Scompariva a causa dell’avanzare dell’età ma anche della malandata salute, compromessa da tante preoccupazioni, il 10 febbraio di settant’anni fa nel giorno che precedeva il decennale dell’anniversario dei Patti Lateranensi, all’età di 82 anni, papa Pio XI, Achille Ratti. Grazie alla recente desecretazione dei documenti presenti nell’Archivio segreto vaticano su questo pontificato, è stato possibile ricostruire gli ultimi attimi di vita del pontefice, il suo vero stato d’animo verso la questione razziale, le sue preoccupazioni per le misure adottate contro la Chiesa cattolica dal regime fascista ma anche appurare la reale incrinatura dei rapporti diplomatici tra Stato e Chiesa alla vigilia del decennale dei Patti Lateranensi, avvenuti l’11 febbraio del 1929. Un’incrinatura dovuta soprattutto all’alterazione, il vulnus secondo il gergo diplomatico, della norma dell’articolo 34 in materia matrimoniale del Concordato. A sostenere questa tesi è il gesuita e redattore storico de La civiltà cattolica, Giovanni Sale: «Un dossier della Segreteria di Stato, sistemato e accompagnato da opportuni commenti da monsignor Domenico Tardini, a quel tempo segretario della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, contiene importanti documenti, relativi – argomenta lo storico gesuita – ad alcune questioni trattate dal Papa nelle ultime settimane di vita. Non mancano osservazioni sulla materia razziale o sui provvedimenti contro la dottrina cattolica che amareggiavano il cuore del papa. Preoccupazioni che gli provocavano delle vere e proprie crisi cardiache». La causa di questo stato d’animo del papa, spiega ancora Sale, si annida molto probabilmente nella mancata replica scritta di Mussolini alla nota di protesta della Santa Sede contro le leggi razziali del 17 novembre 1938. Una risposta elusa dal duce che avrebbe indotto il papa ad apostrofare lo stesso Mussolini come «maleducato e fedifrago». A irritare il capo del fascismo era stata soprattutto la frase pronunciata da papa Ratti nel corso dell’allocuzione concistoriale del 24 dicembre del 1938, in cui lo aveva definito «incomparabile ministro». «Mussolini interpretò la dicitura 'incomparabile ministro', lo riferisce lo stesso Ciano, come se il papa volesse prenderlo in giro. E di fatto così era – spiega Sale –: fece sapere in Vaticano che il governo non avrebbe partecipato ai festeggiamenti del decennale della Conciliazione; successivamente, il 20 gennaio, cambiò idea e inviò Ciano per concordare il modo in cui doveva essere celebrato l’anniversario». A dimostrazione del clima incandescente tra Stato italiano e Santa Sede parla la testimonianza, ancora inedita, dell’allora nunzio apostolico in Italia Francesco Borgongini Duca. Il documento, datato 28 dicembre 1938, è il frutto del colloquio di Borgongini Duca con Galeazzo Ciano: «In seguito al vulnus del Concordato, il decennale della Conciliazione si presenta piuttosto male: tutti i cattolici si sentono umiliati, senza nessuna nostra colpa. – si legge –; però è un fatto che da quando funziona l’asse Roma-Berlino, sono cominciati i nostri dolori e siete arrivati a vulnerare il Concordato. Voi potete comprendere come tutti i cattolici ne siano allarmatissimi. Di più, S. E. il Capo del Governo ha trattato troppo male il Papa, ed una Sua augusta Lettera è stata lasciata senza esser presa in considerazione e senza risposta». Un clima generale che segna l’impasse tra le due diplomazie e che trova conferma in un’altra nota, sempre inedita, di Borgongini Duca: durante un incontro con lo stesso capo del governo del 13 gennaio del 1939, «Mussolini fu cortese ma non mi domandò, come aveva fatto altre volte, del papa». Si tratta, secondo Sale, di un vero atto di «scortesia diplomatica». Nello stesso frangente, il nunzio apostolico intrattenne un colloquio con l’allora sottosegretario di Stato Guido Buffarini Guidi riguardante il decennale della Conciliazione: «'Come vuole che si celebri con questo stato d’animo?' – rispose il sottosegretario – . Quando però io gli ho detto: 'Voi conoscete l’esultanza che manifestò il popolo italiano dieci anni fa, ed il popolo aspetta ora qualche cosa: non bisogna dare l’impressione al mondo che il fascismo si sia pentito della Conciliazione', mi ha replicato: 'Sì, sì, avete ragione, bisogna fare qualche cosa'». La morte improvvisa del papa cancellò la celebrazione della Conciliazione del ’29 e con essa il discorso di papa Ratti. Giovanni XXIII ne permise la pubblicazione di alcuni estratti nel 1959. Oggi è possibile leggerlo integralmente, dopo l’apertura degli Archivi vaticani, nel libro di Emma Fattorini, Pio XI, Hitler e Mussolini. «Pio XI era intenzionato a celebrare il decennale della Conciliazione anche senza la partecipazione del governo italiano – è la riflessione finale di padre Sale –. Il discorso preparato dal papa fu definito da Tardini di 'grande importanza'. Dagli appunti di monsignor Tardini si sa che il papa scrisse di suo pugno fino alla fine di gennaio il messaggio per l’anniversario della Conciliazione. Successivamente l’8 febbraio fu fatto leggere al cardinale Pacelli, che vi apportò a lapis qualche piccolo ritocco. Un discorso che, se pronunciato, avrebbe fatto tremare gli ambienti governativi».