«Gino Paoli è uno dei pochi casi di buon invecchiamento che conosca » diceva Fabrizio De André rimestando l’universo di soffitti viola, gatti matti e vigliacchi e amori dispari del cantautore di Monfalcone. E questa anzianità felice che lo vede ancora ben al centro della scena trova spazio domani nei dodici frammenti di Storie, raccolta di canzoni-novella che riporta l’autore di Sassi a guardarsi attorno con gli occhi del fanciullino affiorato in passato in album come King Kong o Cosa farò da grande. Un mondo alla fine del mondo traversato da Paoli ieri sera alla Sala Petrassi dell’Auditorium di Roma nell’attesa di varare il 18 marzo a Bologna un nuovo tour che lo porterà in giro per l’Italia fino all’autunno. Tra i dodici affreschi allegorici c’è l’amore de Il nome o La chiave, ma pure la morte ( La signora e Mauri), la cattiveria ( La paura), le effimere seduzioni del benessere borghese ( Il buco). Si parla pure di argomenti forti come lo stupro per riflettere su una società che ha smarrito il senso della compassione. «Davanti al vecchio pazzo che dopo la violenza le muore sotto gli occhi la protagonista esercita quella pietas cristiana di cui invece la società, nella sua spasmodica ricerca del mostro, ha perso traccia» spiega Paoli. «Questo disco parla innanzitutto di umanità e per farlo utilizza il linguaggio delle storie per bambini, che non avendo sovrastrutture sono i soli a provare sentimenti autentici». Come tutti quelli che l’hanno preceduto, Storie è anche un disco che punta il dito sugli abusi di una società in cui è sempre più difficile riconoscersi. «La paura dell’uomo della montagna, del fucile dietro alla porta, della fame, del diverso, esisterà finché esisterà il potere » spiega. «Oggi vedere un afroamericano alla Casa Bianca è un gran segno di speranza, ma da domani conteranno solo le sue scelte». Registrato nella casa di campagna che possiede in Toscana dalle parti di Bolgheri, Storie conta sulla produzione di Aldo Mercurio e su un manipolo di musicisti fidati tra cui il chitarrista Maurizio Fiordiliso e il percussionista Rosario Jermano. Prima di portarlo nei teatri italiani, però, Paoli interverrà al Festival di Sanremo come 'padrino' di Malika Ayane, rima- sta senza partner (sembra) dopo un litigio della sua discografica Caterina Caselli con Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. «Caterina è un’amica e così quando mi ha chiamato le ho detto subito sì perché credo nelle doti di Malika e apprezzo quel che canta». Per Paoli sarà anche il modo di festeggiare davanti alle telecamere cinquant’anni di canzoni. «Furono Giampiero Reverberi e Nanni Ricordi a strapparmi al mio lavoro di pubblicitario e all’hobby di pittore per farmi cantare» racconta. «Il primo pezzo lo scrissi nel ’59 con mio fratello e si intitolava La tua mano, ma non successe niente. Nel ’60 arrivò La gatta che uscì a primavera e a fine estate aveva venduto 114 copie. Poi però il tam tam della gente cambiò le carte da un destino che sembrava segnato e di lì a poco finì in tutti i juke-box».