Calcio. Pallone d'oro, ritorno alle origini
Potrebbe essere il nuovo “anno zero” del Pallone d’oro. Anche se guardando il nome del vincitore Cristiano Ronaldo non si direbbe. Il premio per il miglior giocatore del mondo, consegnato ieri a Parigi, torna infatti alle origini, dopo la fine del matrimonio lungo sei edizioni con il Fifa World Player of the Year, un’unione che aveva dato vita al Fifa Ballon d’Or. Ad assegnare il riconoscimento, come avveniva fino al 2009, è stato di nuovo “France Football”, il settimanale francese nella cui redazione nel 1956 per merito di un gruppo di giornalisti tra cui Gabriel Hanot, ex capitano della Nazionale transalpina e futuro ispiratore anche della Coppa dei Campioni, il premio fu creato.
Gli organizzatori, oltre a riappropriarsi del riconoscimento, hanno anche restaurato le sue vecchie regole, riaffidando solamente ai giornalisti, 173, provenienti da tutto il mondo la scelta del giocatore migliore dell’anno, individuato in una lista di 30 nomi (prima erano 23), resa nota a ottobre dallo stesso settimanale. Nessun annuncio preliminare dei tre finalisti e soprattutto nessun voto a capitani e commissari tecnici di tutte le Nazionali affiliate alla Fifa, come era avvenuto dal 2010 al 2015. Una scelta di politica calcistica e anche di consenso, quella delle ultime edizioni, quelle firmate insieme da France Football e dalla Fifa, che aveva fatto storcere il naso a molti, tra giocatori e giornalisti. Un metodo discusso che secondo molti avrebbe premiato non solo il più bravo ma anche il più conosciuto, quello che tutti vedono anche negli angoli più sperduti del globo calcistico, da Vanuatu, fino al Lesotho, da Timor Est fino alle piccolissime St. Vincent e Grenadine, indipendentemente dal valore nella singola stagione. E guardando l’albo d’oro è difficile dare loro torto: nelle scorse sei edizioni, quattro successi per Messi, due per Cristiano Ronaldo.
Due fenomeni dentro ma anche fuori dal campo che hanno oscurato per esempio un campione come lo spagnolo Andrés Iniesta, protagonista nel 2010 di un Mondiale da urlo vinto in Sudafrica e finito secondo in quell’edizione dietro a Lionel Messi. Scarpa d’Oro, ma poco incisivo fuor dalla Spagna. Un ritorno a a casa, come ha scritto “France Football” a settembre annunciando il nuovo formato che dimostra come il premio assegnato per la prima volta al baronetto Stanley Matthews nel 1956, sia stato capace nei tempi recenti di leggere, a volte con un un leggero ritardo, i cambi della geografia e degli umori del pallone. Come quando negli ultimi vent’anni ha aperto progressivamente al mondo, adeguandosi all’apertura globale del calcio-checonta. Nel 1995 la rivista francese ha infatti incluso tra i giocatori eleggibili anche quelli che militavano nel Vecchio Continente ma avevano nazionalità extraeuropee, e nel 2006 ha tolto l’ultimo paletto quello che vincolava la possibilità di essere scelto al rappresentare un club affiliato alla Uefa.
E per riparare a questa limitazione geografica durata quasi 40 anni i vertici di France Football hanno addirittura messo mano all’albo d’oro, rivalutando le votazioni di quelle edizioni senza 'extraeuropei' e assegnando in dodici casi un altro Pallone d’oro. Tra i premiati Pelè, Garrincha, Kempes e Romario, i grandi esclusi con il vecchio formato. Un ritorno al passato che nonostante tutto, nonostante le novità in campo e fuori, forse potrà tornare a far sognare il vecchio premio, quello che aveva un fascino unico, che suscitava tante discussioni (soprattutto suchi- doveva- vincerlo- e- invece- no) ma che regalava anche qualche sorpresa, come i riconoscimenti all’ungherese Florian Albert nel 1967 o al sovietico Igor Belanov nel 1986. Per vedere qualcosa di nuovo, almeno nell’albo d’oro, bisognerà però aspettare almeno altri dodici mesi. Perché per ora il padrone è ancora Cristiano Ronaldo. Come prima. Speriamo non come sempre.