Società. Il lungo cammino contro la pena di morte
Il 3 maggio 1808 di Francisco Goya
La nuova edizione del libro di Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita e Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia, La morte confortata. Riti della paura e mentalità religiosa a Roma nell’età moderna (Edizioni di Storia e Letteratura, pagine 336, euro 28,00), ha una nuova introduzione dell'autore e verrà presentato da Adriano Prosperi presso l’Arciconfraternita di san Giovanni Decollato a Roma il prossimo 14 giugno.
Monsignor Vincenzo Paglia - Ansa
Il tema della pena di morte è di grande attualità. Alcune esecuzioni, anche recenti, hanno suscitato un grande dibattito. Lo scorso mese di maggio ha fatto discutere la decisione del governatore del Texas e della Corte Suprema di quello Stato di respingere le domande di clemenza giunte da ogni parte del mondo, condannando a morte Quintin Jones. Ha fatto discutere in particolare il fatto che la sorella della vittima, Mattie Long, aveva chiesto anche lei clemenza al governatore, offrendo il suo perdono. La domanda è dunque: può lo Stato non perdonare quando anche i parenti delle vittime lo fanno? La sharia, la legge islamica, dà la precedenza alla voce dei parenti delle vittime, la legge di uno Stato 'moderno' no. Qual è dunque il rapporto tra giustizia e perdono? Adriano Prosperi, nel suo libro intitolato proprio Delitto e perdono, spiega le ragioni che rendono tanto decisivo questo dibattito: «bisogna tener conto della condizione liminale in cui è costituita la persona su cui si abbatte una sentenza di morte per via di giustizia. In lei il ponte che unisce i viventi e i morti prende la consistenza di un concreto essere umano, qualcuno che mentre ancora vive già appartiene al mondo dei morti, per una sentenza di un tribunale». Mutuando il titolo di un film famoso: Dead man walking. È per questo motivo che la scelta della Arciconfraternita di San Giovanni decollato di Roma di promuovere una nuova edizione del lavoro di Vincenzo Paglia, La morte confortata. Riti della paura e mentalità religiosa a Roma nell’età moderna (Edizioni di Storia e letteratura), ha suscitato un grande interesse. Il volume ripercorre infatti non solo la nascita e lo sviluppo storico della più importante istituzione incaricata di accompagnare i condannati a morte a Roma tra XVI e XIX secolo, ma propone una riflessione sulla stessa pena di morte in quei secoli. Come scrive Paglia: «Le esecuzioni capitali divengono, nell’età moderna, uno spettacolo assai frequente, a motivo dell’applicazione rigorosa del principio di esemplarità della pena di morte, che appare come l’unico e l’ultimo mezzo per combattere il male contagioso della criminalità». Il volume è impreziosito dalla prima edizione del testo di Pompeo Serni, Trattato utilissimo per confortare i condennati a morte per via di giustizia, in cui si riflette la riflessione non solo dell’autore, ma dell’intera confraternita. Tutto questo avveniva a Roma, cioè nel cuore della cristianità. Come ricorda Prosperi: «Nata sul tronco della Bibbia ebraica, la cultura del cristianesimo europeo ha dovuto fare i conti non solo col divieto di uccidere imposto dal quinto comandamento biblico, ma soprattutto con alcuni fondamentali precetti dei Vangeli, la non violenza e il perdono». Di qui la necessità di approfondire le indagini su «quella tradizione occidentale che in nome di una religione del perdono e della non violenza legata a un Dio morto sul patibolo ha legittimato per secoli il diritto a uccidere e a vendicarsi». Bisogna dire che libri come questo non sono solo frutto di un clima culturale, come quello legato al dibattito contemporaneo sulla pena di morte, ma sono anche un contributo alla maturazione di quello stesso clima culturale. Come ricorda Paglia nella premessa alla nuova edizione: «Per il pensiero cristiano è stato decisivo, ultimamente, l’intervento di papa Francesco che ha posto la parola fine ad un lungo dibattito di revisione circa la legittimità della pena di morte. Papa Francesco ha voluto che si cambiasse anche il Catechismo: «la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che ’la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona’, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo» ( Catechismo della Chiesa cattolica, 2267).