Ginobili, poi i padroni di casa: vengono dall’argento a cinque cerchi, ma a Londra c’era Scariolo in panchina».
Sarà un campionato del mondo senza due stelle infortunate: Tony Parker (Francia) e Paul George (Usa).«È l’Nba a condizionare le nazionali, ha un predominio tale che leva linfa a questa manifestazione: le 7 partite di finale del campionato Usa sono più importanti anche della finalissima del Mondiale. Inoltre, varie franchigie precludono le convocazioni alle proprie stelle, considerando una catastrofe eventuali infortuni, peraltro rari. Eticamente è ingiusto».
Sta dalla parte di Hackett, che aveva abbandonato il ritiro azzurro per problemi alla schiena, o del presidente Gianni Petrucci, che ne ha promulgato i 6 mesi di squalifica?«Petrucci mi rimprovera per essermi schierato dalla parte del giocatore. In Nazionale ci sono bimbi meravigliosi: Poeta e Vitali, i Gentile e Datome. Alcuni sono proprio ragazzi, così mi è dispiaciuto il comunicato contro Hackett, rimproverato pubblicamente».
Lei stesso fu mandato via due volte…«Nel ’99 da Tanjevic, che a Parigi portò l’Italia al successo agli Europei. Quattro anni più tardi da Recalcati, bronzo in Svezia: quella fu la nostra ultima medaglia continentale. I podi della Nazionale sono un bene per tutti».
Venezia si affida proprio al 69enne Recalcati, nel basket da 52 stagioni, ininterrottamente, persino con il doppio incarico.«È come se avesse vissuto due vite cestistiche. Con Charlie ho vinto le uniche due cose vere: lo scudetto a Varese e l’argento di Atene 2004. Gli telefono per qualsiasi dubbio, con me è sincero e commovente».
Milano si è aggiudicata appena due scudetti in un quarto di secolo. Si confermerà campione d’Italia?«Il patron Giorgio Armani lo merita per quanto ha investito, l’alternanza tuttavia sarebbe molto più interessante. Vorrei che una volta il titolo toccasse a Venezia oppure a Capo d’Orlando, al ritorno in Serie A con i suoi 13mila abitanti. La scorsa stagione allenavo l’Orlandina, ho contribuito a questo fenomeno, unico nello sport europeo».
Varese, invece, che ambizioni ha?«Viene da un’annata negativa, dopo la precedente esaltante. Ci siamo radunati lunedì, la gente mi ferma persino al supermercato: “Da 10 anni non vado al palazzetto, torno perché ci sei tu”, mi dice. Però, io sono un coach, non un mago. Il budget non è straordinario e senza pressioni si può sognare la finale».
È Andrea Cinciarini il nuovo Pozzecco?«Un suonato come me non verrebbe accettato dal nostro basket. Oggi è di altissimo livello, servono consapevolezza e costanza quotidiane».
Nello sport italiano chi le somiglia?«Fognini, il tennista. Spero continui a divertirsi ma che vinca di più: è un selvatico e stravagante, ha picchi di lucida follia. A me, invece, piacerebbe essere accostato al rugbysta Castrogiovanni, un ragazzo d’oro».
Per cinque anni lei è stato opinionista radiofonico e ha commentato il basket per varie tv. Ora chi è il Poz del microfono?«Adoro Boban, mi vanto di mandargli messaggi. Tratta allo stesso modo Conte e Balotelli: la scorsa stagione spiegava a Mario che nessuno ce l’ha con lui, nella critica è diretto eppure affettuoso. Insegue la 2ª laurea, non sapessimo che è stato calciatore, potremmo scambiarlo per uno scienziato. Sostiene che uno sportivo andrebbe giudicato come un taxista, solo per il tragitto compiuto per portare a destinazione: anche i personaggi pubblici vanno valutati per quanto fanno in campo».
Qualche mese fa in conferenza stampa ha litigato con il tecnico di Ferentino. Nei palazzetti la fischiano?«Nell’A2 Gold ero molto applaudito. Quest’anno sarà diverso. Chissà come sarò accolto a Bologna o a Cantù...».
Nel 2005, coach Repesa mandò via Pozzecco a un mese e mezzo dalla fine della stagione, la Fortitudo vinse comunque il secondo scudetto. Bologna tornerà più Basketcity?«Con i proprietari Seragnoli e Cazzola dominava. Anche la Virtus, però, era fallita e da due anni manca i playoff. Va peggio alla mia Fortitudo, ancora nella quarta serie. Quel campanilismo da 5 anni manca tanto alla nostra palla a spicchi. Anche l’altra Bologna, comunque, tornerà in A, spinta dai 4mila spettatori del PalaDozza».
Il Sud nel basket vanta tre squadre sulle 16 di Serie A: Brindisi, Capo d’Orlando e Avellino.«L’economia si sviluppa al nord e questo si riflette anche sullo sport. I “danè” aiutano, dicono in Lombardia».
Lei sembra il solito ragazzo ribelle, crescerà mai? «Intanto sono fidanzato. Con una spagnola, Tanya, conosciuta a Formentera: d’estate lavora come cameriera, per pagarsi gli studi. E prima o poi mi piacerebbe diventare papà: un Gianmarco junior mi manca. Devo imitare Andrea Meneghin, mio compagno di scudetto e nazionale. Ha due bimbe».