Anniversario. Nelle scelte di Mattei l'amicizia di La Pira
Enrico Mattei con Giorgio La Pira
Quando la sera del 27 ottobre 1962 il Morane-Saulnier MS.760 Paris I-SNAP, pilotato da Irnerio Bertuzzi, con a bordo Enrico Mattei, precipitò nelle campagne di Bascapé in fase di avvicinamento all’aeroporto di Milano-Linate, Giorgio La Pira pianse un amico. Enrico Mattei nel 1936 sposò la viennese Greta Paulas. Come ex partigiano cattolico e un passato nella Resistenza per liberare l’Italia dal nazi-fascismo, venne decorato dal generale americano Mark Clark con la Bronze star Medal per i suoi “atti di eroismo e di merito”. Da commissario straordinario dell’Agip, nominato il 28 aprile 1945 dal Comitato di Liberazione Nazionale (Cln), Mattei aveva avuto il coraggio di non liquidare l’azienda petrolifera e di rilanciarla rimettendo in piedi nel giro di quindici anni l’Eni e la Snam. Il “sindaco santo” di Firenze il 30 ottobre 1962 fu il primo ad arrivare, con largo anticipo, ai funerali di Stato che si celebrarono a Roma, nella Chiesa del Gesù, accanto all’edificio che allora ospitava la sede della Democrazia Cristiana. La Pira entrò, si inginocchiò e si mise a pregare. Qualche giorno dopo, il 1° novembre 1962, volò ad Algeri e ricordò per sempre l’episodio di alcuni giovani algerini che, fermandolo per strada e avendo riconosciuto la nazionalità italiana, richiamarono la figura di Mattei. Persone semplici che ricordarono a La Pira il grande contributo ricevuto da Mattei per lo sviluppo e l’indipendenza dell’Algeria dalla Francia: «Mattei ebbe il senso dello Stato, ma dello Stato nuovo; moderno, dello Stato che si adatta a questi grandi bisogni del genere umano – spiegò il professore nel 1968 in televisione in un’intervista conservata presso gli archivi dell’Eni - . Non lo Stato dell’Ottocento, ma lo Stato del Duemila. Quindi urtò certe norme, rompendo le quali, gli fu possibile fare quello che ha fatto». Prima operaio, poi aiutante chimico, infine, a soli vent’anni, era diventato direttore di laboratorio e grazie al miglioramento della posizione aziendale, nel 1926, era riuscito ad aprire un negozio di stoffe per la madre. Chiuderà nel 1929, in piena crisi economica mondiale. Mattei non si perse d’animo e a Milano aprì con la sorella e il fratello un piccolo laboratorio di oli emulsionanti per l’industria tessile. Nel 1934 fondò l’Industria chimica lombarda alle periferie della città. Un pragmatismo e una spregiudicatezza che lo accompagneranno per tutta la vita e che, molto probabilmente, qualche volta, avevano messo in imbarazzo lo stesso La Pira: «Era però una concretezza ispirata sempre da un’idea», diceva il primo cittadino fiorentino ricordando Mattei uomo di fede e di chiara coscienza cristiana. Nonostante in lui fosse vivo il senso del potere non gli mancavano scrupoli di coscienza morale e forse anche su questo fece leva La Pira quando gli telefonò per salvare la Pignone, una fabbrica nata alla fine dell’Ottocento come fonderia di ghisa che nel corso della Grande Guerra e del secondo conflitto mondiale aveva contribuito all’industria bellica per poi specializzarsi nel ramo della metalmeccanica. Nel gennaio 1953 il colosso tessile Snia Viscosa, dal 1946 proprietario della Pignone, comunicò l´intenzione di sospendere trecento lavoratori e licenziarne 120. Scattò un lungo braccio di ferro tra lavoratori e proprietà. Nonostante l’impegno dei sindacati, della politica e della Chiesa, la Snia annunciò la chiusura gettando nello sconforto decine di famiglie per via del licenziamento di 1.700 dipendenti. La vicenda della Pignone diventò un caso nazionale. Giorgio La Pira rivolse un appello al Parlamento e al governo dell’epoca, allora guidato da Giuseppe Pella, ottenendo per l’azienda in crisi un finanziamento di quattro miliardi di lire. Una “boccata d’ossigeno” per la Pignone. Purtroppo non bastò. Amintore Fanfani, allora ministro dell’Interno, toscano di Arezzo e amico di La Pira, si fece in quattro per la fabbrica, ma il salvataggio sembrava ormai compromesso. Il 17 novembre lo stabilimento venne occupato dagli operai preoccupati per la sorte delle loro famiglie. L’unica via da percorrere, per La Pira, era chiamare il presidente dell’Eni. Una telefonata storica, citata nei libri, nei film e in tanti saggi e articoli. Il sindaco di Firenze chiese a Mattei di «prendersi la Pignone». Il rifiuto di Mattei fu categorico. Cosa c’entrava la Pignone con il petrolio? Perché rilevare una fabbrica in condizioni disperate? Fu a quel punto che La Pira disse di aver sognato la Madonna per far ritornare sui suoi passi Mattei. L’appello di La Pira toccò il cuore di Mattei e in nome dello Spirito Santo convinse il metaniere marchigiano a far rilevare la fabbrica dall’Agip, dall’Agip Mineraria e dalla Snam, tre società controllate dall’Eni. il 9 Gennaio 1954 nacque la “Nuova Pignone” aprendo un’ulteriore pagina di storia industriale. Dopo il salvataggio dell’Eni di Mattei l’azienda triplicò l’occupazione e moltiplicò il fatturato fino ad arrivare a vendere i suoi prodotti in tutto il mondo. Il legame tra La Pira e Mattei si consolidò sempre di più. Nel 1958 i Colloqui Mediterranei fornirono a Mattei la possibilità di intraprendere rapporti con i partecipanti, dialogando con i Paesi arabi e africani inimicandosi le grandi compagnie petrolifere, le così dette “sette sorelle”, fino a raggiungere l’accordo con l’Unione Sovietica, in piena “guerra fredda”, nel 1960, per la fornitura di greggio. Due anni dopo il protagonista del “miracolo economico” italiano morì. Dopodomani, nel 60° esatto della morte di Mattei, la sua figura sarà commemorata a Matelica, a partire dalle 9.30.
Libri, film, miniserie e fumetti: una vita d'impatto mediatico
Biografie, romanzi, inchieste giornalistiche, documentari e fiction hanno avuto come protagonista Enrico Mattei. Italo Pietra in Mattei. La pecora nera (Sugarco, 1987) ne traccia il profilo: «Mattei aveva un debole, il debole di creare lavoro e di assicurare al lavoro italiano energia a buon mercato. Non andava per il sottile» scriveva l’ex sottotenente degli Alpini, poi partigiano, giornalista, inviato e infine direttore di “Il Giorno” dal 1960 al 1972, sottolineando che Mattei aveva consumato molte colpe ma le più «imperdonabili» erano quelle di «aver operato contro il cartello petrolifero, la destra economica, l’immobilismo centrista e aver dato vita, prospettive, spirito di bandiera a un’industria dello Stato». Un passaggio importante della vita di Mattei viene tracciata da Mario Pirani nella sua autobiografia Poteva andare peggio. Mezzo seco- lo di ragionevoli illusioni (Mondadori, 2010). Pirani, di origine ebrea, sfuggito ai rastrellamenti nazisti durante gli anni delle leggi razziali, aveva aderito al Pci e fu giornalista dell’Unità per poi iniziare la sua collaborazione con l’Eni ed essere testimone della “politica estera” di Mattei soprattutto in Africa. Immancabile nella biblioteca di casa Petrolio (Garzanti, 2022) di Pier Paolo Pasolini pubblicato da editori vari, così come Quando Mattei era l’impresa energetica (Hacca, 2008) di Giuseppe Accorinti e i numerosi libri su Mattei scritti da Nico Perrone tra i quali Enrico Mattei (Il Mulino, 2001). Più recente Il caso Mattei (Chiarelettere, 2020) del magistrato Vincenzo Calia, che come Pm ha condotto la terza inchiesta sulla morte del presidente Eni, e della giornalista Sabrina Pisu. Tra i film l’immancabile Il caso Mattei (1972) di Francesco Rosi con Gian Maria Volonté e la miniserie Tv Enrico Mattei. L’uomo che guardava al futuro (2009) di Giorgio Capitani con Massimo Ghini, ma anche La via del petrolio (1967), un film documentario diretto da Bernardo Bertolucci. Una storia raccontata anche attraverso graphic novel come Enrico Mattei. Vita, disavventure e morte di un cavaliere solitario (Becco Giallo, 2012) di Francesco Niccolini e Simone Cortesi e di recente anche i podcast online ascoltabili nell’archivio dell’Eni su archiviostorico. eni.com/.
Vincenzo Grienti