Quando uscì nel 1999, il suo Anielka fu insignito del prestigioso Grand prix dell’Académie française, sezione romanzi. Ora è impegnato in un corposo progetto letterario, un ciclo narrativo in cinque tomi che copre l’arco di altrettante generazioni. Ne sono già usciti tre ( Option paradis, Telling e Il n’y a personne dans les tombes ) dove non mancano i riferimenti religiosi, visibili già dai titoli ('Opzione paradiso' e 'Non c’è nessuno nelle tombe'). François Taillandier è uno dei più celebri scrittori viventi d’Oltralpe: dal 2008 preside la sezione 'romanzi' del Centro nazionale del libro. Taillandier è da poco arrivato nelle librerie transalpine con un’intervista-fiume sul suo iter spirituale, un percorso che l’ha portato dal suo giovanile rifiuto della fede (il cristianesimo «non rispondeva più a nessuna delle domande o delle aspirazioni di un adolescente» degli anni Sessanta, ammette) fino all’adesione convinta al messaggio evangelico e al suo ritorno nella Chiesa. Tutto questo mentre è rimasto un intellettuale di sinistra: ancora oggi collabora stabilmente con il quotidiano L’Humanité, caro alla gauche. Era stato lui stesso, un paio di anni fa, sulle colonne di Le Figaro, ad uscire allo scoperto con un outing significativo: «Io sono cattolico». Un’esposizione pubblica motivata - spiegava il romanziere nato a Clermont Ferrand nel 1955 - dal 'disprezzo' con cui nella terra dei Lumi ancora oggi si pronuncia l’appellativo ' catho'. E in questo saggio dialogato con il cronista Jean-Marc Bastière, intitolato Ce n’est pas la pire des religions (Stock, pagine 166, euro 17), Taillandier svela i tratti salienti della sua conversione religiosa e le conseguenze pubbliche che un credo cristiano assume nella società odierna, partendo dal fatto che il cristianesimo « non è la peggiore delle religioni». Anzitutto è da segnalare l’atteggiamento intellettualmente pugnace del Nostro nei confronti dell’ateologo Michel Onfray, autore del discusso Trattato di ateologia (Fazi). Taillandier lo bolla come « un’opera mediocre, assoluta codificazione del risentimento, che non attacca solo il cristianesimo ma anche l’ebraismo e l’islam. […] Sorvoliamo sull’evidente disonestà, i riferimenti o le citazioni truccate o deformate, passiamo oltre alla stupidità della teoria complottista. […] Mi sono interrogato a lungo su questo disprezzo nell’accusare la Chiesa di tutti i mali della terra, nel non riconoscerle alcun fatto positivo né qualsivoglia contributo ». E ancora: «Onfray, per dimostrare quella che egli ritiene la posizione antiscientifica del cristianesimo, cita San Paolo: 'La scienza sarà abolita'. Come se San Paolo decretasse la chiusura del Cnrs!», ovvero il corrispettivo del Cnr in riva alla Senna. E invece credere in Cristo - per Taillandier è centrale proclamare la resurrezione del Nazareno, perché « appunto per questo, e non per altri motivi, desideriamo parlarne» - offre all’uomo, anche nella nostra epoca, insuperabili possibilità di approccio al reale. Sentiamolo confidarsi con Bastière: «È perché c’è stata la fede che c’è stata la ragione. Dato che il cristianesimo mette Dio al suo posto, l’uomo può sviluppare le proprie facoltà di comprensione dell’universo creato » . Ancora: « Secondo me, oggi Cristo instaura questo cambiamento: impedisce all’individuo di pretendere una completezza, una coincidenza con se stesso sul piano intellettuale, morale, spirituale ». È significativa la sua confessione di adesione personale al Dio fatto uomo a Nazareth: « Il Cristo è una presenza. Non è un corpus filosofico: è qualcuno che è qui, che ci parla, che si tiene molto vicino alla vita » . Taillandier mostra inoltre alcuni esempi della novità culturalmente rilevante sorte dalla fede suscitata da Cristo e dall’esperienza storica (la Chiesa) che da Lui è sgorgata. Un esemplificazione letteraria: «Il modello del racconto evangelico è radicalmente nuovo, come ha sottolineato George Steiner». Un altro esempio, sul piano del linguaggio figurativo: «La Croce è un prodigioso atto estetico. Con l’immondo legno di supplizio di quei bruti di romani Gesù crea un simbolo immenso che struttura l’umanità ». Infine, il cristianesimo opera un arricchimento sociale: «Io preferisco sostituire la parola moderna ' l’altro' con 'il prossimo'. È un concetto più ricco. 'L’altro' è sufficiente rispettarlo. Il prossimo è qualcosa in più: è l’altro in quanto me stesso». Il romanziere francese non sfugge alle sfide del presente: rimarca di essere «assolutamente persuaso che l’Europa è cristiana» visto che essa «è l’invenzione di alcuni vescovi particolarmente ricchi di intuito e di un pugno di missionari all’avventura ». Denuncia alcune «inedite forme di irrazionale collettivo, che ci viene bene prefigurato da fenomeni già all’opera: satanismo, sette abusive, il successo delle opere di Coelho». E chiude con l’esempio di un testimone di vita cristiana, capace di rendere irriducibile il cristianesimo a qualsivoglia 'ateologo': Massimiliano Kolbe, martire ad Auschwitz. «Io credo che il nazismo fu vinto con lui, in quei giorni, da quest’uomo. Credo che se Cristo, in duemila anni di storia, non avesse ispirato altro se non il suo gesto, non avrebbe perduto il proprio tempo. Quando penso a questo, allora credo in Dio». Fedeli e turisti davanti alla cattedrale di Nötre Dame a Parigi. Sotto François Taillandier