Teatro. Nomadelfia ritorno a Milano
Milano-Nomadelfia andata e ritorno, a 65 anni di distanza. L’8 novembre 1949 don Zeno Saltini infiammava la platea del Lirico con uno dei suoi discorsi di rivoluzione evangelica; e il 2 aprile prossimo i «Ragazzi di don Zeno» riempiranno ancora il Teatro Nuovo di piazza San Babila con un impegnativo musical che ripercorre appunto la storia di Nomadelfia.È una bella rentrée, forse una rivincita: in quanto Milano, dopo essere stata cuore e cassaforte per lo sviluppo iniziale della cittadella maremmana, se n’era alquanto allontanata – anche in seguito ai travagli biografici ed ecclesiali del fondatore –, pur senza mai tagliare del tutto il cordone ombelicale (pochi sanno che Nomadelfia in questo mezzo secolo ha sempre mantenuto, grazie soprattutto alla «mamma di vocazione» Zaira, il suo pied à terre in un appartamento milanese). Ma certo, fra la grande metropoli del lavoro e dei danée e il villaggio agricolo in cui «la fraternità è legge», le premesse di reciproca contaminazione avrebbero fatto sperare in qualcosa di più.Siamo nel dopoguerra della ricostruzione, degli ideali di democrazia e delle avvisaglie di boom economico; Milano ne è capofila italiana, ma è pure la città della borghesia industriale cattolica, della finanza «bianca» e del famoso proverbiale coeur in man che batte sotto al portafogli. Padre David Maria Turoldo, friulano impetuoso fattosi ambrosiano negli anni della Resistenza, è tra le voci di pulpito più ascoltate da una cristianità che ambisce conciliare gli imperativi evangelici della carità con i benefici di un progresso che si fa sempre più affluente. È proprio il servita, che nel maggio 1948 ha conosciuto don Zeno nella sua primitiva sede di Carpi (Mo), ad esportarne gli ideali nel capoluogo della Madonnina; dalle predicazioni del frate-poeta alla domenicale e frequentatissima «messa della carità» in San Carlo al Corso comincia un flusso di offerte verso la fondazione emiliana che accoglie in modo del tutto nuovo i ragazzi orfani e sbandati della guerra.La contessa Maria Giovanna Albertoni Pirelli organizza un anno dopo un pullman per visitare l’ex campo fascista di Fossoli dove vivono i nomadelfi e l’impatto è talmente forte che quasi tutte le signore donano su due piedi i loro gioielli per aiutare l’iniziativa. La contessa «Nini», che era la primogenita della dinastia dei pneumatici ed era rimasta vedova molto giovane con 4 figlie (dirà poi che la creatura di don Zeno è «la mia quinta figlia»), diventa l’anima di un attivissimo Comitato pro Nomadelfia che nel primo anno raccoglie circa 80 milioni; assegni piovono da banche e Rotary club, il sacerdote emiliano viene ripetutamente invitato a parlare nel capoluogo, prima all’Angelicum, poi alla Cattolica.Fino alla grandiosa «Settimana di Nomadelfia» di novembre, con la partecipazione del sindaco Antonio Greppi e del cardinale Ildefonso Schuster (proclamato beato nel 1996), durante la quale appunto il fondatore riempie per due pomeriggi la platea del Lirico parlando dell’«Attualità sociale del cristianesimo», con risonanza enorme sui giornali anche grazie ad articoli firmati da calibri quali Luigi Santucci, Camilla Cederna, Domenico Porzio, Dino Buzzati... A coronamento il 13 novembre l’arcivescovo presiede in Duomo, davanti a 30.000 persone, la cerimonia di affidamento di 36 figli (in parte presi dal carcere minorile Beccaria) alle «mamme di vocazione», rito durante il quale pronuncia un elogio davvero inusitato: «Nomadelfia... è il ritorno dei cristiani allo spirito del Vangelo... (il resto) è cornice del cristianesimo».«Nomadelfia ha vinto Milano», titola un periodico. Si tenta addirittura la fondazione di una «succursale» della cittadella emiliana nel milanese, a Limbiate. Purtroppo però è il culmine da cui inizia una rapida discesa. Proprio in quei mesi, infatti, si avvia l’intricato movimento finanziario-politico che – partendo dalla pesantissima situazione debitoria della fondazione (la quale ormai ospita quasi mille persone e divora mezzo milione al giorno) e nonostante lo strenuo lavoro diplomatico compiuto a ogni livello dalla contessa Pirelli per scongiurare la fine – condurrà al fallimento economico e nel 1952 al decreto del Sant’Offizio in cui si intima a don Zeno di lasciare la sua creatura, che sarà commissariata (alla fine del 1953 il fondatore chiederà anzi la laicizzazione pro gratia, per poter più liberamente e senza coinvolgere la Chiesa rispondere alle istanze di pagamento che gli piovono addosso anche dai tribunali).In quel clima, lo stesso cardinale Schuster mostra di aver cambiato drasticamente opinione, visto che nel maggio 1952 pubblica una dura notificazione in cui accusa Nomadelfia di «occulto misticismo comunista» e conclude: «Noi riproviamo e condanniamo questo movimento»... Obbedendo prontamente all’arcivescovo il Comitato milanese si scioglie; ma proprio da Milano giunge una via di salvezza inattesa: ancora «Nini» Pirelli dona la sua tenuta di 280 ettari «Rosellana» nel grossetano a Nomadelfia, che così nel 1954 vi si può trasferire lasciando definitivamente Fossoli.I rapporti di don Zeno con Milano peraltro non s’interrompono del tutto (curioso ad esempio nel 1970 l’invito a tenere tre sere di preparazione alla Pasqua nella sede di Avvenire, occasione da cui scaturirà un esperimento di condivisione con don Luigi Giussani e Comunione e Liberazione: alcune famiglie cielline, una delle quali è rimasta sino ad oggi, si trasferiscono di lì a poco in Maremma), però l’utopia di gemellare la città del Vangelo con quella delle industrie, di sposare ideali e concretezza, è definitivamente caduta.Nel gennaio 1984 il cardinale Carlo Maria Martini si reca in visita a Nomadelfia, la quale ricambia nell’estate 1986 piantando per un mese il suo teatro-tenda al Monte Stella per spettacoli-testimonianza. In quell’occasione Martini sembra riallacciare i fili bruscamente interrotti, dichiarando: «Nomadelfia è una proposta di santità, un esempio di carità eroica che si deve realizzare anche nella nostra Chiesa diocesana». E forse sarà un caso, ma l’attuale arcivescovo Angelo Scola ha iniziato il suo ministero episcopale proprio a Grosseto.
L'evento. In scena i ragazzi di don Zeno. Approderà al Teatro Nuovo di Milano, in piazza San Babila, a due passi dal Duomo e dalla chiesa di San Carlo al Corso (la "casa" del servita padre David Maria Turoldo, grande amico di Nomadelfia), la commedia musicale «I ragazzi di don Zeno». In scena 87 suoi ragazzi di ieri e di oggi per raccontare il cammino dell’opera avviata dal grande sacerdote. Uno straordinario successo, sulla scia della fiction di Raiuno «L’uomo di Nomadelfia» che contribuì a far conoscere al grande pubblico la figura di don Zeno (foto a fianco). Scritto da Franca De Angelis e diretto da Anna Cianca, con le coreografie di Pierluigi Grison e Sarah Lewis, il musical andrà in scena al Nuovo il 2 aprile (ore 10.15 e 20.45) e il 3 aprile (ore 15.30 e 20.45). Ingresso libero, prenotazioni sul sito www.nomadelfia.it.