Recensione. Il gran finale del «Pianeta delle scimmie» è un western tragico
Un'immagine di "The War - Il pianeta delle scimmie"
Dove eravamo rimasti? Sono passati quindici anni da quando un esperimento mal riuscito ha infettato e ucciso milioni di persone e ha consentito alle scimmie di sviluppare un’intelligenza umana. I sopravvissuti combattono una guerra iniziata dalla scimmia Koba, poi uccisa da Cesare, il leader dei primati, che ora è costretto a fronteggiare un esercito di uomini al comando del feroce Colonnello, deciso a tutto pur di non lasciare il pianeta nelle mani della nuova specie, ridotta in schiavitù in un campo di concentramento dove si lavora alla costruzione di un muro.
«Siamo l’inizio e la fine», grida l’uomo alle sue truppe. È proprio questa epica, ineluttabile battaglia finale al centro di The War - Il pianeta delle scimmie, ultimo capitolo della trilogia prequel del celebre film del 1968, diretto da Matt Reeves e in arrivo nelle nostre sale giovedì 13 luglio. Ma non lasciatevi ingannare dal titolo, perché in questo terzo episodio, decisamente il migliore della nuova saga, di guerra ce n’è molto meno che nel film precedente. Questa volta Cesare, straordinariamente interpretato da Andy Serkis, signore assoluto della motion captures, tecnica che gli consente di entrare nella pelle di qualunque creatura (è stato il Gollum de Il signore degli anelli e il King Kong diretto da Peter Jackson), deve affrontare i suoi demoni interiori prima ancora del nemico, invitando il pubblico a riflettere sulla follia della guerra e della vendetta.
Omaggio ad Apocalypse Now (su un muro compare la scritta Ape-pocalypse Now e il Colonnello interpretato da Woody Harrelson rimanda all’allucinato Kurtz di Marlon Brando), ma anche a La grande fuga e a Il ponte sul fiume Kwai, The War - Il pianeta delle scimmie è soprattutto un western che vede Cesare viaggiare a cavallo con i suoi compagni per scovare la base nascosta della sua nemesi. Al gruppetto di eroi si aggiunge una bambina che ha perso l’uso della parola, come sta capitando anche ad altri esseri umani, ma non il coraggio.
Se Cesare, carismatico paladino dei diritti della razza perseguitata e oppressa, è diventato ormai un personaggio estremamente complesso e affascinante, tormentato dalla rabbia per il dolore vissuto, divorato dall’odio verso i carnefici, dubbioso sui valori e i principi etici che lo hanno guidato fino a quel momento, ma anche ricco di compassione, i nemici umani – ed è questo l’unico limite del film – sono invece sempre più stereotipati, bozzetti un po’ sbiaditi incapaci di regalare brividi con la loro cattiveria senza sfumature.
Tecnicamente parlando invece il film è una vera perla con immagini sfavillanti e suggestive, per lo più ambientato tra paesaggi innevati che sembrano dipinti, popolato di scimmie che si muovono con straordinaria fluidità, persino assai più vere e credibili degli attori in carne ed ossa. «Guarda i tuoi occhi, sono quasi umani » dice il Colonnello a Cesare. E tra tanta cupezza emerge anche una inaspettata vena umoristica affidata a una buffa scimmia da zoo, straordinariamente espressiva e protagonista del momenti più divertenti del film.