Agorà

Catherine Chanter. «Noi prigionieri dentro i muri

sabato 2 aprile 2016
DALL’INVIATO AVENEZIA Per colpa del suo primo romanzo, Il Pozzo (traduzione di Ada Arduini, Marsilio, pagine 414, euro 18,50), la poetessa inglese Catherine Chanter ha litigato con la figlia. «Mi ha accusata di aver raccontato una storia antifemminista – sorride –, ma non è così. Come nella vita, anche in un libro le donne possono compiere scelte sbagliate. Non c’è niente di strano né di ostile in questo». Accolto con grande interesse durante il dibattito a Incroci di civiltà, Il Pozzo rimane un romanzo singolare. Lo si può leggere come un thriller di alta classe (c’è di mezzo l’uccisione, in apparenza inspiegabile, di un bambino), ma a sostenerne la struttura è un’invenzione distopica molto inquietante nella sua quotidianità: che cosa accadrebbe se la siccità si impadronisse gradualmente della Gran Bretagna? «A dir la verità – precisa Catherine Chanter – l’ipotesi che più mi interessava era un’altra. Non tanto la penuria d’acqua, ma il fatto che in un luogo, e in quello soltanto, di acqua ce ne fosse in abbondanza. Il luogo è appunto il Pozzo, la tenuta di campagna in cui è ambientato il romanzo. E il pozzo è, in sé, un elemento fortemente simbolico, costruito com’è per andare in profondità. Nelle viscere della terra, ma anche dentro noi stessi». L’elemento spirituale ha un ruolo rilevante nella trama del libro. Attorno a Ruth, protagonista e narratrice, si riunisce un’irrequieta sorellanza esoterica, per la quale la singolarità del Pozzo è da considerarsi come un segno di elezione divina. «L’atteggiamento fideistico è una delle possibili soluzioni al dilemma che mi sono posta – argomenta l’autrice –. L’altra è rappresentata dalla rabbia di chi, al contrario, è disposto ad adoperare la violenza pur di tornare in possesso di un bene di cui si considera defraudato. La vera risposta, secondo me, consisterebbe nel fare appello alla propria responsabilità, cercando di comprendere come far fruttare al meglio ciò di cui si dispone. Altrimenti ci si arrende alla paura e la paura, di solito, induce a costruire muri dei quali si resta imprigionati». La figlia della scrittrice, in un certo senso, non ha tutti i torti: pur essendo fortemente segnato da presenze femminili, Il Pozzo affida a un personaggio maschile, il pastore anglicano Hugh, il compito di mediare tra egoismo e ossessione. «È vero, Hugh è portatore di una spiritualità limpida, basata sull’ascolto e non sull’imposizione. Il suo passaggio nel romanzo può sembrare rapido, ma Hugh è comunque capace di lasciare un segno. Ed è questo che, alla fine, davvero importa nella vita». A. Zacc. © RIPRODUZIONE RISERVATA «La vera spiritualità sta nel saper ascoltare, non nel volersi imporre» C. Chanter (G. Boato)