Agorà

Storie olimpiche. La prima volta sul podio di Santa Lucia e dei rifugiati

Alberto Caprotti, inviato a Parigi domenica 4 agosto 2024

Julien Alfred, oro nei 100 metri donne: la prima medaglia per Santa Lucia

La prima volta sul podio è come una clessidra. Si riempie piano, ci vuole tempo, il suo tempo. Ma la donna più veloce del mondo conosceva la sabbia, l’ha calpestata tante volte a Ciceron, dove è nata. Lei si chiama Julien e ha vinto i 100 metri femminili a Parigi 2024 regalando all’isola di Santa Lucia la prima medaglia della storia alle Olimpiadi.
Ma nei giorni perfetti spesso capitano eventi simili tutti insieme. Anche Cindy è una donna, lei fa a pugni: ma è considerata "diversa" e per questo è dovuta fuggire dal Camerun, dove è nata e queste cose non sono tollerate. Oggi è diventata in assoluto il primo atleta della squadra dei rifugiati a salire sul podio ai Giochi. Questa è l’Olimpiade. Il medagliere è come una stazione. Partenze e arrivi, storie e colori. Quelli dei cerchi, anelli eterni da scalare, tondi perfetti cui aggrapparsi per dondolarsi sul mondo. Per dire eccomi, ci sono anch’io.
Così ora c’è una bandiera da sventolare finalmente nella piccola isola dei Caraibi orientali: la festa è appena cominciata a Santa Lucia. A un giorno e due ore di volo da lì, Julien Alfred ha corso in 10"72 sulla pista dello Stade de France, nuovo record nazionale, davanti alle statunitensi Sha'carri Richardson e Melissa Jefferson, rispettivamente argento e bronzo in 10"87 e 10"92. E’ un oro storico per Santa Lucia, primo perché i 100 metri sono la gara delle gare. E secondo perché Santa Lucia, un pezzo di terra in mezzo al mare grande come Modena, un podio ai Giochi non l’aveva mai frequentato. Anche se ci sono nati due premi Nobel, W. Arthur Lewis (per l'economia nel 1979), e Derek Walcott che vinse quello per la letteratura nel 1992. A riprova che mente e piedi veloci possono venire dalla stessa terra.
Senza bandiera, e con il rimpianto di non poter avere quella del loro Paese d’origine, sono invece i rifugiati olimpici. Sono 36 in tutto, in rappresentanza di 100 milioni di persone sfollate di tutto il mondo. Vengono da 11 nazioni diverse, e a Parigi 2024 sono in gara in 12 sport. E’ la terza volta che il Cio li accoglie ai Giochi come squadra. Pane duro per loro a Rio 2016 e a Tokyo 2020, solo apparizioni senza gloria. Fino a oggi. Quando Cindy Ngamba si è qualificata per le semifinali nella boxe, categoria fino a 75 kg battendo la francese Davina Michel. La pugile camerunense è così certa di ottenere almeno il bronzo. Si tratta della prima medaglia conquistata dalla squadra dei rifugiati. Cindy Ngamba, che ha vinto ai punti per 5-0, ha questo status in Gran Bretagna, dove è arrivata a 11 anni a causa della repressione contro gli omosessuali nel paese in cui è nata.
Ancora Africa, un’altra prima volta. Nella ginnastica artistica. E che prima volta. Perché la 17enne algerina di origine francese, Kaylia Nemour, ha portato sul podio olimpico una nazione di questo continente in questa disciplina. Mai successo prima. Classe 2006, ha dominato la prova delle parallele vincendo l’oro. Un bel rammarico per la Francia, visto che l’atleta algerina possiede il doppio passaporto e fino al 2022 gareggiava per i padroni di casa di queste Olimpiadi. Poi la scelta di sposare la causa del Paese africano (suo papà è algerino). Perché le bandiere, a volte, cambiano. E quelle nuove ai Giochi sono spesso più belle: allargano il mondo, che nello sport almeno è di tutti e di nessuno.