Milano. POLLAIOLO, un inedito poker di dame
Non è la prima volta che il Museo Poldi Pezzoli propone una mostra piccola, ma raffinata. Si potrebbe dire, anzi, che è questa la sua vocazione in ambito espositivo. E questa volta è il turno dei fratelli Antonio e Piero del Pollaiolo (l’appellativo deriva dal fatto che erano figli di un venditore di polli al mercato), attivi a Firenze nella seconda metà del Quattrocento. Come per tutti i grandi nomi del Rinascimento, le notizie primarie le offre Vasari, con l’approssimazione di chi scrive, in questo caso, più di cinquant’anni dopo la morte degli artisti. Bisognerebbe smettere di scagliarsi contro il vecchio Giorgio perché, se è vero che spesso è impreciso e perfino 'fazioso', è solo grazie a lui che conserviamo notizie di tanti artisti e tante opere. Comunque, nel caso dei fratelli Pollaiolo ha creato una bella confusione. Vasari presenta un Antonio grande pittore e scultore mentre Piero sarebbe stato semplicemente un collaboratore del fratello maggiore, dalla cui ombra non riuscì mai a emergere. E ciò ha condizionato il giudizio della storia dell’arte fino a oggi. Bernard Berenson, grande ammiratore di Antonio, non fece che rafforzare il topos. La mostra rimescola le carte, forte di nuovi documenti d’archivio e testimonianze dei contemporanei. E lo fa in modo anche divertente. Tutti conoscono il profilo di dama Ritratto di giovane donna di Piero del Pollaiolo, che da un secolo è il logo della casa museo e che va annoverato fra i maggiori capolavori della ritrattistica dell’epoca. Ebbene, a questo sono stati aggiunti altre tre profili di dama della stessa mano, simili per impaginazione e tecnica, provenienti dalla Galleria degli Uffizi di Firenze, dalla Gemäldegalerie di Berlino e dal Metropolitan Museum of Art di New York. Le quattro donne, di uguale dimensione, sono accostate per la prima volta; nemmeno nella bottega del pittore sono state insieme, ovviamente. Ora, è proprio questa vicinanza che permette giudizi comparativi e con essi la definitiva attribuzione a Piero. Forse appartenenti al genere del ritratto nuziale, queste sono figure bellissime, dove il pallore dell’incarnato contrasta con le ricche vesti damascate ed esalta la delicatissima linea del disegno. Hanno una fragilità tutta spirituale. La scelta stessa del profilo non è atta a una raffigurazione sensuale. E al tempo stesso i quattro volti sono una vera esaltazione della donna, alla quale sono funzionali tessuti e gioielli. Da solo, questo 'poker di dame' giustificherebbe la mostra. Ma c’è molto di più. Come esplicitamente dichiarano i curatori Aldo Galli e Andrea Di Lorenzo insieme alla direttrice Annalisa Zanni nel catalogo Skira, l’obiettivo dell’evento non è il piacere di appendere insieme opere bellissime, ma di esporre i risultati di una ricerca durata cinque anni, che ha permesso di separare l’opera di Antonio da quella di Piero. Antonio (1431/32-1498) fu il più geniale e poliedrico. Scultore abile in materiali tanto diversi come il bronzo, l’argento, la terracotta e perfino il sughero; disegnatore di affascinante precisione e pittore, fu quello che oggi chiameremmo un designer. In mostra ci sono dei ricami per paramenti sacri elaborati su disegni suoi, di una bellezza emozionante. Principalmente egli fu orafo, un eccellente orefice, e ciò dovette mettere in imbarazzo il Vasari, che considerava artisti soltanto pittori, scultori e architetti. Le statuette di Ercole qui presenti assomigliano più all’oreficeria che alla scultura, sia per dimensioni sia per modellato. Ma soprattutto si può ammirare quell’opera mozzafiato che è la grande croce confezionata per il Battistero di San Giovanni. Un monumento d’argento alto quasi due metri con una quantità di figure a tutto tondo (virtù, santi, angeli, figure ornamentali) nonché bassorilievi, incisioni e smalti con scene evangeliche. Commissionata nel 1475 dall’Arte di Calimala (o Mercanzia), che all’epoca curava la gestione del Battistero, era stata concepita come grande reliquario del Lignum Crucise veniva portata in precessione. Merito curatoriale è quello di aver scelto manufatti che illustrino la variegata attività di Antonio, dai bronzi al legno, alla terracotta. Rimarrà nella memoria dei visitatori il grande crocifisso in sughero e gesso proveniente dalla Basilica di San Lorenzo, ma che esposto qui, a distanza ravvicinata, aumenta la sua straziante gravità. Questo Cristo è un grido di dolore, con quella bocca aperta che mostra i denti. Ma dolore non tanto per i patimenti fisici (non c’è sangue), ma per il peso dell’umanità peccatrice. Ci sono poi uno scudo da parata riccamente intagliato e i pregevoli disegni. Il vero pittore fu Piero (1442 - morto dopo il 1485), artista praticamente dimenticato, ma che ora si rivela dotato di una personalità autonoma e riconoscibile. Emerge come ottimo ritrattista, ma anche come interessante inventore. Tutti conoscono le famose Virtù (1470) conservate agli Uffizi: donne maestose sedute su un trono e riprese leggermente dal basso in alto. Quel Piero degli Uffizi è da tutti riconosciuto un grande pittore. Dinanzi all’impossibilità di portare in mostra le pale d’altare, occorre guardare con attenzione i dipinti di piccolo formato e i disegni. Ne viene fuori una mano felice sebbene, specialmente nelle opere giovanili, abbia una tendenza ad allungare il canone della figura oltre il buon senso. Ma in realtà a tessere le sue lodi è qui il 'poker di dame'. Milano, Museo Poldi Pezzoli
LE DAME DEL POLLAIOLO
Una bottega fiorentina del Rinascimento
Fino al 16 febbraio