INTERVISTA AL FONDATORE. Pendleton: «I miei Momix inno alla vita»
Momix sono nati nel 1980 in Italia, per questo il mio nuovo spettacolo ha debuttato qui». L’americano Moses Pendleton, il fondatore della compagnia di danza dei record, ci incontra di passaggio a Milano dove il suo nuovo spettacolo, Alchemy resta in scena sino al 24 marzo al Teatro Nuovo, dopo tre settimane di sold out.
Come tutto esaurito si registra in molte altre tappe della sua tournée che dall’Italia andrà in giro per il mondo. Quella dei Momix è, appunto, un’avventura ultattrentennale che si rinnova grazie a nuove generazioni di ballerini guidate con mano ferma dalla mente ipercreativa di Pendleton. Il quale si presenta con un registratore. «Sa, registro tutto, perché possono arrivare idee anche da questa nostra conversazione. Ogni giorno è un’esperienza creativa diversa».
Mister Pendleton, e che cosa ha creato nel suo spettacolo «Alchemy»?In "Bothanica", creato tre anni fa ed ora in tour negli States, mi ispiravo alle quattro stagioni. In questo spettacolo invece mi ispiro ai quattro elementi: acqua, aria, terra e fuoco. Mi hanno influenzato Yeats eDante: mi interessa l’idea di trasformazione, anche noi esseri umani siamo in continua evoluzione. Io prendo ispirazione soprattutto dalla natura, perché amo la geometria e l’architettura e la natura è fatta di questo. I miei danzatori riprendono queste forme evocative e, attraverso la suggestione dei costumi, delle luci, delle forme, delle musiche (<+corsivo>fra le quali in questo spettacolo anche quelle di «Mission» di Morricone, ndr<+tondo>) mettono lo spettatore a contatto col suo inconscio. Insomma, mi sento come un minatore che spacca la crosta della terra per trovare l’oro.
Che sarebbe?Questo oro, questo fuoco è un’energia vitale che sta dentro ogni cosa, ed anche dentro di noi. Io credo in un’ottica positiva della vita. Il corpo può invecchiare, ma se cerchiamo l’entusiasmo dentro di noi, l’energia non può che crescere.
Questo lo ha insegnato anche a sua figlia?Certamente, lei ha 32 anni, ha studiato ad Harvard, è ballerina classica al Balletto di Montecarlo, ma dall’anno prossimo si unirà alla mia compagnia. Anche se il progetto che più mi entusiasma è il suo matrimonio, l’anno prossimo, con un suo collega. Io vivo in una grande casa vittoriana in mezzo a un campo di girasoli: sto già preparando le scenografie per questo evento nel giardino. Inoltre ho in progetto di fare un film sulla mia famiglia, mescolando vita quotidiana e creatività artistica. Il processo creativo rende ancora più interessante la tua famiglia: è meraviglioso creare arte con chi ami. Io e mia figlia ci sediamo vicino al caminetto, lei cucina, beviamo del vino e parliamo di nuove idee per i Momix.
E il rapporto con il suo di padre?Io sono cresciuto in una grande fattoria nel Vermont. Io ero legatissimo a mio padre, un allevatore di bestiame che mi insegnava tutto del suo mestiere. Momix era il nome di un latte in polvere per i vitellini: le mie origini partono da lì. Purtroppo quando avevo 12 anni lui si uccise. Quell’estate mi ritrovai il vuoto, ero triste, la fattoria non andava più avanti. Mia madre, un’infermiera, mi mandò in Oregon in un campo estivo di sci. Lì trovai un padre surrogato nel mio maestro, poi sono diventato uno sciatore professionista. Questo mi ha insegnato a muovere il corpo nello spazio, ad andare veloce e contro la gravità. Tutte cose che sono entrate nei Momix. A 17 anni mi ruppi una gamba, la mia carriera sportiva finì. Ma grazie a un corso di riabilitazione con la danza scopri l’arte, mi innamorai della mia insegnante e mettemmo su la compagnia dei Momix, che univa balletto e sport. Una rivoluzione per l’epoca.
E ai giovani di oggi cosa dice?Che quando hai l’entusiasmo, quando hai la passione fai tutto meglio, non ha importanza cosa. A loro consiglio di staccare il computer e i telefonini, di andare nel parco, di stare al sole e di riflettere per conoscere meglio se stessi. Perché solo conoscendo se stessi si conoscono gli altri.