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Astrofisica. Nella Via Lattea c'è un corpo celeste misterioso

Davide Re giovedì 18 gennaio 2024

Il centro della via Lattea

Individuato un oggetto misterioso nella Via Lattea, la galassia a cui appartiene anche il nostro Sole. Sulla natura di questo corpo celeste per ora ci sono solo delle ipotesi, come per esempio la possibilità che si tratti di una via di mezzo tra una stella di neutroni e un buco nero o altro ancora. Insomma, i ricercatori non sono riusciti a classificarlo precisamente perché, oltre ad essere super-denso, ha una massa che non è mai stata riscontrata fino ad oggi: potrebbe trattarsi di una stella di neutroni incredibilmente massiccia o di un buco nero straordinariamente piccolo.

Sebbene la sua identità rimanga appunto del tutto sconosciuta, gli autori dello studio ritengono che l'oggetto misterioso potrebbe essersi formato in una precedente fusione tra due stelle di neutroni, frutto dell'ambiente stellare estremo che caratterizza il denso ammasso globulare in cui risiede. L'osservazione, l'analisi dei dati e le prime ipotesi esplicative sono state pubblicate sulla rivista Science da un team di astrofisici dell'Istituto tedesco Max Planck per la Radioastronomia di Bonn, studio al quale hanno contribuito anche l'Università di Bologna e l'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) di Bologna e di Cagliari.

Afferma Mays Fishbach su Science, commentando lo studio guidato da Ewan Barr e Arunima Dutta: “Indipendentemente dalla sua natura, la scoperta di un oggetto compatto con questa massa ha implicazioni affascinanti”. Il nuovo oggetto potrebbe, infatti, aiutare a gettare nuova luce sulla fisica, ancora non compresa appieno alla base della materia nucleare estremamente densa, delle esplosioni di supernovae e di altri fenomeni, come le fusioni di stelle di neutroni.

I ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti dal radiotelescopio MeerKAT, costituito da un insieme di 64 antenne localizzate in Africa subsahariana, una delle quattro strutture che entreranno a far parte del progetto Square Kilometre Array, il grande telescopio in costruzione in Australia e in Sudafrica per sondare lo spazio profondo.

Le nuove immagini del primo buco nero fotografato...

Ma le notizie di astrofisica non si concludono qui, anzi. C'è infatti una nuova foto di M87*, il primo buco nero a essere stato immortalato. L'ha ottenuta la stessa collaborazione scientifica internazionale Event Horizon Telescope, alla quale si è ora aggiunto il Greenland Telescope, e la nuova immagine presenta solo una lieve variazione nella luminosità: una stabilità che costituisce una conferma della teoria della relatività generale formulata da Albert Einstein.

Il risultato è pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics e della collaborazione Eht che l'ha ottenuto, fanno parte anche l'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) le università di Cagliari e Federico II di Napoli. La nuova immagine è il risultato delle osservazioni fatte nell'aprile 2018, ossia a un anno di distanza rispetto a quelle condotte nell'aprile 2017 e pubblicate nel 2019, con la prima foto di un buco nero. Gli strumenti aggiornati, osservano i ricercatori italiani, "ci offrono una visione della sorgente indipendente dalle prime osservazioni del 2017".

Una nuova foto del buco nero M87 conferma la Teoria della relatività generale di Albert Einstein - Ansa

Distante 55 anni luce dalla Terra, il buco nero M87* è il cuore della galassia gigante Messier 87 e la sua nuova immagine mostra un anello luminoso delle stesse dimensioni di quello osservato nel 2017, che circonda una profonda depressione centrale, la cosiddetta ombra del buco nero prevista dalla teoria della relatività generale; l'unica differenza è nello spostamento del picco di luminosità dell'anello, in linea con le attuali teorie sulla variabilità del materiale turbolento intorno ai buchi neri. "La conferma dell'anello in una serie di dati completamente nuova è un'enorme pietra miliare per la nostra collaborazione e una forte indicazione che stiamo osservando l'ombra di un buco nero e il materiale che orbita intorno a esso", osserva il coordinatore della ricerca Keiichi Asada, dell'Academia Sinica Institute for Astronomy and Astrophysics di Taiwan.

...e la scoperta di quello più antico mai osservato

Nelle scorse ore è stato anche scoperto il un buco nero che, con i 400 milioni di anni dopo il Big bang a cui risale, ovvero ben oltre 13 miliardi di anni fa, è il più antico mai osservato. La scoperta di un gruppo internazionale di astronomi guidato dall'Università di Cambridge, che ha utilizzato il James Webb Space Telescope della Nasa, è riportata sulla rivista Nature. "I risultati rappresentano un enorme balzo in avanti", dice Roberto Maiolino, del Cavendish Laboratory e del Kavli Institute of Cosmology di Cambridge e autore principale dello studio. Il fatto che questo buco nero sorprendentemente massiccio, qualche milione di volte la massa del Sole, esista già così presto nell'universo mette in discussione le nostre precedenti ipotesi su come si formano e crescono i buchi neri.

Gli astronomi ritengono che i buchi neri supermassicci che si trovano al centro di galassie come la Via Lattea siano cresciuti fino a raggiungere le dimensioni attuali nel corso di miliardi di anni. Ma, l'ampiezza di questo buco nero appena scoperto suggerisce che potrebbero formarsi in altri modi: potrebbero essere "nati grandi" o potrebbero mangiare materia a una velocità cinque volte superiore a quella che si pensava fosse possibile.

Secondo i modelli standard, i buchi neri supermassicci si formano dai resti di stelle morte, che collassano e possono formare un buco nero di massa cento volte superiore a quella del Sole. Se si sviluppasse nel modo previsto, questo buco nero appena individuato avrebbe dovuto impiegare circa un miliardo di anni per raggiungere le dimensioni osservate. Tuttavia, l'universo non aveva ancora un miliardo di anni quando è stato rilevato questo buco nero. "Insomma, è molto presto nell'universo per vedere un buco nero così massiccio, quindi dobbiamo considerare altri modi in cui potrebbero formarsi. Le primissime galassie erano estremamente ricche di gas, quindi sarebbero state un buffet per i buchi neri", conclude Maiolino.