Agorà

2. Dar da bere agli assetati. Quando il rubinetto resta a secco

Alessandro Zaccuri martedì 7 luglio 2015
SuperMario non esiste. Bella scoperta, si potrebbe obiettare: a suo tempo sarà anche stato una celebrità, ma pur sempre di un personaggio di fantasia stiamo parlando. La prima star globale dei videogiochi, fugacemente apparsa anche al cinema una ventina d’anni fa, quando gli effetti speciali ancora ci stupivano con poco. Un eroe di pixel, tutt’al più di celluloide. Nella sede romana del Forum italiano dei movimenti per l’acqua lasciano che l’ospite si sfoghi, dopo di che ribattono che d’accordo, SuperMario non esiste, ma suo fratello Luigi invece sì. Baffuto pure lui e pure lui idraulico di mestiere, visto che di acqua stiamo parlando. O, meglio, di water poverty, l’indisponibilità totale e duratura di acqua corrente che almeno in Europa si immaginerebbe debellata mentre, al contrario, può tornare a colpire ovunque. Perfino a Roma, la città che ha donato al mondo la tecnologia degli acquedotti e attraverso la quale il Tevere continua a scorrere solenne.Rubinetti a secco e tubature vuote, possibile che succeda nell’Urbe? «Quando ho provato a spiegare la mia situazione a un’amica che viene dal Camerun, mi sono sentita rispondere che problemi del genere sono comuni in Africa, ma impensabili in Italia», dice la giornalista Anna Mazzone, che la siccità a giorni alterni la conosce bene per via di un’intricatissima vicenda burocratica. In altri casi, più numerosi, la motivazione è una semplicità sconcertante: l’utente è moroso, la bolletta non è stata pagata, i solleciti ignorati, per cui si procede al “distacco”. Contatore sigillato o addirittura rimosso, prima saldate i debiti e poi ci sentiamo. «Un fenomeno che nell’ultimo anno ha assunto proporzioni preoccupanti», afferma Valerio Balzametti, che del Forum è uno degli operatori. A Roma gli episodi si contano ormai a decine, concentrati nelle periferie ma diffusi anche in quartieri storici e nella cinta dei Comuni limitrofi.Il pasticciaccio in cui è coinvolta Anna Mazzone riguarda addirittura la centralissima via Giolitti, una delle strade che costeggiano la Stazione Termini. A causarlo non è l’indigenza degli interessati, ma anche questa è una frontiera su cui vigilare. «La mancanza d’acqua è uno dei fattori che più velocemente produce emarginazione sociale – sottolinea Balzametti –. Immaginate di non potervi lavare per giorni e giorni di seguito: se non avete un parente o un amico disposto a ospitarvi per una doccia, diventate presto impresentabili, gli altri vi stanno alla larga».Via Giolitti, dunque. Un “supercondominio” che comprende tre numeri civici: il 101, il 119 e il 137. Trecento persone in tutto, distribuite in novanta appartamenti, oltre la metà dei quali ancora di proprietà del Comune di Roma, che li dà in affitto. Gli altri sono stati acquistati nel tempo, di modo che la composizione degli abitanti disegna un interessante spaccato sociologico: pensionati molto anziani e giovani professionisti, semplificando al massimo. All’inizio del 2013 viene sostituito il contatore dell’acqua e in poche settimane il supercondominio si vede accollare un superdebito, che sfiora i 100mila euro. I consumi idrici non sono conteggiati singolarmente e già questo rende complicata la ripartizione delle spese. Una quota consistente della morosità, pari a 63mila euro, ricade proprio sul Comune, che però detiene anche il 51% di Acea, l’azienda che eroga l’acqua corrente in Lazio e in gran parte dell’Italia centro-meridionale, grosso modo dalla Toscana alla Campania. Il Campidoglio, insomma, è debitore di se stesso.Sia come sia, in via Giolitti cominciano i distacchi. Senza preavviso, denunciano i condomini. Con le dovute cautele, sostengono all’Acea, dove almeno in apparenza si trova una spiegazione per ogni domanda. Se si chiede come mai la fornitura di acqua venga interrotta e non ridotta, come accade per elettricità e gas, la risposta è che queste sono le indicazioni dall’Aeegsi, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Vero, se non altro dal punto di vista formale. La gestione dell’acqua è stata assegnata all’Aeegsi in tempi relativamente recenti e la regolamentazione è ancora in corso. Alcune categorie specifiche – dalle scuole agli ospedali, per intendersi – sono già state messe al riparo dall’interruzione del servizio, per i privati la questione è più complessa. Occorre stabilire un parametro di povertà tale da scoraggiare furbizie di sorta (c’è anche chi, potendo pagare, trova più conveniente non farlo…), ma questa delibera è di competenza governativa e parlamentare. Attualmente risulta in discussione al Senato, nell’ambito del “collegato ambientale” alla legge di stabilità. Niente parametri, niente clausola di garanzia. E avanti con i distacchi.A questo punto si fa avanti Luigi. Il suo faccione ammiccante appare sui manifesti della campagna “Basta distacchi”, promossa dal Forum e da altre realtà aggregate con l’attivazione di sportelli in diverse zone di Roma e con alcune manifestazioni di protesta, come i sigilli simbolici al contatore dell’acqua nella sede dell’Aeegsi. «Il nostro obiettivo è fornire assistenza e, insieme, difendere i risultati del referendum del 2011, con il quale avevamo sperato di sventare il processo di privatizzazione dell’acqua», ribadisce Balzametti. Una questione politica? Anche, se non altro perché il piano delle multiutility per l’energia, parte integrante del cosiddetto “SbloccaItalia”, prevede la concentrazione delle competenze in cinque grandi agenzie territoriali, una delle quali è proprio l’Acea.Sul diritto all’acqua, intesa come bene comune dell’umanità, convergono sensibilità di origine diversa, dalla sinistra dei centri sociali fino al cattolicesimo più attento alle istanze della convivenza civile. «In discussione è il modello di società in cui viviamo – ribadisce Balzametti –. L’emergenza ambientale, legata allo sfruttamento delle risorse naturali, rimanda alle politiche di solidarietà. A Detroit, per esempio, l’amministrazione comunale versa un sussidio per i meno abbienti, che non potrebbero altrimenti disporre dell’acqua. Perché non si fa così anche a Roma?». Sono, del resto, gli stessi temi dell’enciclica Laudato si’, che al numero 30 si esprime in termini non equivoci: «L’accesso all’acqua potabile e sicura – scrive papa Francesco – è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani».Ora, che lo spettro della water poverty si affacci proprio nella città del Papa è una contraddizione che, regolamenti a parte, resta difficile da accettare. Nel frattempo, dove non arriva Luigi, arriva SuperMario. Che non esiste, l’abbiamo già detto, ma ogni tanto si manifesta nelle case colpite dal distacco. Chiave inglese alla mano, rimedia all’assenza del contatore e permette che l’acqua torni in lavelli e vasche da bagno. Un intervento non proprio ineccepibile dal punto di vista legale, ma che a qualcuno farà venire in mente il personaggio interpretato da Robert De Niro nel classico Brazil di Terry Gilliam (1985): in un mondo futuribile nulla può essere riparato se non dall’onnipresente Central Service, che persegue con durezza i trasgressori. Ma c’è questo tuttofare che appare all’improvviso, lavora di cacciavite e nastro isolante, poi si dissolve nella notte da cui è venuto. Ha compiuto un crimine o un’azione di disobbedienza civile? È un agitatore o un buon samaritano? In attesa di sciogliere il dubbio, quelli di via Giolitti almeno in un’occasione a SuperMario si sono rivolti. È stata una delle due volte in cui l’acqua è tornata in un battibaleno. L’altra, la primavera scorsa, è quando hanno minacciato di occupare la strada. Il servizio è stato ripristinato in velocità. E dire che attorno a Termini il traffico ristagna già per conto suo.