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La cantante. Patrizia Laquidara: «Canto e scrivo la memoria»

Angela Calvini venerdì 11 ottobre 2024

La cantante e scrittrice Patrizia Laquidara

Le lingue e i dialetti del mondo si incontrano a Cagliari nel nome di Andrea Parodi, indimenticato leader dei Tazenda, la band che è riuscita a portare in hit parade la lingua sarda con lavori indimenticabili. E la 17ma edizione del “Premio Andrea Parodi” per la world music con la direzione artistica della grande cantante sarda Elena Ledda che si è aperta giovedì al Teatro Massimo di Cagliari, si concluderà questa sera decretando il vincitore fra i 9 finalisti. In concorso, nel contest promosso dalla Fondazione Andrea Parodi, una varietà di stili dal jazz al folk all’indie, e lingue che vanno dal friulano e il napoletano al catalano, sino al gallico-italico titese della Basilicata al siciliano. Siciliana di nascita e veneta di adozione è Patrizia Laquidara, una delle più stimate cantautrici della musica d’autore italiana che si esibirà come ospite stasera. Sullo stesso palco stasera un monumento della canzone sudamericana, la cantautrice argentina Teresa Parodi, che riceverà il Premio World Music 2024, prima di ricevere il Premio Tenco alla carriera il 18 ottobre al Teatro Ariston di Sanremo.

In quanto a premi anche Patrizia Laquidara non scherza in oltre 25 anni di carriera: Targa Tenco 2011, Premio della critica a Sanremo 2003, Premio Recanati Musicultura 2002, ha pubblicato cinque album e collaborato con musicisti come Ian Anderson, Arto Lindsay e, a teatro, con Marco Paolini. E’ anche una docente di musica e drammaturgia musicale presso il Conservatorio Marenzio di Brescia. Il suo recente romanzo autobiografico Ti ho vista ieri (edito da Neri Pozza) l’ha portata a vincere tre primi premi letterari internazionali. Ispirati dal libro, sono usciti due nuovi brani, Assabenerica e Ti ho vista ieri (Ponderosa Music Records), primi passi di un futuro album dedicato ai personaggi della sua famiglia. Li canterà live stasera a Cagliari insieme a un brano di Andrea Parodi.

Patrizia Laquidara, dove nasce il suo interesse per la musica etnica e popolare?

«Questa specificità è nata dal Cet di Mogol, dove ho vinto una borsa di studio nel 1998 per frequentare un corso sulla musica popolare. Per dieci anni ho suonato con gruppo con artisti da tutto il Mediterraneo che mi ha fatto viaggiare e appassionare alle musiche dal mondo. Nel 2011 ho pubblicato un disco, Il canto dell’Anguana, ovvero della sirena, con cui ho vinto il Tenco. Io, figlia di una veneta e di un siciliano, ho cantato in dialetto alto vicentino mescolandolo con una taranta e chiamando musicisti siciliani. L’anima siciliana mi è sempre rimasta, ma la mia strada maestra è cantautorale in italiano».

Nei suoi brani non mancano le tematiche sociali.

«Nell’album Funambola del 2007 c’è il brano Nuove confusioni che è nato dal mio incontro in Brasile con un rivoluzionario che si batteva per riforma agraria. Ho viaggiato diverse volte in Brasile e questo tema mi ha sempre appassionato: a gennaio tornerò nel Brasile nel Nord est dove ci sono ancora movimenti contadini che lottano per un senso di giustizia. Vado là per vedere cosa è l’Occidente da fuori, per avere un’altra visione di ciò che stiamo vivendo».

Un viaggio nell’impegno che ha recentemente condiviso a teatro con un autore del calibro di Marco Paolini.

«Il prossimo marzo con Marco Paolini riprenderemo il viaggio di Boomers, il racconto di 50 anni storia dell’Italia tutto osservato dal metaverso e dai ricordi di Paolini. Io interpreto la Jole, la proprietaria dell’omonimo bar, figura mitica dei Quaderni di Marco Paolini, che ne ricorda anche la giovinezza. Lui ha affidato a me la scrittura delle canzoni dello spettacolo e mi ha fatto recitare anche se non sono un’attrice. Paolini è un grande riferimento, ho trovato un grande alleato, mi è stato vicino nella scrittura del libro. Domenica scorsa abbiamo inoltre finito insieme Mar de Molada, il progetto di teatro campestre da lui ideato per raccontare il fiume Piave dalla Marmolada al mare, portando temi complessi come il consumo di suolo, l’uso sostenibile delle risorse idriche e l’adattamento ai cambiamenti climatici al grande pubblico».

Anche lei fa un viaggio nella sua memoria nel romanzo “Ti ho vista ieri”?

«Il romanzo è l’autobiografia della mia infanzia, racconto il mondo “favoloso” di una bambina che si affaccia all’adolescenza. E’ un romanzo di formazione: quella bambina è un pretesto per parlare dell’Italia degli anni 70 e 80, un mondo che si affaccia verso la modernità. Nasco nella Catania degli anni 70, un mondo fatto anche di violenza. E’ stato difficile l’incontro tra Nord e Sud. Mia madre vicentina si era trasferita in Sicilia dopo avere sposato mio padre siciliano che aveva incontrato in Veneto, ma non si è riuscita ad adattare. Così mio padre dal Sud si è trasferito al Nord con la famiglia, cosa che io avevo vissuto come una deportazione. Nel libro racconto l’albero genealogico delle figure femminili dei due rami della mia famiglia: la zia, la nonna, la trisavola sia del Sud sia del Nord».

Che cosa era quell’Italia?

«Questo libro non è una operazione nostalgica, ma occorre guardare il passato perché ci consente di illuminare meglio il futuro. Provavo struggimento nel pensare a certe figure che facevano parte di un mondo antico che stiamo perdendo in un passato che si fa sempre più lontano, che era fatto di semplicità, di famiglia, di canzoni. L’Italia era un mondo che cantava tanto: anche durante quei viaggi infiniti che facevamo in sei in una 127 da Vicenza a Messina e che sono mitologici. Condividere la memoria è un modo per trasformarla in esperienza comune».

Adesso questi personaggi stanno diventando canzoni?

«È un romanzo così tanto denso di personaggi e di storie che è opportuno partire da lì per scrivere canzoni. L'intento è quello di trasformare parole in suono, racconti in canto che daranno vita ad un album. Il primo singolo Assabenerica è un canto dal procedere ritmato e rimato su una processione antica, La Vara, che si celebra il 15 agosto nella città di Messina e a cui assistevo da bambina. Un rito che coinvolge migliaia di devoti occupati a reggere sulle loro spalle il maestoso carro votivo. Un rituale arcaico, profano e mariano insieme, simbolo delle molte processioni popolari, veri e propri fenomeni culturali, ancora presenti nel nostro paese. I primi live di questo nuovo progetto musicale partiranno da dicembre con tre musicisti e per la prima volta fonderò l’acustico con l’elettronica».