Musica. Nello «Stabat Mater» jazz risuona il pianto delle madri
Il maestro Roberto Bonati e la cantante Diana Torto in "Stabat Mater" al Teatro Farnese di Parma
Parma rialza la testa e guarda al cielo. La capitale italiana della cultura 2020 frenata dal coronavirus, “benedice” la sua ripartenza con un inedito Stabat Mater – Declinazioni di un dolore tra jazz e musica contemporanea che ieri sera ha avuto la sua prima assoluta al Teatro Farnese nell’ambito del 25° ParmaJazz Frontiere. Il via del festival sabato sera con il concerto di Gianluigi Trovesi, Fulvio Maras & Orchestra Salmeggia per concludersi il 18 novembre.
Ma il cuore di Parma ha battuto più forte ieri sera per la nuova composizione di Roberto Bonati, compositore, contrabbassista, direttore d’orchestra e ideatore di ParmaJazz Frontiere, dedicato alle vittime del Covid–19. «Erano diversi anni che volevo dedicarmi alla composizione di un lavoro su questo meraviglioso testo di Jacopone da Todi – ci spiega il maestro durante le prove con la sua ParmaFrontiere Orchestra – L’occasione è stata data dai mesi che abbiamo vissuto: ho sentito il dovere di mettere in musica il dolore di tante persone. Del testo di Jacopone prendo le prime sei stanze che raccontano il dolore di Maria, il terribile dolore di una madre per la perdita del figlio, e l’ultima che è invece un’invocazione per il futuro, l’implorazione di raggiungere la gloria del Paradiso dopo la morte».
In un’ora e dieci di musica, le dissonanze e le armonie si fanno talora stridenti di chitarra elettrica e violino, talora evocative al vibrafono e dolci di sax e clarinetto ad accompagnare la limpida voce di Diana Torto, cantante di jazz dalle radici classiche, che dona a Maria una interpretazione composta e di rara eleganza. «Per me che sono mamma di una bambina di 10 anni interpretare queste parole dona un’emozione nel profondo dell’animo. È tosta» ci dice la cantante che, nel mezzo dell'opera, recita una litania popolare dedicata alla Madonna del parto, tratta da Nostalghia di Tarkovskij. «Ho voluto cercare di dipingere le varie sfumature di un dolore. Il dolore può essere nostalgico, ferocemente doloroso, con speranza, senza speranza» aggiunge il maestro Bonati, giá collaboratore di Giorgio Gaslini e Gianluigi Trovesi, formazione classica e una carriera tra la musica contemporanea, il jazz, la danza e anche il cinema.
«Per me è stato un lavoro di grande impegno – aggiunge – pensando che è stato musicato da alcuni dei più grandi musicisti della storia. Credo che il gregoriano sia quello che più compiutamente manifesti questo dolore. L’intenzione mia era di mettere a nudo il nucleo dell’opera con meno decorazioni possibile». Questa asciuttezza deriva anche da un’esperienza di dolore molto personale del maestro. «Mio figlio che oggi a 21 anni, 5 anni fa ha avuto un gravissimo incidente che lo ha lasciato sulla sedia a rotelle – si apre il compositore –. Io eseguendo questo Stabat Mater immagino che accanto a questa madre dolorosa ci sia anche un padre che ha sofferto. Certo, sul finale si intravede una luce, ma è una richiesta, una implorazione. L’ultima stanza è una sorta di canzone, ma la chiusa torna al tema iniziale dello Stabat Mater. Il dolore è umano». Per il maestro Bonati, è anche un fare i conti con la propria fede personale. «Io mi pongo da credente appassionato, ma la fede non è sempre dritta, è una ricerca come lo è tutta la nostra vita».
La ParmaFrontiere Orchestra diretta dal maestro Bonati al Teatro Farnese di Parma nel suo "Stabat Mater" - Foto Roberto Morelli
Lo Stabat Mater del 2020 si apre con una umbratile e lunga intro jazz cinematografica per poi lasciare spazio al lamento alto di Maria. «Quest’opera raccoglie le diverse esperienze che hanno traversato la mia carriera musicale – aggiunge il compositore – Ci sono il jazz, la musica classica europea, la musica contemporanea, la musica popolare. Cerco di fare una sintesi e di dare una visione personale ». Uno Stabat Mater che non ti aspetti, con parti di improvvisazione collettiva e su alcune strutture che accellerano il dramma che sta avvenendo sul Calvario con un finale dalla dolcezza che resta nell’animo. A mettercela tutta con entusiasmo 10 dei 15 componenti dell’Orchestra ParmaFrontiere nata nel 1998, 4 dischi alle spalle ma che per problemi di budget non si riuniva da 5 anni. «Ci sono musicisti esclusivamente classici e altri esclusivamente jazz: cerco di tenere insieme queste due anime in modo che ognuno si trovi a casa sua. Con questo nuovo lavoro, che registriamo in disco dal vivo al Teatro Farnese, si spera di avviare un nuovo ciclo produttivo» aggiunge Bonati che è riuscito a proporre, nonostante le difficoltà, un programma ricco per la 25ª edizione del festival. «Questo è un punto di incontro fra tradizione e nuove produzioni – spiega– . Il momento è difficile per i musicisti. Comunque da Parma capitale della cultura italiana cerchiamo di dare un bel segnale ». E si pensa già all’anno prossimo: «Verrà presentato a ParmaJazz 2021 La folla dell’oca, un mio lavoro sul tempo basato su testi che vanno da sant’Agostino a Marco Aurelio».