Il Giro d’Italia parte dall’Irlanda, il Tour de France si avvierà dall’Inghilterra: per chi ancora non se ne fosse accorto il 2014 sancisce definitivamente il passaggio della lingua ufficiale del ciclismo dal francese all’inglese. È il vecchio mondo che cede il passo al nuovo. La tradizione “romantica” spazzata via dal futuro tecnologico. È il frutto della globalizzazione del pedale che ha sconvolto geografia e gerarchie. E che sta cancellando sistematicamente la memoria. Alla costante ricerca di liquidità, per oliare una macchina sempre più costosa, gli organizzatori abbattono confini e pregiudizi, incuranti dello stress al quale sottopongono i corridori, i quali non possono alzare la voce per non vedersi abbassare l’ingaggio. Così, la ruota continua a girare e tutti sembrano soddisfatti, a parte gli irriducibili nostalgici di un ciclismo che non potrà più tornare. Eppure, a dispetto dell’evoluzione scientifica applicata alla bici, le emozioni che questo sport regala sono sempre le stesse, perché la fatica dei corridori è identica a quella di sessanta anni fa. E le salite sono diventate addirittura più arcigne, sempre in nome dello spettacolo. Ed è stato proprio il Giro d’Italia a dare il via a questa nuova moda delle “mulattiere”. Un Giro che negli ultimi anni è diventato la più bella corsa a tappe del mondo, per i percorsi proposti e per il paesaggio che ne fa da sfondo. Ma ancora non basta per farlo diventare il territorio di sfide epiche. Il Tour ha ancora il sopravvento, la seduzione della maglia gialla sconfigge il fascino della maglia rosa. Nel ciclismo moderno c’è spazio per una sola corsa a tappe stagionale e la bussola dei grandi campioni indica sempre la Francia. Perché il Tour regala la consacrazione mondiale, anche se la gara è, talvolta, noiosa e scontata. Il Giro diventa, così, la corsa di riparazione per chi non si sente all’altezza del confronto con gli altri campioni. È una questione di immagine, il Tour ha da sempre saputo proporre la corsa anche come prodotto commerciale, mentre il Giro per decenni è rimasto “provinciale”. Una differenza che si sta rapidamente assottigliando, ora la corsa rosa ha una maggiore visibilità - sono 171 i Paesi che hanno acquisito i diritti tv -, e fra qualche anno vedremo schierarsi al via contemporaneamente i grandi campioni. Perché posare in maglia rosa davanti al Colosseo o al Canal Grande potrebbe essere più emozionante che avere sullo sfondo l’inflazionato Arco di Trionfo.