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Il caso. Nuove regole, il cinema italiano contro gli Oscar

Massimo Iondini giovedì 10 settembre 2020

Non più la notte degli Oscar, ma la notte fonda degli Oscar. Almeno stando alle prime reazioni in Italia all'annuncio fatto mercoledì dall'Academy riguardo alle nuove regole di inclusività che entreranno in vigore nel 2024 e che prevedono che, per poter puntare alle statuette, i film dovranno prevedere nel cast e nello staff produttivo la presenza, in una determinata percentuale, di persone appartenenti alle seguenti categorie: donne, gruppi razziali ed etnici, LGBTQ+ e persone con disabilità. «Gli Stati Uniti mi sembrano un Paese schizofrenico che va per estremi - sbotta il produttore Andrea Occhipinti, fondatore della Lucky Red e amministratore delegato di Circuito Cinema -. In strada vediamo afroamericani ammazzati dalla polizia, poi fanno queste cose di super tutela. Le minoranze andrebbero tutelate nella società civile».

Di «ossessione del politically correct» parla il regista Giulia Base, mentre il collega Gabriele Muccino osserva che "il sistema del cinema hollywoodiano e quindi anche l'Academy e le sue regole in continuo mutamento, sono ormai da anni sempre più avvitati nell'insicurezza sistematica che governa quel mondo e che viaggia in parallelo col suo abnorme ego per cui si sente paladina della civiltà: una responsabilità che il cinema non deve assumersi, secondo me. Il cinema non deve mai pensare in modo politico o morale». Muccino, che ben conosce l'America dove ha vissuto fino a quattro anni fa, aggiunge quindi che “i parametri della censura si sono inoltre sempre più estremizzati negli anni togliendo via via ai film moltissimi spigoli interessanti; l'essere ossessivamente politicamente corretti è di fatto una spirale di paranoie che non avranno mai fine. E soprattutto non si può fare arte se i paletti sono così tanti e così limitanti da assomigliare a quelli che vengono messi per la visione di un cartone animato della Disney».

Di «regole strane» parla poi l'ad di Rai Cinema Paolo Del Brocco, secondo il quale «l'inclusività è certamente un concetto importante, e non solo nel cinema, ma un film, come qualsiasi altra opera d'arte, deve essere valutato per il risultato, la storia, la qualità, la qualità autoriale e attoriale, la scrittura, le immagini, la fotografia, e non per genere e razza. Criteri di questo tipo non debbano entrare nella valutazione delle opere creative».

Bocciatura su tutta la linea dunque dagli addetti ai lavori italiani, proprio mentre a Venezia la Mostra del cinema sta arrivando alla sua conclusione dopo giornate di intensa vivacità e altissima artisticità. Così in Laguna le parole rimbalzate ieri da Oltreoceano sono sembrate ancor più bizzarre e singolari. «I film dovranno riflettere l'eterogeneità della popolazione globale, sia nella creazione di film sia nel pubblico che si connette con loro» sono le parole pronunciate dal presidente dell'Academy David Rubin riportate sul New York Times insieme a quelle dell'amministratore delegato Dawn Hudson. «Le nuove regole - spiegavano Rubin e Hudson - saranno un catalizzatore per un cambiamento essenziale e duraturo nel nostro settore». Quattro anni di attesa, dunque, con il mondo del cinema che come si è visto sta già registrando le prime discussioni.

Tutti i nuovi requisiti, spiega ancora l'Academy, saranno volti a favorire la rappresentatività di genere, oltre all'inclusività dei vari orientamenti sessuali, delle diverse etnie e delle disabilità. Le categorie citate dovranno essere coinvolte in tutte le aree dei film. La prima elencata è quella della recitazione e delle trame sullo schermo, nella quale, dice l'Academy, «chi proviene da un gruppo etnico o razziale sottorappresentato deve essere coinvolto in almeno uno dei ruoli principali o in ruoli secondari significativi».

Nel dettaglio, ci sono standard del film, della produzione, di accesso al lavoro e di distribuzione. Per quanto riguarda il film almeno il 30% della troupe dovrà provenire dai seguenti gruppi: donne, gruppi etnici sottorappresentati, Lgbtq e persone con disabilità cognitive o fisiche, non udenti o ipoudenti. Nel film, per diventare il miglior film della notte degli Oscar, ci dovranno essere un rappresentante di una categoria etnica sottorappresentata tra i personaggi principali, o almeno tra i principali dei non protagonisti. In alternativa, il film dovrà essere sviluppato su una trama che riguardi un gruppo sottorappresentato.

Le stesse categorie dovranno essere tutelate per l'accesso al lavoro. L'entourage della pellicola dovrà dimostrare di aver garantito standard d'accesso identici per tutte le categorie, così come le società di distribuzione devono aver pagato stagisti o apprendisti inclusi tra i gruppi riportati. Il medesimo discorso vale per gli ultimi due standard, quelli della produzione e della distribuzione. Insomma, si tratta di una rivoluzione nel mondo di Hollywood che cambia la politica dei film che correranno per l'Oscar più prestigioso.

I nuovi criteri erano stati promessi in giugno sulla scia delle proteste per l'uccisione dell'afro-americano George Floyd da parte della polizia bianca di Minneapolis. Ma la decisione rientra nei passi che Hollywood si era impegnata a prendere cinque anni fa a seguito della polemica #OscarSoWhite sul mancato premio al film Selma dell'afro-americana Ava DuVernay sulle marce per il diritto al voto dei neri e più in generale sulla scarsa presenza di film interpretati, diretti e prodotti da minoranze nella rosa dei premi.

Questi requisiti si applicheranno solo ai film realizzati nel 2024 per la cerimonia di premiazione dal 2025 in poi. La pena. in caso di mancata osservazione di questi parametri, è l'esclusione dalla corsa per la statuetta più ambita. Fino a quel momento i film dovranno presentare il classico modulo con gli standard per l'inclusione alla corsa all'Oscar da parte dell'Academy. La 96esima edizione degli Oscar sarà dunque "rivoluzionaria". Ma una "rivoluzione" che al momento suscita molte perplessità. A partire dall'inclusione delle donne nelle succitate categorie.