Musica. Orietta e gli altri, inossidabili star delle piazze italiane
Nell’estate rock dei fenomeni planetari, oltre agli U2 e ai Coldplay atterrati di recente in Italia, più il megaconcerto di Vasco Rossi a Modena Park (record assoluto di biglietti venduti, oltre 220mila), assistiamo anche a un’invasione di “ultravox” nostrane: la generazione delle ugole eterne, alias i fantastici e inossidabili over 70. Una tribù che canta, che fa ancora ballare e persino emozionare, nonostante il tempo che passa, che è come «i sassi che il mare ha consumato », parole e musica di Gino Paoli. Il ruvido poeta genovese della dolcissima Il cielo in una stanzaha sette vite come la sua Gatta: Paoli compirà 83 anni il prossimo settembre, ma anche stasera quel brano è in scaletta nel concerto di Torri del Benaco ( Verona). Una delle date di un tour infinito, accompagnato dal raffinatissimo piano jazz di Danilo Rea, per il Ginettaccio del cantar leggero è sempre un trionfo con tanto di standing ovation. «Finché la barca va, lasciala andare...».
Già, e finché la barca è quelle dell’Orietta nazionale come si fa a fermarla? Orietta Berti (Cavriago, 1° giugno 1943), tra una torta e l’altra preparata per il suo Osvaldo, continua a riempire piazze di paese e a lanciare il coro a tre, quattro generazioni riunite sotto al suo palco genuino, nazionalpopolare. Ultimo avvistamento dell’Orietta a Francavilla d’Ete (Fermo) alla vigilia di ferragosto. «È stata una serata d’estate bellissima, ricca di emozioni e con un calore straordinario grazie all’affetto della gente», posta su Facebook una Berti raggiante versione 2.0, pienamente rilanciata a due anni dall’uscita della sua raccolta dei 50 anni di carriera. «Ma perché Orietta hai messo 109 canzoni nel tuo cofanetto di cd? Perché proprio 109?», il refrain incalzante del fanciullesco Fabio Fazio nelle domeniche sera della passata edizione di “Che tempo che fa” (Rai 3) in cui l’Orietta era l’ospite fissa, assai gradita dal grande pubblico televisivo. Lo svampitismo da musicarello e la sua voce d’antan vellutata rimandata dal piccolo schermo è alla base del rinnovato successo della Berti che conquista, anche nuove fasce di pubblico.
E c’è da giurare che l’Orietta, e molti della sua generazione, rimarranno nella storia della nostra musica e del costume popolare assai più a lungo dei guitti giovanilistici alla Rovazzi e dei finti rivoluzionari come Fedez e compagnia cantante. Potere del vintage puro e crudo. È l’effetto Anima miaquello che continua ad alimentare il fenomeno amabilmente trash dei Cugini di Campagna.
Sono passati vent’anni dal ripescaggio in pompa magna nella trasmissione omonima (“Anima mia”) di Fabio Fazio della band romana dei gemelli Michetti: Ivano e Silvano, classe 1947, chitarra e batteria fin dal 1970. Una storia quasi mistica la loro, «un’avventura iniziata tanto tempo fa, quando papà Dante decise di spedire Ivano al coro della Cappella Sistina sotto la direzione di monsignor Bartolucci, per dissuaderlo dalla tentazione di pescare continuamente gli spicci di Fontana di Trevi con la calamita...», scrivono sul loro sito i gemelli Michetti che di strada ne hanno fatta dalla hit d’esordio Il ballo di Peppe, sigla di Alto gradimento – programma cult radiofonico dei geniali Gianni Boncompagni e Renzo Arbore – , brano scritto da Giancarlo Guardabassi e Fabio Germani, figlio di Ferdinando organista personale di Papa Giovanni XXIII.
I Cugini di Campagna continuano a cambiare la loro “voce angelica” che abbassa anche l’età media del gruppo: a Nick Luciani che è uscito dal gruppo – non senza strascichi – è subentrato Daniel Colangeli, ma il risultato non cambia. Sold out, in tutti i laghi e in tutti i luoghi, direbbe fuori da questo coro Valerio Scanu. Ovunque si esibiscano i variopinti Cugini, vestiti ancora rigorosamente anni ’70 – con i vistosissimi calzoni a zampa d’elefante e gli zatteroni ai piedi – per il pubblico è come sfogliare l’album di famiglia. Sorrisi e emozioni con una struggente Amor mio che riempie il cuore di nonni, donne e bambini.
Scene viste e riviste anche alla fine di ogni serata di Fausto Leali. Il 72enne “negro bianco” di Nuvolento sta battendo palmo a palmo la provincia italica marciando spedito verso il trentennale del suo cavallo di battaglia Io amo. E nel 2018 celebrerà le nozze d’oro del suo primo Sanremo (in cui cantò Deborah in coppia con Wilson Pickett) e dell’altro storico tormentone che l’ha reso famoso in tutto il mondo, A chi. Piace ai giovani il Leali “rap” in coppia con Clementino e sorprende quello “cantautorale” della cover haberiana e per niente haberrante, La valigia dell’attore, regalatagli e incisa con il suo amico Francesco De Gregori. Mi manchi, è l’inconfondibile richiamo nelle foreste di strapaese dove Leali porta la sua musica lasciando tracce indelebili di quella Nostalgia canaglia che l’irriducibile Al Bano, a 74 anni, e nonostante gli acciacchi dell’età, esporta come il buon vino e l’olio di Cellino San Marco nel suo tour mondiale: in coppia con Romina toccherà la Bulgaria, il Canada e la Russia.
I russi hanno applaudito da poco Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, che con le sue 61 primavere è davvero un pupone per accedere alla grande tribù degli over 70 in cui si distingue invece il 77enne attore, pittore, scrittore e cantante Aldo Caponi, alias Don Backy. Il poeta dell’Immensità, come il suo coscritto Peppino Di Capri, da oltre mezzo secolo non salta una data estiva. Onnipresenti per lo Stivale gli inossidabili Dik Dik, i Camaleonti e il ricciolo candido di Maurizio Vandelli che trascina quel che resta dell’Equipe 84. Tra una sagra della polenta in Val Seriana e quella della patata rossa di Colfiorito, passa la band stagionata. Il borgo si ferma e rimane incantato da quella Carezza della sera degli intramontabili New Trolls. La leggenda diVittorio De Scalzi e soci funziona eccome, anche dopo cinquant’anni (i New Trolls sono nati nel 1967) e chi ha assistito alla notte di Pontecorvo ha capito di trovarsi davvero dinanzi a un Concerto grosso.
Scende una Lacrima sul viso anche ai millennials che ascoltano il caro vecchio Bobby Solo che ogni notte riporta in vita il mito di Elvis “cacio e pepe” a quarant’anni dalla triste dipartita del re del rock and roll. Vive, lotta, pesca sul Ticino e canta assieme a noi (specie all’estero) il buon Drupi: bluesman, classe 1947, che il 10 agosto è entrato di diritto nel club dei 70. Ed è davvero Piccola e fragile la new generation della musica usa e getta, rispetto a questi esemplari di resistenza canora. Una tribù nella quale tanti sono volati via. Ma le loro canzoni tornano sotto le stelle di un sabato del villaggio. E resteranno. Mentre Tutto il resto è noia, canterebbe anche stanotte Franco Califano. E visto che il “Califfo” sulla sua tomba ha lasciato scritto «non escludo il ritorno», prima o poi chissà, potrebbe anche duettare in qualche serata dei suoi cari amici over 70.