Ucraina. Ponasenkov: «Smonto la propaganda russa con l'ironia della storia»
Il giornalista e tiktoker russo Evgenij Ponasenkov
Può una star dei social, amata da milioni di ragazze e ragazzi, diventare una 'minaccia' per un Paese intero? È questo che sta accadendo, in Russia, a Evgenij Ponasenkov, presentatore tv amato su Tik Tok, conduttore radiofonico di programmi di approfondimento sulla musica classica, oltre che divulgatore di temi storici, con saggi da sempre sgraditi al Cremlino. Nei giorni scorsi, come riporta l’agenzia Reuters, il ministero della Giustizia di Mosca ha aggiornato la cosiddetta lista degli 'agenti stranieri', cioè persone considerate un pericolo per l’incolumità della nazione. Basti pensare che, ai tempi del-l’Urss, il termine 'agente straniero' era utilizzato per riferirsi ai soggetti sospettati di spionaggio. Di questo elenco fanno parte moltissime ong, scrittori, registi, scultori, giornalisti. E, da qualche giorno, anche il divulgatore Ponasenkov, un curioso personaggio capace di rendere la storia un fenomeno da influencer.
Milioni di giovani si informano, anche sui social, rispetto a quello che sta accadendo ai confini del suo Paese e lei, fra il serio e il faceto, mostra evidente dissenso rispetto a quest’invasione, così come ha fatto, in passato, rispetto all’intervento in Siria.
«Sono un comunicatore, sgradito soprattutto per i miei toni comici nel raccontare la storia e i fatti di oggi, tutta- via questo non deve stupirci. Il tono comico è quasi sempre sgradito al potere, e in particolare a quello autocratico. Pericle, che pur dovrebbe essere l’inventore della democrazia, aveva la testa grossa, ma non si poteva dirglielo e Fidia ebbe l’accortezza, con la sua maestria, di ritrarlo come se fosse un affascinante e virile signore calvo, così da poter essere lautamente retribuito per le sue opere».
E i comici invece?
«Teleclide e il bravo Eupoli, ma soprattutto Cratino lo presero di mira nelle loro commedie. Ricordate quando nelle Tracie, proprio Cratino, ebbe il coraggio di dire che Pericle aveva fatto costruire l’Odeon, sede di proagoni, a somiglianza della propria testa ridicola? E il nervosismo di Nerone dinanzi alle maschere che ritraevano lui e sua moglie? Quelle maschere non dovevano far ridere e invece risultavo comiche volontariamente, amplificando i difetti, per ridicolizzare il potere di un uomo ridicolo. Non devo inventarmi tanto, perché - onestamente - il mondo greco ha spiegato già molto il potere in rapporto alla ridicolizzazione e, anche per questo, gli studi classici, in Russia, non sono particolarmente graditi. Vi immaginate, inoltre, come ho detto sui social, quanto poteva essere sgradito Zelensky quando osava, da comico, prendere in giro il presidente Putin? Zelensky mi era già molto simpatico quando faceva i suoi spettacoli su Napoleone e io mi sono occupato a lungo del politico e condottiero Bonaparte».
Perché si è occupato, così a lungo, di Napoleone in rapporto allo zar di Russia? Anche i suoi saggi, spesso non molto amati dagli storici, hanno avuto al centro la sua "campagna russa". Come mai?
«Gli storici non mi amano solo perché non sono uno storico vero e proprio. Sono innamorato della storia e basta e ritengo, come tanti cittadini, che essa ci guidi sui sentieri dell’oggi. Napoleone perse, a mio giudizio e semplificando un po’, perché volle ostinatamente ragionare coi parametri occidentali in rapporto alla mia terra, anche a livello tattico. Invece la Russia è meglio contrastarla sul piano diplomatico che sulla forza, perché il gelo delle nostre zone rende resistenti i soldati e spesso raffredda le loro coscienze. Tuttavia, è sul piano strategico che Napoleone commise gli errori più gravi ed eclatanti».
Quali furono?
«I suoi collaboratori non avevano adeguatamente calcolato la capacità di traffico delle disastrate strade russe e polacche; avevano sopravvalutato le risorse locali di grano e di foraggio; i depositi vennero stabiliti troppo indietro rispetto al fronte. Per tutta questa serie di motivi, nutrire ed equipaggiare 600mila uomini, in un territorio così vasto come quello russo, divenne pressoché un’impresa impossibile. Altro elemento che portò al disastro fu la scelta di avanzare fino a Mosca. Questa lezione deve essere considerata oggi dall’Europa, anche rispetto all’idea pericolosa del regime change. Su questi temi, Zelensky comico prese più volte in giro le ingenuità di Napoleone, ma, di riflesso, anche la Russia degli zar coi suoi generali, con forza fisica, a scapito del dialogo. È incredibile come, a guardare oggi il presidente ucraino, si provi un brivido nel pensare a quanto sia stato capace di essere profetico. In senso etimologico, senza alcun giudizio di valore».
Su “Avvenire”, ci siamo occupati anche di un fatto molto particolare come la strumentalizzazione russa rispetto ai greci del Ponto, che, in passato, hanno subito un genocidio vero e proprio, eppure, ai confini, col Donbass, la propaganda russa ha esibito, sui carri armati, le loro bandiere, come fossero degli alleati. Come può commentare questo fatto?
«Lo commento con la solita manipolazione della storia. Bisogna, sul tema, tirare in ballo le zone del Mar Nero, che hanno vissuto tante difficoltà, basti pensare alle colonie greche della Crimea, che si sono trovate spesso in condizioni disperate. L’antica denominazione di Tauride ci riporta a quelle zone, di incerta appartenenza etnica, che nel I millennio a.C. abitavano nelle zone montuose della penisola: soprattutto i Cimmeri e gli Sciti, popolazioni iraniche giunte, nella regione, a partire dal VII secolo. Soprattutto gli Sciti ebbero un’importanza notevole nella storia della Crimea, sulla quale esercitarono una nota influenza politica ed economica. Con gli Sciti, i Greci vennero in contatto già nei secoli VI-V a.C., quando cittadini di Mileto e Megara crearono le importanti colonie commerciali di Teodosia, Chersoneso e di Panticapea. Intorno a quest’ultima città nacque verso il 480 a.C. il multietnico regno del Bosforo, che si estendeva sulle regioni costiere del mare d’Azov. L’incontro dei Greci con le popolazioni dell’antica Crimea è testimoniato da testi importanti, come le Storie di Erodoto e l’Ifigenia in Tauride di Euripide. Non voglio farla lunga, ci sarebbe tantissimo da dire, ma credo che questi inizi siano utili a comprendere come la storia della Crimea sia greca, altro che russa. La Russia venne molto dopo e la sua politica verso la Crimea è stata valutata in maniera decisamente controversa. Ricordo rapidamente il Manifesto di annessione dell’8 aprile 1783. Mi permetto, come sempre, di ironizzare, dicendo che la mia Russia ha preso troppo seriamente l’idea staliniana, della logica del potere, che giustifica totalmente la violenza per l’equilibrio del potere».