Cinema. Eddie Murphy: «Dopo 33 anni torno con il mio film all black»
Arsenio Hall ed Eddie Murphy nel nuovo film “Il principe cerca figlio”, sequel del cult “Il principe cerca moglie” del 1988
Nel 1988 Eddie Murphy, ovvero il principe Akeem, erede al trono del colorato regno africano di Zamunda, sbarcava a New York, nel Queens, sotto le mentite spoglie di uno squattrinato studente, perché solo tra quelle strade, stando ai suggerimenti del suo fidato consigliere Semmi – tratto però in inganno dal nome del quartiere, che non era affatto un vivaio di regine – avrebbe potuto trovare l’anima gemella, una giovane donna di cui innamorarsi e da sposare al posto della servile principessa scelta dai genitori per ragioni di stato. All’epoca di Il principe cerca moglie, commedia diretta da John Landis e diventata un vero e proprio fenomeno culturale con un successo al box office di oltre 288 milioni di dollari in tutto il mondo, distribuita in ben 25 lingue,
Murphy era già all’apice del successo: lo avevamo incontrato per la prima volta al fianco di Nick Nolte nel poliziesco 48 ore di Walter Hill, poi nella commedia di culto Una poltrona per due diretta sempre da Landis in cui recitava al fianco di Dan Aykroyd, per ritrovarlo poi nella divisa del poliziotto più eccentrico e famoso d’America, Axel Foley, insofferente alle regole e protagonista della trilogia Beverly Hills Cop -Un piedipiatti a Beverly Hills, inaugurata nel 1984 da Martin Brest. Senza dimenticare Il bambino d’oro di Michael Ritchie in cui l’attore, nel ruolo di un investigatore privato, andava in Tibet alla ricerca di un giovanissimo monaco buddista dotato di straordinari poteri.
Divenuto dunque icona del cinema anni Ottanta e considerato uno dei migliori comici della sua generazione, Murphy, 60 anni il prossimo 3 aprile, 41 anni di carriera alle spalle e padre di dieci figli, è poi diventato il “professore matto” in un’altra celebre serie che guardava a Jerry Lewis e il Dottor Dolittle, capace di parlare con gli animali, prima di ricomparire in Dreamgirls, musical ispirato alla vita e alla carriera delle Supremes, e poi in film che non hanno lasciato molte tracce, come Norbit, L’asilo dei papà e Una bugia di troppo. Pesci fuor d’acqua: sono spesso questi i personaggi interpretati da Eddie Murphy – un principe in un quartiere povero di New York, un barbone a Wall Street, un criminale tra le forze dell’ordine – che, costretti a cavarsela in un mondo a loro estraneo se non addirittura ostile, mettono in moto meccanismi di comicità infallibili.
Lo stesso che regola anche l’atteso ritorno del principe Akeem sullo schermo con la commedia Il principe cerca figlio, diretta da Craig Brewer e su Amazon Prime Video in tutto il mondo dal 5 marzo. Un sequel che riunisce il cast originario – tra cui James Earl Jones, Shari Headley, Arsenio Hall, John Amos, Louie Anderson – al quale si aggiungono Weasley Snipes, Leslie Jones, Tracy Morgan, Jermaine Fowler, Rotimi, KiKi Layne, Nomzamo Mbatha, Teyana Taylor e Bella Murphy, figlia di Eddie. In questa nuova avventura il principe Akeem, all’indomani della morte del padre, è stato incoronato re di Za- munda, ma le leggi del regno non consentono che il trono possa essere ereditato dalle principesse e il nuovo re ha tre figlie, una delle quali potrebbe andare in sposa al giovane e inetto figlio dell’ambizioso Generale Izzi. Quando il re viene però a sapere di avere un figlio illegittimo a New York, torna con il suo fedele Semmi nella Grande Mela, dove tutto è cominciato, per conoscere il ragazzo, portarlo a Zamunda e prepararlo al futuro ruolo di sovrano.
Ma sul giovane erede, cresciuto in una famiglia modesta e per nulla avvezza al galateo, c’è molto, moltissimo da lavorare. Non vi racconteremo il finale, naturalmente, ma possiamo dirvi che l’illuminato Akeem saprà dare una forte scossa alle tradizioni locali in nome della parità di genere. Il pesce fuor d’acqua diventa dunque il giovane Lavelle alle prese con le rigide regole di un protocollo reale che prevede anche il matrimonio con una principessa, bellissima ma troppo remissiva per i gusti del ragazzo. Insofferente alle regole, proprio come suo padre, Lavelle si innamora di una giovane di origini ben più umili e per stare con lei è disposto anche a tornare nella sua modesta abitazione del Queens e rinunciare all’improvvisa ricchezza piovutagli dal cielo africano.
Murphy fa dunque un passo indietro per lasciare più spazio al nuovo principe ribelle, senza rinunciare però a gag e tormentoni che avevano reso celebre e amatissima la puntata precedente. «Ci sono voluti cinque anni e tre versioni di sceneggiatura per arrivare al risultato finale – ci ha raccontato Murphy –, ma alla fine ce l’abbiamo fatta a riportare tutti sullo schermo e a ricollegarci al punto dove eravamo rimasti nel 1988. Il principe cerca moglie è stato il primo film con un cast interamente afroamericano ad avere successo in tutto il mondo. Perché è piaciuto a tutti al punto da diventare un cult che la gente guarda e riguarda ogni Natale? Perché ancora oggi le persone continuano a vestirsi con i costumi del film recitando a memoria battute e dialoghi dei personaggi? Perché si parla di famiglia e amicizia, amore e tradizioni, della necessità di fare la cosa giusta. Perché per la prima volta si vedevano re e regine con la pelle nera, avvolti in sontuosi e coloratissimi costumi. Si trattava di una favola popolata di personaggi con cui tutti possono identificarsi. Lo stesso vale per Il principe cerca figlio, che continua a puntare su temi senza tempo, come il desiderio di essere amati per ciò che siamo».
E se anche Bella Murphy ricorda come a 10 anni fosse stata abbagliata da quelle immagini che restituivano i fasti di una corte “all black”, mai vista prima sullo schermo, Eddie un po’ provocatoriamente aggiunge: «Forse è proprio questo il modo migliore per far arrivare film totalmente afroamericani a un’audience vastissima, suscitando l’attenzione anche riguardo a questioni rilevanti per i nostri tempi, come quella della parità e dell’uguaglianza: affrontare temi universali attraverso una narrazione accessibile a tutti, e non raccontare solo drammatici problemi sociali in film che finiscono per essere destinati a delle nicchie di pubblico».