In una delle numerose librerie di rue Hamra, nel cuore commerciale di Beirut, sono messe in bella vista le novità editoriali. Tra i libri sulla Siria di prima e dopo Assad, una ricerca sullo sciismo nel Golfo e i documenti WikiLeaks relativi al Libano, vengono offerte opere di autori di fama internazionale, molte delle quali tradotte in arabo: Gabriel García Márquez, Orhan Pamuk e Amin Maalouf. Stranamente, però, nemmeno qui si trovava il vincitore del Booker arabo per il 2012,
I Drusi di Belgrado di Rabih Jaber. «Per rapido esaurimento della terza edizione», spiega il commesso. «Sin dalla fine degli anni Sessanta – afferma l’esperto Emmanuel Varlet – Beirut funge da cartina tornasole del libro nel mondo arabo e da polmone dell’editoria indipendente». Qui, come pure al Cairo, si traducono tra 350 e 450 libri l’anno, da diverse lingue, con un trend in ascesa. Una goccia nel mare delle produzioni mondiali. Le opere tradotte in Grecia, spiegano gli esperti, sono il quintuplo di quelle tradotte in tutto il mondo arabo. Le istituzioni cercano di colmare il gap attraverso accordi di coedizione internazionali. Il progetto "
Kalima" (Parola, in arabo), dell’Ente per la cultura e il patrimonio di Abu Dhabi, si propone di incoraggiare l’attività di traduzione nel rispetto degli interessi culturali arabi, ma anche di quelli della cultura da cui viene operata la traduzione attraverso la partecipazione di suoi madrelingua alla scelta dei libri. Al Cairo, il Consiglio supremo della Cultura ha lanciato il progetto di traduzione "Mille libri", giunto al suo obiettivo nel 2006. Un’altra partnership è quella che unisce l’egiziana Shourouk con la britannica Penguin e che ha proposto, a prezzi accessibili per il lettore arabo, grandi opere come l’
Odissea,
Il Principe di Macchiavelli,
Pigmalione di George Bernard Shaw,
I grappoli della collera (in italiano "Furore") di John Steinbeck. A livello arabo, la parte del leone la fa ovviamente l’inglese. Solo in Egitto si contano 1703 titoli tradotti da questa lingua negli anni 2000-2006, che rappresentano il 77 per cento della torta delle traduzioni. Segue poi il francese con il 3 per cento. Gli autori anglofoni più tradotti risultano essere quelli moderni e contemporanei. Solo nove quelli "classici", come Shakespeare, Oscar Wilde e Joseph Conrad. Ma l’inglese funge spesso da lingua di "transito" di altre lingue verso l’arabo. L’Index Translationum mostra così opere di Guy de Maupassant, Jules Verne, Eric-Emmanuel Schmitt, Stefan Zweig, Peter Weiss, Henrik Ibsen, Dino Buzzati, Orhan Pamuk, il coreano Han Su-san e il giapponese Minoru Betsuyaku tradotte attraverso l’inglese. Con una popolazione francofona del 38 per cento, il Libano conta da solo 1054 titoli tradotti dal francese fino al 2008, portando la quota di questa lingua al 20 per cento. Gli autori francesi, classici e moderni, più tradotti a Beirut risultano essere Roger Garaudy, Jean-Paul Sartre, Molière, Victor Hugo, Albert Camus e André Malraux. Ma ci sono anche gli autori arabi di espressione francese, come Mohammed Arkoun, Amin Maalouf, Samir Amin e molti altri. L’accordo Bloomsbury-Qatar, incentrato sull’inglese, prevede una "serie francese" della quale sono usciti finora tre libri, a firma di autori emergenti di origine maghrebina (Mabrouck Rachedi, Bachir Kerroumi e Faiza Guène) che descrivono la triste atmosfera della periferia parigina. Il tedesco occupa il quarto posto nella classifica delle traduzioni in arabo (il terzo è occupato dal persiano). Il Goethe Institut ha sostenuto, tra il 1995 e il 2011, la traduzione di 89 titoli di diversi generi, mentre l’istituzione Pro Helvetia ne ha promosso una ventina. Tra le opere di successo si contano
Il profumo, di Patrick Süskind, e i lavori di Herman Hesse e Bertold Brecht. Le traduzioni dalle lingue spagnole (quasi sempre dal catalano) sono ancora poche: circa 35 l’anno. Tra gli autori ispanici di maggior successo in arabo troviamo Gabriel García Márquez, Jorge Luis Borges, Miguel de Cervantes, Isabel Allende, Federico García Lorca, Mario Vargas Llosa, Julio Cortázar. Ma che ne è delle opere made in Italy tradotte in arabo? Il professore tunisino Ezzedine Anaya, che insegna alla Sapienza di Roma e all’Orientale di Napoli, dice di aver censito 313 opere tradotte dalla lingua di Dante in arabo, di cui 233 opere letterarie. Il movimento di traduzione, iniziato in maniera discreta nell’Ottocento grazie all’École Militaire du Bardo, in Tunisia, ha conosciuto un primo slancio grazie al contributo di tre arabi: il giordano Issa al-Naouri, il libico Khalifa Tillisi e Hassan Osman. Tlissi è autore di un dizionario arabo-italiano, mentre Osman è l’autore di una traduzione in arabo della Divina Commedia dalla quale ha però omesso i versi che descrivono le pene subite da Maometto, considerate offensive nei confronti del profeta dell’islam. Un secondo contributo viene dal frutto della creazione, nelle università arabe, di dipartimenti di lingua e letteratura italiana, come a Manouba, in Tunisia, ad Ain Shams e Helwan in Egitto, e a Damasco. Fino alla comparsa di una nuova generazione di traduttori nati o immigrati in Italia, come il palestinese Wasim Dahmash, l’iracheno Adnan Alì, l’egiziano Nasser Ismail e lo stesso Anaya, traduttore di una Antologia di poesia italiana contemporanea. Gli autori italiani più "gettonati" in arabo sono Italo Calvino, Alberto Moravia, Luigi Pirandello e Umberto Eco. In generale, le traduzioni avvengono direttamente dall’italiano, con poche eccezioni di opere tradotte tramite l’inglese. Troviamo anche Ignazio Silone, Giovanni Verga, Dino Buzzati, Antonio Tabucchi, Niccolò Ammaniti, Susanna Tamaro, Stefano Benni, Cesare Pavese, Elio Vittorini e molti altri. Proprio per evitare che la letteratura italiana arrivi in arabo attraverso traduzioni di seconda mano, è nata nel 2007 la casa editrice Sharq/Gharb, che in arabo significa Est/Ovest e vuole essere il fratello gemello della sigla e/o. La nuova proposta editoriale si propone di tradurre in arabo alcuni importanti testi della nostra letteratura. Una simile ambizione è contenuta nell’accordo di collaborazione tra il già citato progetto Kalima e l’Istituto per l’Oriente di Roma che si prefigge di tradurre in arabo tra 20 e 40 titoli italiani ogni anno.