Novecento. Papa Pacelli e la Shoah: Pio XII oltre il mito
Pio XII in visita alla Radio Vaticana
La figura di Pio XII continua a far discutere, nonostante i tanti decenni trascorsi dal suo pontificato. Infatti papa Pacelli rappresenta, a suo modo, il travaglio della coscienza cristiana di fronte alla guerra, mentre incarna l’“imparzialità” scelta dalla Santa Sede dalla prima guerra mondiale e che è un riferimento anche in tempi recenti. Inoltre Pio XII resta legato alla drammatica vicenda della Shoah: perché il papa non ha condannato chiaramente la distruzione degli ebrei da parte dei nazisti e dei loro collaboratori europei? Infine papa Pacelli, per una certa visione, è stato “l’ultimo papa”, riferimento per una Chiesa tradizionale, arroccata su se stesse, dall’identità separata, se non contrapposta, rispetto al mondo e alle religioni.
Dopodiché, sarebbe cominciata un’altra stagione, per alcuni “primavera della Chiesa”, per altri un lungo inverno, marcato dal Vaticano II. Le semplificazioni attizzano le polemiche attorno a Pio XII. La storiografia, che ha indagato sulla sua figura e il suo pontificato, non ha potuto giovarsi della fonte primaria, cioè degli archivi vaticani. L’assenza di questa documentazione (fino a non molto tempo fa chiusa e non ordinata) ha facilitato ulteriori semplificazioni e contrapposizioni. Ma già da tempo, gli storici avvertiti avevano colto la necessità di comprendere la complessità di quel papa e del suo governo in un tempo segnato dal dominio dei totalitarismi, dalla guerra mondiale, dal confronto con il comunismo sovietico, che dominava una parte dell’Europa.
Una recente pubblicazione dell’Archivio Apostolico Vaticano, Le “carte” di Pio XII oltre il mito (pagine 500, euro 40,00), attira la nostra attenzione su un fondo dimenticato, se non perduto in Vaticano: la documentazione personale che il papa teneva nel suo appartamento. Un valente archivista dell’Archivio Vaticano, Giovanni Coco, che ha sensibilità di storico, ha rintracciato queste carte e le ha catalogate. Coco ha lavorato con successo sulle relazioni tra Chiesa e fascismo tra il 1929 e il 1939. Ma di più: ha indagato su Roma, vissuta sulle due sponde del Tevere, in un libro significativo fin dal titolo, Il labirinto romano. Sì, perché la Roma del Vaticano e la capitale d’Italia rappresentano un intreccio complicato, in cui molto si distingue, ma tanto alla fine si congiunge, anche in tempi difficili. Coco lo sa bene e lo mostra.
In Le “carte” di Pio XII oltre il mito, Coco pubblica una ragionata introduzione alla documentazione “privata” del papa oltre a un inventario. Perché “oltre il mito”? La figura di papa Pacelli è sempre un tema tanto sensibile. I documenti rinvenuti sembrano talvolta una scoperta sensazionale, se non una prova (magari a carico) del comportamento di Pio XII. Dagli archivi vaticani ci si aspetta che si trovi la “pistola fumante” che provi le responsabilità di Pio XII. La storiografia ha abbastanza lavorato finora, anche sulle carte vaticane, per mostrare come papa Pacelli sapesse del dramma degli ebrei, ben da prima del radiomessaggio del 1942, in cui parlò di «centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento». Negli archivi si trova anche traccia del rapporto Vrba del giugno 1944, che conteneva una completa descrizione di Auschwitz e del suo funzionamento, inviato in Vaticano e qui giunto il 22 ottobre 1944. Molte notizie arrivavano in Vaticano in quegli anni.
Giovanni Coco, da storico e archivista, è ben avvertito che, specie per la storia contemporanea, un documento non è uno scoop, mentre solo l’insieme della documentazione consente di comprendere, vero scopo di ogni ricerca come ricordava Marc Bloch. Lo mostra in una parte importante del suo libro, Appunti per una biografia, tredici densi capitoli in cui ricostruisce aspetti della personalità del papa e del suo governo. Tra i tanti temi affrontati, c’è l’ospitalità agli ebrei nelle case religiose a Roma. Quando, nel 1975, iniziai a studiare la vicenda, visitando parecchi istituti, c’erano ancora molti religiosi che l’avevano vissuta. Tra di loro era diffusa la convinzione che l’ospitalità fosse volontà del papa e si parlava anche di un suo ordine scritto. Ma quando cercavo l’ordine, i più mi rispondevano che mai la Santa Sede avrebbe precostituito una prova a suo carico di fronte ai tedeschi. Coco parla di una “circolare mai circolata”. Siamo di fronte - come lui stesso afferma - a una delle tante fantasie sul periodo, che trova però fondamento in alcune cronache di case religiose. In realtà i religiosi pensavano che una generosità, pur rischiosa, non poteva che essere voluta dal papa.
Coco mostra come la “volontà” del papa e della Segreteria di Stato veniva trasmessa caso per caso, sospendendo le prescrizioni canoniche che limitavano l’accesso agli istituti religiosi. Molto veniva fatto oralmente. Anche in questa vicenda non si trova, come talvolta vorrebbero i “cercatori di scoop”, un documento risolutivo. Solo l’intelligente ricerca negli archivi illumina le scelte di fondo della Santa Sede. Il libro di Coco, con documentazione e coraggio, è un saggio decisivo di questa intelligenza nella ricerca, essendo un’opera imprescindibile per chi vorrà scrivere su quegli anni.