Agorà

Il caso di Cesena. Papà Shpendi, “giustiziere” del figlio Cristian

Massimiliano Castellani martedì 9 gennaio 2024

Un frame dell'aggressione

Dietro ad ogni grande campione del calcio, di solito c’è anche un grande padre. E la grandezza la dà la giusta distanza del genitore rispetto al figlio protagonista in campo e sempre sotto gli occhi attenti, e talvolta patologici, di milioni di patiti del tifo calcistico. Perciò, partendo da questo principio della “giusta distanza” non ricordiamo la presenza pressante fuori e dentro gli stadi dei genitori di Roberto Baggio, mai segnalati al seguito del figlio Pallone d’Oro, né tanto meno quelli del compianto Gianluca Vialli, eroe esemplare del calcio ed esempio di genitore. Il padre di Roberto Mancini è stata stanato con la moglie e mamma del “Mancio”, a Jesi, solo dopo la vittoria dello storico scudetto della Samp, stagione 1990-’91. Poi l’umile anonimato è durato fino al commento commosso per la vittoria del figlio ct azzurro all’ultimo Europeo del 2021. Il più presente dietro a un campione nostrano forse è stato Enzo Totti, detto lo “Sceriffo”, il padre del capitano romanista Francesco, il quale tempo fa commemorando il genitore scomparso - durante l’emergenza Covid - ricordava: « Papà non mi ha mai fatto i complimenti, anzi mi ha sempre bastonato. Quando facevo due gol, lui mi diceva che ne avrei dovuti segnare quattro». Ma lo “Sceriffo” bastonava il suo “Pupone”, lo faceva a solo a parole, ec mai si sarebbe azzardato ad alzare le mani contro il figlio e tanto meno contro i suoi avversari, i quali non gli hanno mai risparmiato le botte (tante) in campo.

Invece a Cesena il signor Alex Shpendi non ammette che il figlio Cristian, attaccante del Cesena, possa ricevere botte dagli avversari. E così, in una domenica di ordinaria follia al termine della partita vinta dai bianconeri romagnoli (primi in classifica in serie C girone B) contro l’Olbia, papà Sphendi ha ritenuto opportuno farsi giustizia da solo e vendicare il colpo ricevuto dal figlio da parte del portiere avversario, Filippo Rinaldi. Un colpo che è costato l’infortunio e l’uscita, sanguinante, anzitempo di Cristian. Perciò il signor Shpendi al triplice fischio che fa: scende dalla tribuna con passo da giustiziere della notte, entra in campo (tecnicamente si chiama invasione) e tenta di sferrare un pugno al portiere Rinaldi. Colpito, non colpito, affidiamoci al Var. Una follia. Se non fosse intervenuto a bloccarlo il compagno di squadra del figlio, il centrocampista Riccardo Chiarello, le cose si sarebbero messe ancora peggio. «Chiedo scusa centomila volte al Cesena e alle persone di tutta Italia», è il mea culpa del giorno dopo di Shpendi senior. L’Olbia risentito condanna: «Tali avvenimenti non possono essere tollerati ». Il Cesena che teme la squalifica del campo stigmatizza e si dissocia dall’episodio increscioso e violento. Noi invitiamo tutti i genitori alla calma, perché non si debba più vedere in un campo d’allenamento un padre che arriva armato di spranga (il papà dell’azzurro del Genoa Scamacca, ai tempi della Roma) e neppure un signor Shpendi che pensa di guarire la ferita di gioco del figlio andando a ferire l’avversario di turno.