Agorà

Pallone e vita. Il baby calciatore sbaglia il rigore perché non c'era. L'allenatore si dimette perchè non ne può più dei genitori. Storie di calcio

Massimiliano Castellani martedì 11 ottobre 2016
Ognuno dei protagonisti di queste due storie forse un giorno potrà dire come Albert Camus che «tutto quello che so della vita l’ho imparato dal calcio». E allora chissà, cosa diranno quei genitori che hanno costretto alla resa il tecnico della squadra dei loro figli, il mister Andrea Cornelli… L’allenatore dei Giovanissimi 2002 dell’Atletico Torino, non ha retto più alle pressioni invadenti dei papà e delle mamme che non perdevano occasione per bersagliarlo con le loro critiche e le pressioni per far giocare il proprio pupillo a scapito di quello degli altri genitori. «Non mi sentivo più libero di fare le mie scelte, è venuta meno la serenità. Ci sono state accese discussioni perché alcuni genitori pretendevano in maniera brusca che il loro figlio giocasse sempre e si intromettevano anche sul ruolo: un padre deve spronare il ragazzo a dare il meglio, non lamentarsi delegittimando l’allenatore. Il rispetto e l’educazione vengono prima di tutto: ho voluto dare un segnale forte perché questa non è una situazione circoscritta ma assai diffusa. Non ho alcun problema con la società ma con gli eccessi ormai fuori controllo di alcuni papà», lo sfogo di Cornelli che è uno dei tanti ”capri espiatori” del mondo del calcio dove si comincia fin da piccoli ad educare al successo ad ogni costo e alla conquista del posto da titolare con ogni mezzo, compresa ovviamente l’italica usanza della raccomandazione. Il tecnico piemontese si autoesonera, nonostante gli ottimi risultati: la conquista della prestigiosa Superoscar di categoria e la sua formazione seconda in classifica nel campionato in corso. Ma l’addio del mister Cornelli è una sconfitta che cancella le tante vittorie ottenute con i suoi ragazzi. È l’ennesima resa che va in scena in molte, troppe società, da Nord a Sud, dove la “malaeducazione” intorno a un campo di pallone ha assunto tratti davvero preoccupanti. Verrebbe quasi voglia di smettere di parlare e di raccontare di questo calcio, e si arriva quasi a comprendere la provocazione del “poeta del gol” Ezio Vendrame che quando guidava le giovanili dell’Udinese, tanto era la sua insofferenza nei confronti dei «genitori invadenti» che arrivò a dire: «Vorrei allenare una squadra di orfani». A tempo quasi scaduto per la nostra pazienza di eterni innamorati del pallone, in zona Cesarini arriva la storia di cuoio di un adolescente che ci regala una speranza nel futuro. Il più forte calciatore di tutti i tempi di nome fa Diego (Maradona), il più piccolo, eppur grande esempio di fairplay, porta lo stesso nome. Diego Malatesta, 13 anni, tesserato per la Scuola Calcio Giovane Ancona, ha compiuto qualcosa che per il senso comune del pallone è considerata un’assurdità, un’eresia. Ha volontariamente deciso di tirare fuori il calcio di rigore che l’arbitro aveva decretato in favore della sua squadra. In un mondo di simulatori, di tuffatori d’area e di gente che venderebbe anche la madre (o indosserebbe qualsiasi tipo di sponsor, compreso quello di un’agenzia di scommesse, vedi la Nazionale) pur di vincere, Diego Malatesta va in direzione ostinata e contraria, e quel rigore non ha inteso segnarlo, semplicemente perché «non c’era». I fatti risalgono al 3 ottobre scorso e il match era quello tra la Nuova Folgore e la Giovane Ancona (campionato Cadetti 2003). Quel rigore avrebbe definitivamente chiuso la partita: la Giovane Ancona stava vincendo 1-0. Ma Diego si presenta sul dischetto con la sicurezza del veterano, salvo poi tornare ragazzino con dentro la stessa paura del Nino della Leva calcistica del 68 cantato da Francesco De Gregori: «Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore / non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore...». Quel messaggio è come se fosse risuonato nella testa di Diego: ha guardato verso la sua panchina in cerca di un cenno, per poi tirare fuori. In un solo istante ha anche tirato fuori tutto «il coraggio, l’altruismo e la fantasia». Un gesto da “pallone d’oro” di lealtà che ha commosso i tanti testimoni di questa magnifica storia di cuoio. Il più emozionato a distanza di giorni rimane l’allenatore della Nuova Folgore, Lorenzo Sulpizi- «Al di là del risultato negativo per i miei ragazzi, sono andato a casa veramente felice - racconta Sulpizi - . Per la prima volta ho visto con i miei occhi un ragazzino che di idea sua ha sbagliato volontariamente un rigore, perché l’arbitro aveva sbagliato a fischiarlo. Sono nel mondo del calcio da quasi vent’anni, e non mi era mai capitato un episodio del genere. Voglio fare i complimenti a voi genitori, perché se quel ragazzino, così come gli altri che lo hanno applaudito subito, si sono comportati in questo modo, è perché hanno ricevuto un’educazione eccellente».