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Curiosità . Perché Adamo non diede il nome ai pesci?

Daniela Pizzagalli mercoledì 15 aprile 2009
Perché Adamo, che impose il no­me agli uccelli e agli animali ter­restri, non l’impose anche ai pe­sci? Si domanda Sant’Agostino nella sua minuziosa analisi del racconto biblico sul Paradiso Terrestre. In effetti il testo della Genesi, preso alla lettera, presen­ta, a causa delle sue lacune, incon­gruenze e contraddizioni, molte insor­montabili difficoltà, che hanno da sem­pre stimolato le più varie interpretazio­ni da parte di pensatori, teologi e arti­sti. Il libanese Milad Doueihi, storico della cultura religiosa occidentale, ha raccolto in un volume ( Il paradiso ter­restre, miti e filosofie, Angelo Colla edi­tore, pp.184, euro 18,00), una folta e cu­riosa rappresentanza dei commenti su­scitati nelle varie epoche da quella che potremmo definire «la scena primaria» delle nostre origini. Da Sant’Agostino a Nietzsche, passando per Fénélon, Pa­scal, Spinoza, Bayle, Leibnitz, Kant, l’e­sposizione di Doueihi non tralascia nes­suno dei nomi celebri che hanno cer­cato di risolvere «le difficoltà adamiti­che » ma pesca anche opere poco note e perfino stravaganti, soprattutto di au­tori francesi, ai quali lo avvicina la sua formazione culturale. Nel Rinascimento la riscoperta dei clas­sici condusse a diversi tentativi di con­ciliare la Bibbia con la mitologia greca: ad esempio Rabelais, nella sua epopea Gargantua et Pantagruel, raccontando che i giganti che si ribellarono a Zeus e­rano per metà serpenti e si chiamava­no Anduglie, aggiunge: «E il serpente tentatore di Eva era andugliesco». Sempre nel XVI secolo, il filosofo Leone l’Ebreo identifica Adamo con l’andro­gino platonico, diviso da Dio nei due sessi: «Perciò è scritto maschio e fem­mina li creò». La controversa sessualità di Adamo ha dato origine a quella che Doueihi chiama «la grande utopia an­drogina », punto di partenza per le ipo­tesi più fantasiose, come quella che tro­viamo nell’autobiografia della quietista belga Antoinette Bourignon, che a metà del XVII secolo descriveva una sua vi­sione di Adamo che «aveva un corpo più trasparente del cristallo (…) e nel ven­tre aveva un vaso in cui nascevano del­le piccole uova». Prima che Dio gli traes­se Eva dal fianco, Adamo fece in tempo a generare, secondo la Bourignon, «un uomo scelto da Dio per essere lo stru­mento attraverso il quale voleva comu­nicare eternamente con gli uomini: si tratta di Gesù Cristo, Dio e uomo insie­me ». All’incirca nello stesso periodo, Cyrano de Bergerac scopre la vera sede del Pa­radiso terrestre: in L’altro mondo o gli imperi della Luna viene catapultato sul­la luna e atterra proprio sull’albero del­la conoscenza, «con la faccia imbratta­ta da una mela che vi si era spiaccica­ta ». A fargli da guida, il profeta Elia, che gli rivela che fine ha fatto il serpente: «Dio per castigo lo chiuse nel corpo del­l’uomo: voi gli date il nome di budella, ma sappiate che sono serpenti ripiega­ti in numerose spire e insaziabili». Le intemperanze visionarie degli artisti a proposito del Paradiso terrestre ven­gono stigmatizzate nell’epoca dei Lu­mi, in cui anche i testi sacri vengono sot­toposti al vaglio della ragione. Al termi­ne della sua affascinante passeggiata, Doueihi osserva: «Il Paradiso terrestre, come lo abbiamo scoperto, segna la no­stra 'identità' legandoci a una tradizio­ne e alle nostre lotte con e per questa tradizione».