Musica. Piero e Lucia, Ciampi l'amico ritrovato
Il cantautore livornese Piero Ciampi (1934-1981)
Non è un caso che il Poeta Piero Ciampi, per brevità chiamato cantautore, sia nato a Livorno (28 settembre 1934) davanti alla casa di Modigliani. E che al geniale “Modì” poi lo avrebbe seguito, idealmente, fino a Parigi, dove Ciampi si fece chansonnier. Ma anche Poeta maledetto di Montmartre, frequentatore di Celine e Sartre, divenendo per una brevissima stagione all’inferno, Piero Litaliano (con accento sulla o’). E non è nemmeno casuale, il fatto che nei suoi versi assurte a canzoni che scorticano l’anima, ci sia anche l’eco di quelli di un altro magnifico poeta livornese, Giorgio Caproni. Basti leggere le 53 Poesie, appena ripubblicate da Lamantica Edizioni, per rendersi conto della portata del Poeta. Detto ciò date causa e pretesto, siamo qui per raccontare una storia che ha per protagonista il cantante e l’autore Ciampi.
Una storia che per oltre mezzo secolo era finita nei cassetti dell’oblio di una cometa del cantar leggero, Lucia Rango. Stella promettente degli anni ’60, ha danzato in fondo una sola estate, quella del 1967, in cui con Ciampi incise – per le edizioni Sibilla – il suo unico disco: Lucia Rango Show. Una rarità, con dentro l’unico duetto che il Poeta di Livorno registrò nella sua talentuosa, dissipante e disperata carriera: Non chiedermi più( testo di Ciampi e Gian Franco Reverberi). Siamo due anni dopo la prima e unica presenza di Ciampi al Festival di Sanremo come autore: per Gigliola Cinquetti scrisse Ho bisogno di vederti.
Il Poeta della malinconia, del «mio amore è scalzo», del vino e dell’abbandono, nel ’66 aveva inciso Ballata per un amore perduto cantata da Giuliana Milan, arrangiata e orchestrata dal maestro Elvio Monti che interviene, orchestrando, anche nel 45 giri Il tuo volto / Ti ho sognato che Ciampi scrisse con l’amico avvocato Pino Pavone proprio per Lucia Rango. Prove tecniche di quell’album rimasto un unicum e di cui tre anni fa è stato ritrovato il duetto. «Lucia Rango aveva tenuto il master, mai riascoltato per tutto questo tempo, e dentro un Revox c’era l’inedito conservato miracolosamente. Non chiedermi più e tutte le altre tracce che rendono questo disco assolutamente innovativo rispetto a quello che si ascoltava all’epoca», dice la giornalista di “Musica Jazz” Lucilla Chiodi che con l’etichetta Anni Luce ha curato la ripubblicazione (tiratura limitata in 300 copie) di Lucia Rango Show.
Un incontro, quello tra la Rango e Ciampi, voluto dal marito della cantante, Silvano, «forse uno dei po- chi che non considerava Ciampi un pazzo, ma un artista autentico, un poeta che aveva bisogno di protezione e di quel calore familiare perduto, e che era poi la causa di un dolore che affondava in radici antiche», dice Lucia Rango che ricorda con profondo affetto quell’amico fragile di Piero. «Quando l’ho conosciuto non faceva che bighellonare, non cantava quasi più. Era stato chiamato dalla Rca su pressione di Gino Paoli. I discografici e gli artisti lo stimavano, ma Piero era ingestibile e soprattutto non commerciale».
Bocciato dal mercato che lo rendeva indifferente. Totalmente refrattario al denaro. I soldi dell’anticipo del contratto con la Rca li spese al solito Bar del Cenacolo, in via dell’Oca, a Roma, e parte ne diede a una prostituta, ma non per “consumare”, ma dicendogli con pietas fraterna: «Stasera puoi fare a meno di lavorare». Questo era Ciampi, il fabbricante di sogni impossibili, che voleva portare i figli, perduti in una «sporca estate», a cena tra le stelle. Giunto all’età di Cristo, nel ’67, sente che per riabilitarsi dinanzi all’esercito dei tanti scettici detrattori deve far circolare le sue canzoni. Così al Villaggio Mancuso, l’avveniristico e anomalo borgo di chalet in legno nel cuore della Sila, con Silvano Mancuso e Pino Pavone progettano quel disco.
Cinque brani già incisi e cantati dal Poeta livornese, più il 45 giri della Rango e l’orchestra di Elvio Monti. Risultato? «Se parliamo delle vendite beh, il solito buco nell’acqua... – sorride Lucia Rango – ... quando di mezzo c’era Piero era inevitabile. Ma sul piano artistico e soprattutto umano è stata una grande esperienza. Piero in quel periodo era puntuale, meticoloso, si era appassionato a quel lavoro. Quando registravamo i brani vedevo che da dietro il vetro si commuoveva...». Critici e produttori si commossero assai meno e l’unica a beneficiare di quel disco fu la Rango.
«Con Mino Reitano partecipai a un tour, “Una chitarra, cento illusioni”, in Spagna, e mi dispiace che non abbiamo registrato nulla. Anche Mino è stato un grande cantante, un artista vero e una persona generosa. Comunque dopo il disco con Piero, Mario Ravera mi aveva fatto due contratti e il regista Enzo Trapani mi disse che mi avrebbe voluta ad ogni costo nelle sue trasmissioni in Rai. Io invece, dopo l’ospitata a “Settevoci”, andata in onda ad aprile del 1969, aspettavo mia figlia e decisi che poteva anche bastare». Senza troppi rimpianti Lucia Rango esce di scena e perde di vista anche Ciampi che diventa così il ricordo un po’ triste e sbiadito di una bella stagione artistica, finita troppo in fretta.
«Spesso ho ripensato alle tante serate trascorse insieme nella nostra casa di via Fleming. Piero arrivava sempre trafelato, poi si sedeva sul divano, tirava fuori la chitarra e come un vulcano in eruzione iniziava a creare armonie, recitava poesie e accennava canzoni inventate al momento. “Te ne scrivo una che facciamo impallidire Mina!”, era una delle sue uscite al massimo dell’euforia. Ma poi usciva da casa nostra e si perdeva, affogando i suoi tanti dolori nel bicchiere». Cristo tra i chitarristi è qualcosa di più del titolo di una sua canzone, è la fotografia di quell’uomo che per sensibilità e spirito poetico, al tempo aveva solo un alter ego, Luigi Tenco. «La sera che Tenco cantava al Festival di Sanremo del 1967, Piero era a casa nostra, guardava la tv e non fece che urlare: “Luigi vieni via, ma cosa c’entri tu con quella gente lì?”. Poi arrivò la notizia della morte e Piero partì subito per Genova per andare ai funerali. Si fermò alcuni giorni a casa di Tenco e quando tornò era profondamente scosso: in lacrime ci raccontò del dolore della madre che continuava ad apparecchiare la tavola mettendo il piatto anche per il suo Luigi...».
Una madre che aspettava invano il ritorno di un figlio, fa pensare al brano di Piero cantato da Lucia, E qualcuno tornerà. «È la canzone che ho sentita più mia, forse perché era anche quella a cui Piero teneva di più». «Se vivi per qualcuno / qualcuno tornerà / per amarti tutti i giorni», cantava quell’uomo abbandonato da donne che volevano cambiarlo. Dopo Lucia Rango Show, Ornella Vanoni chiese a Ciampi un disco di inediti, ma non se ne fece nulla. Con la giovane Nada, forse per affinità livornesi, riuscì nell’impresa di realizzare uno splendido album dal titolo emblematico: Ho scoperto che esisto anch’io.
Era il 1973, il patron della Rca Ennio Melis pensò di fare di Ciampi l’unico “cantautore poeta” in circolazione pubblicando le sue 53 Poesie. Ma i poeti, si sa, sono destinati a una vita al margine e ad essere dimenticati in fretta. «Ho saputo solo dopo che era morto che Piero gli ultimi anni viveva di stenti e per casa aveva un garage – conclude Lucia Rango –. Mi è dispiaciuto molto, avrei voluto tanto aiutarlo. Forse, potevamo fare tutti di più...». Piero Ciampi morì a Roma il 19 gennaio 1980 e dal letto d’ospedale prima di andarsene chiese all’infermiera: «Vorrei un fiore e un bicchiere di vino fresco». È così che muore un poeta.