Inediti. Paolo VI e il pane che rigenera l'uomo
Ma fu soprattutto durante il periodo dell’episcopato milanese che Montini si prodigò instancabilmente per diffondere il culto dell’Eucaristia, intervenendo alle numerose manifestazioni eucaristiche alle quali era chiamato, anche in altre diocesi. Fu lui infatti a concludere con un solenne pontificale, nell’ottobre del 1956, l’Anno eucaristico pavese indetto dal vescovo di Pavia, e volle presenziare anche al Convegno eucaristico il 20 settembre del 1959 a Verolanuova, il piccolo paese bresciano vicino al luogo – Verolavecchia – che aveva dato i natali a sua madre. Proprio la solenne processione del Corpus Domini, il 13 giugno 1963, fu l’ultimo momento pubblico vissuto dall’arcivescovo di Milano, che salutò la città con la benedizione eucaristica, prima di partire per il Conclave che il 21 giugno lo avrebbe eletto Papa.Il 17 maggio del 1957 Montini si era recato ad Ancona per partecipare all’VIII Congresso eucaristico regionale marchigiano. Invitato sin dal gennaio precedente dal vescovo del capoluogo adriatico, il futuro Papa scelse personalmente l’argomento della relazione con la quale avrebbe dovuto inaugurare il Congresso, proponendo una sua riflessione su “Eucaristia e mondo moderno”. Il testo dell’intervento autografo pronunciato ad Ancona, seppur poco conosciuto, ci appare molto rilevante ed emblematico di quella costante ansia evangelizzatrice che animò Giovanni Battista Montini in ogni istante della sua vita. Il rapporto col mondo moderno, che Paolo VI cercherà senza sosta di stabilire negli anni del suo pontificato, sembra trovare, nel discorso di Ancona alcune tra le sue più importanti e ineludibili premesse. «Come può il mondo moderno interessarsi dell’Eucaristia?» si chiedeva Montini introducendo la sua meditazione e interrogandosi sul senso stesso che assume l’esaltazione dell’Eucaristia, «quale si ha in un congresso eucaristico», di fronte allo sguardo attonito dello spettatore che, «tutto assorto nei suoi affari, (...) nulla sa, nulla comprende, nulla riesce a trovare in quel vivente simbolo adorato che abbia relazione con i suoi pensieri, i suoi desideri, i suoi sentimenti». Di fronte a una società che sempre più sembra pervasa da un pensiero «rigorosamente razionalista» e pronto a valutare tutto «con metro scientifico e matematico», l’Eucaristia poteva dunque rappresentare solo «un ostacolo», discriminante nel confronto col mondo. Non riuscendo a compiere un umile atto di fede, gli uomini moderni tentano allora «di svigorirne il significato, riducendo l’Eucaristia a puro valore di simbolo», ovvero – paventava Montini – «paghi di alcuni propri concetti religiosi e morali, escludono dai loro breviari di vita spirituale tutto quanto presenti qualche difficoltà di comprensione e di obbedienza, e riducono la religione a un sentimento senza contenuto di precise verità, o a qualche elementare precetto di vita morale».
Nonostante ciò, il futuro Paolo VI poneva in evidenza quegli elementi, propri dell’Eucaristia, che potevano consentire la conoscibilità del Sacramento stesso da parte dell’umanità, determinando «un rapporto di attrazione, di simpatia, di meravigliosa complementarietà» col mondo moderno. «L’Eucaristia non è poi pane? – affermava Montini – E che cosa è più imparentato con la vita umana del pane? E il mondo moderno non sarebbe forse un grande affamato?». Montini si interrogava ancora sull’«immensa questione se la fede sia o no facile al mondo moderno», esprimendo comunque la certezza che fosse possibile stabilire una «corrente di simpatia» con esso. «Ecco – aggiungeva – il mondo moderno è estremamente intelligente: quale segreto dell’universo non ha cercato di penetrare? Quale filosofia non ha penetrato? Quale razionalità non ha cercato di esercitare? Quale esperienza spirituale non ha tentato? quale teoria non ha formulato?». Come una grande parabola, che ricadeva in ultimo nelle cose esteriori e inferiori, attardandosi in soddisfazioni soggettive, «l’escursione del pensiero umano» sembrava ormai ridotta alla sola «ricerca del cibo che perisce». Tuttavia l’arcivescovo di Milano proclamava la sua fiducia nella capacità dell’uomo di rendersi disponibile all’incontro con Cristo, anche a motivo di quello che Montini definì, in maniera singolare e insolita, l’aspetto "sociale" racchiuso nel mistero eucaristico. «Unione, solidarietà, organizzazione, responsabilità, interdipendenza, patriottismo, democrazia, socialismo e comunismo sono tutti termini che agitano nel nostro mondo uno stesso problema fondamentale, quello di unire gli uomini in modo perfetto», constatava Montini, analizzando i bisogni delle moderne società. «Si cerca l’unità degli individui e dei popoli, si cerca la pace. Si cerca una mistica umanistica per la nostra civiltà». Ma solo il corpo reale di Cristo può compiere perfettamente una simile unione delle anime, riuscendo ad adunare in ogni tempo moltitudini di genti di diverse lingue e nazionalità, raccolte in adorazione, perché il corpo eucaristico di Gesù «è per tutti, tanto uno quanto mille lo possono egualmente far proprio«; e in tal modo, solo il Corpo di Cristo giunge a compaginare quel «Corpo mistico che è la Chiesa, che siamo noi», concludeva Montini. Eucaristia e mondo moderno quindi non possono rappresentare i poli di una «irriducibile lontananza, ma due realtà che tendono a una stessa meta; o meglio una realtà, l’Eucaristia, che potrebbe essere all’altra, il mondo moderno, la meta ch’esso affannosamente ricerca e non trova».