Idee. La vera nonviolenza è esperta di verità e di libertà
La verità non è questione di sola conoscenza, certamente non di un conoscere inteso in maniera assai limitativa come adeguamento fra intelletto e cosa. La verità è sperimentale, ma non nel senso della necessarietà di perseguirla attraverso un esperimento, che produca ciò che intende provare attraverso una limitazione di parametri ed elementi utili allo scopo, tecnicamente approntati. La verità per l’uomo è esperienza di verità, ricerca personale della verità per mezzo della sua continua sperimentazione con la propria stessa vita. Non c’è verità senza personale esperienza della verità e l’esperienza personale della verità è continua ricerca della verità, incessante sperimentazione della verità lungo tutto il cammino della vita. La verità umana non è una verità scientifica, ma è esperienza della verità, esperienza che non può non essere sempre personale, fatta in prima persona, benché per questo non certo soggettiva, individuale, arbitraria. È proprio nella singolare ricerca ed esperienza della verità che si incarna la verità nel suo profondo significato di alcunché di orientante e infinito, significativo e trascendente, sensato e ulteriore. L’esperienza personale della verità è sperimentazione della verità come inesauribile e trascendente, misteriosa e da ricercare, apertura e ri-velazione infinita.
Proprio per la stretta compenetrazione fra verità ed esperienza personale, quei pensatori che più si sono distinti non solo per elaborate teorie, ma anche nella loro condotta etica, in uno stile di vita e di pensiero assieme, risultano particolarmente veritieri e quindi degni di considerazione, ammirazione, emulazione. Un bel libro di un filosofo anch’egli sperimentale, Alberto Bosi, illustra con efficacia le biografie pensanti, e quindi a brevi tratti anche il pensiero, di alcuni intellettuali che negli ultimi due secoli hanno dimostrato una forte coerenza fra pensiero e azione nella difficoltosa realizzazione esperienziale di una condotta di vita “nonviolenta”, soprattutto in frangenti assai difficoltosi della realtà politica e sociale contemporanea. In Esperienze di verità (Gabrielli, pagine 272, euro 18) vengono presi a esempio la pensatrice francese Weil, attiva non solo nella speculazione filosofica e mistica, ma anche nel lavoro industriale operaio e nella guerra civile spagnola, il teologo tedesco Bonhoeffer, testimone di Cristo sino alla prigionia e all’impiccagione, l’indiano Krishnamurti, fautore di una rivoluzione interiore, Gandhi, grande testimone e teorico della nonviolenza, Lanza del Vasto, suo allievo italiano, critico della stessa civiltà delle macchine, Panikkar, cattolico, induista e buddhista a un tempo, e poi don Milani, Tolstoj, Thoureau, Schweitzer, Buber e altri ancora.
Bosi mostra bene come la grandezza di questi personaggi derivi dalla capacità di andare oltre se stessi, di trascendersi. Ciò non comporta necessariamente una fede religiosa, anzi, spesso l’assunzione dogmatica di una confessione religiosa conduce invece all’incapacità di oltrepassarsi, all’irrigidimento fanatico, quindi alla violenza contro sé e contro gli altri. Viceversa, troppo spesso l’apertura alle idee, culture e religioni altrui consiste soltanto in una superficiale tolleranza, priva di autentico interesse per le altre persone, di vero dialogo, di genuina ricerca della verità. La profonda motivazione della nonviolenza, frutto di una spiritualità dedita all’autotrascendimento nel pensiero e nell’azione, va ben oltre le mere dichiarazioni e le sole pratiche pacifiste, che nella dimensione orizzontale politica e sociale mai potranno non semplicemente fare a meno della forza, ma nemmeno spezzare internamente la violenza quale mezzo per fini presunti giusti. Qual è allora la vera potenza che alimenta la magnanimità dei grandi, la loro capacità di pensare e vivere nonviolentemente, nei confronti del prossimo e del lontano, degli uomini e degli altri esseri viventi, di ogni creatura naturale e persino ente mentale, realizzando sempre più un autentico pacifismo politico, umanitarismo sociale e ambientalismo naturale? È quella dimensione incarnata e trascendente assieme, sempre presente e sempre ancora da inseguire, per chi conosca i propri limiti eppure incessantemente cerchi di sbirciare oltre di essi nel mistero della vita. È la consapevolezza di derivare da qualcosa più grande di noi, che mai potremo dire o fissare definitivamente, ma sempre ancora inquieta il nostro animo, alimenta la nostra ricerca, induce a non prevaricare su nessun’altra realtà finita come la nostra, in un contegno non solo nonviolento, ma attivamente dialogico, per ascoltarne in una possibile polifonia il suono più segreto e l’infinita variegatezza delle creaturali melodie. È il ricercare senza fine, nei propri limiti e lambendone i confini, nonviolentemente, la verità in cui già da sempre siamo.