Agorà

In gara alla notte del cinema con "Non essere cattivo". L'Italia all'Oscar con la pietà di Caligari

Goffredo Fofi lunedì 28 settembre 2015
Non essere cattivo, il film postumo di Claudio Caligari, morto pochi mesi fa e autore solo di 3 film in più di trent'anni, è uno dei più belli e strazianti che si possano vedere di questi tempi.Bene hanno fatto a sceglierlo per rappresentare l'Italia agli Oscar nella sezione film in lingua straniera.Rifiutato dal concorso veneziano – dove, come altrove, tengono banco gli interessi della corporazione mondiale dello spettacolo e della comunicazione, importante economicamente (vi girano i miliardi e, come si dice, dà da mangiare a un sacco di gente) quanto socialmente, dal punto di vista della tranquillità di popolazioni che contribuisce a divertire, che aiuta a non pensare – Non essere cattivo è il ritratto di marginali che vivono di droghe, quelle vere non quelle mediatiche, e racconta di due giovani amici consumatori e spacciatori allo stesso tempo, a Ostia oggi, in una periferia che è d'uso dire degradata ma che non è la sola a esserlo: ambiente e personaggi che sono dunque di ognidove.La differenza con il cinema italiano corrente è abissale: Caligari sa di cosa parla e ama i suoi personaggi, non li tratta da scrittore o lettore dei quotidiani a grande diffusione, non vive di luoghi comuni e di sentito dire. Soprattutto conosce la loro pena e i loro rovelli, la protervia ma anche il dolore di chi sa che esser nati in quel preciso strato sociale vuol dire non più uscirne, che «la vita è dura e se non sei duro come la vita non vai avanti», che i soldi per sopravvivere se c'è una famiglia sono indispensabili e non sono molti i modi per averli. A entrare nella mente e nei sentimenti di questi disperati riescono solo quegli scrittori o registi che li conoscono bene e che gli vogliono bene. La pietà che muove Caligari si comunica allo spettatore, la sua volontà di capirli senza paternalismo e moralismo, è, mi pare, del più puro stampo cristiano, ed è anche questo a commuovere, a straziare.Il paragone con Accattone, un altro disperato film cristiano, viene spontaneo. Caligari lo sapeva, è da lì che è partito. Il mondo cambia, ma la somiglianza tra le storie e i personaggi di due film a distanza di più di mezzo secolo dà molto a pensare: nelle marginalità sociali, nelle periferie del mondo, tra i senza speranza e senza «sol dell'avvenire», poco è cambiato. E deve invece cambiare. E tra le poche cose che possiamo fare c'è quella di capire, cioè amare, chi la società ha respinto ai margini, i «cattivi» che sanno di «non essere cattivi». Come l'orso di peluche della bimba che nel film muore di Aids, come i due protagonisti e tanti del loro contorno.