C’è stato un tempo in cui un pilota messicano, Hector Rebaque, correva in F.1 con una Lotus campione del mondo acquistata di seconda mano (all’epoca, 1979, si poteva…) e la sua famiglia prestava i soldi al governo messicano per ripianare il deficit pubblico. Ora le cose sono cambiate: Carlos Slim è uno degli uomini più ricchi del mondo, se non il più ricco, e fra telefonia, petrolio, sigarette (è vicepresidente mondiale Philip Morris) e auto da corsa ha mischiato tutto in una formula di successo. Che è stato il GP del Messico, una gara dove più che Rosberg vincitore davanti ad Hamilton, ha vinto il pubblico. Numeroso, caloroso e spettacolare, uno di quei fenomeni che solo il Sudamerica (e Monza negli anni buoni) possono mostrare. Far tornare la F.1 in Messico, dopo 23 anni, è stato un successo e lo è anche per le opportunità commerciali. Non è un mistero che Fiat Chrysler abbia uno stabilimento dove producono le 500 per il mercato americano e con una nazione in piena fase di rilancio e aperture politiche con gli USA oltre allo sdoganamento di Cuba, si presenta come porta commerciale per nuovi sviluppi. E in un contesto del genere la F.1 calza a pennello visto che ormai è un biglietto da visita politico più che sportivo. Lo dimostra anche il fatto che il messicano Gutierrez è stato assunto come secondo pilota del team Haas, una squadra americana che farà il debutto il prossimo anno nel mondiale, e guarda caso questa squadra ha i motori della Ferrari ma potrà sfruttare anche altri sviluppi fatti a Maranello, come cambio, sospensioni e particolari vari della vettura. Gutierrez è il terzo pilota della Ferrari, tanto per capirci, ma ha corso col team di Nicholas Todt, figlio di Jean presidente della FIA e questo intreccio commerciale, politico e sportivo, fa capire perché in Messico sia al centro dell’attenzione. E questo spiega anche il notevole afflusso di spettatori alla tre giorni del Gran Premio, con oltre 200 mila presenze e tribune gremite in ogni dove, anche lo stadio quadrangolare voluto dal progettista Tilke (l’architetto della F.1, fa tutti i nuovi impianti e modifica i vecchi…) che da arena ha ospitato il podio e un paio di curve del tracciato là dove una volta c’era la Peraltada, la sopraelevata spettacolare, pericolosa e curva per uomini veri. Quanti biglietti abbiano venduto davvero, non si sa. Di certo fra omaggi, sponsor e tifosi, il pieno è stato assicurato, abbastanza per dare valore a un evento che in pista non ha mostrato nulla di nuovo se non la battuta a vuoto della Ferrari, ritirata con i due piloti Vettel e Raikkonen. Ed entrambi fuori per incidenti. “Ho sbagliato io, mi scuso con la squadra” ha detto Vettel. Kimi, invece, si è toccato con Bottas e dopo il GP di Russia è sembrato un regolamento di conti fra i due finlandesi. “torniamo coi piedi per terra” ha detto Maurizio Arrivabene, responsabile della GES Ferrari. Ma se il primo errore di Vettel in una stagione tutto sommato perfetta ci può stare (e il tedesco si è assunto onestamente la colpa, onore al merito) Raikkonen continua ad essere l’anello debole della rinascita della rossa. Purtroppo lo hanno confermato, ma le ultime corse sono state un corollario di errori, usciti di pista e ritiri. Le urla del dopo gara, col nervosismo in squadra (in fondo la Ferrari e quindi Fiat ci tenevano a far bella figura proprio in Messico) fa intuire come la misura sia colma. E allora, visto che i contratti si firmano ma si possono anche sciogliere, se l’andazzo rimanesse questo qualche dubbio che la squadra Ferrari sia quella annunciata per il 2016 comincia a serpeggiare…