Il dibattito. Mozart massone? Ma... soprattutto cattolico
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Divide e appassiona ancora gli studiosi e i cultori di musica la doppia “identità” del genio austriaco A confronto le tesi di due esperti: il teologo “artista” austriaco Peter Tschuggnall e la musicologa Lidia Bramani, a lungo collaboratrice del celebre direttore Claudio Abbado.
Il teologo “artista” Tschuggnall: la fede di Mozart? Era sincera: basta ascoltare l’“Ave Verum Corpus”
La musica di Mozart è lo specchio della sua fede cattolica? «Forse una risposta può arrivare ascoltando il suo celebre mottetto Ave Verum Corpus. È una delle poche composizioni scritte di sua iniziativa, senza che gli venisse commissionata. Quasi certamente era dedicata all’amico e direttore del coro Anton Stoll e Mozart la ideò in occasione della solennità del Corpus Domini nel 1791». Peter Tschuggnall, docente di scienze socioculturali all’Università di Innsbruck, racconta il genio di Salisburgo a cui ha dedicato il volume Mozart und die Religion (“Mozart e la religione”). E torna su una delle questioni che ancora è tema di accese discussioni: l’enfant prodige austriaco era cattolico o massone? Appartenenze oggi inconciliabili. «Come notava il biografo del maestro, Alfred Einstein, non era inusuale nella seconda metà del Settecento essere cattolici e far parte di una loggia», afferma lo studioso con un passato da professore alla Facoltà teologica di Innsbruck. Fulcro del suo impegno è il filone di ricerca che lui stesso ha ribattezzato Theo-art Comparative. Perché unisce teologia, arte e letteratura.
Il teologo “artista” austriaco Peter Tschuggnall - Avvenire
Professore, Mozart era un cattolico convinto? Già il nome Amadeus significa «colui che ama Dio». E l’epistolario testimonia la sua fede.
Esiste una così ampia quantità di lettere di Mozart che ha pochi equivalenti in altri artisti. Esse ci mostrano il suo volto pubblico ma anche quello privato. E fra i molti aspetti che emergono c’è la dimensione religiosa. Wolfgang Amadeus era stato battezzato nella Cattedrale di Salisburgo appena dopo la nascita avvenuta nel 1756. E come suo precettore spirituale, oltre che come insegnante di musica, aveva il padre Leopold che era molto severo e coerente. Ad esempio invitava continuamente il figlio a ricevere i sacramenti e a osservare i precetti della Chiesa. Non mancarono le incomprensioni con l’arci- vescovo di Salisburgo, Geronimo di Colloredo, che considerava Mozart alla stregua di un dipendente: era l’organista di corte. Eppure si deve agli anni salisburghesi la maggioranza dei suoi capolavori sacri: messe, cantate, litanie, vespri, sonate.
Ma negli anni a Vienna, dal 1781 fino alla morte giunta a 35 anni, ha scritto anche la Messa in Do minore, la cantata Davide penitente, l’Ave Verum Corpus e poi il Requiem rimasto incompiuto.
La Grande Messa è frutto di un voto fatto da Mozart stesso: la futura moglie Constanze era malata e Amadeus desiderava condurla a Salisburgo, una volta sposata, per farla conoscere al padre che si opponeva al matrimonio. È un’o- pera incompiuta. Ma ha una libertà che deriva dall’assenza di vincoli stilistici imposti da un mecenate. Il Requiem, invece, gli fu chiesto da Franz Graf von Walsegg dopo la morte della moglie probabilmente nella primavera del 1791. Prima di terminarla, Mozart si ammalò e morì il 5 dicembre 1791. La questione dell’ultimo respiro di un uomo era ricorrente nella mente di Amadeus. Nel 1787, scrivendo al padre malato, gli aveva confidato che ogni giorno, prima di addormentarsi, pensava alla morte ma non la temeva. E ringraziava Dio di avergli concesso di vedere la morte come chiave di sincera beatitudine. Una visione, la sua, influenzata sicuramente dalle Scritture. «Dio è per noi rifugio e forza», dice il Salmo 46. Nel luglio 1765 a Londra Mozart l’aveva messo in musica nel mottetto intitolato appunto God is our refuge.
Il monumento a Mozart a Vienna - Avvenire
Perché la scelta di entrare nella massoneria?
Per avere una cerchia di amici nella Vienna dell’imperatore Giuseppe II, molto favorevole alla presenza delle logge. E poi per avere finanziatori, sostenitori. Non è un segreto che molti degli amici della Libera Muratoria lo abbiano salvato più volte dai debiti da gioco.
Alcune delle sue opere liriche come Le Nozze di Figaro o Il flauto magico sono massoniche? O solo condite di umorismo?
La prima è un’opera buffa che si basa su una commedia di Beaumarchais e ha al centro il contrasto tra l’aristocrazia e la borghesia. Il flauto magico è un “mixtum unico” sia per l’approccio musicale, sia per le fonti letterarie. Sarebbe assurdo negare alcuni elementi massonici tra cui le arie di Sarastro e il simbolismo numerico. Ma vanno tenuti ben presenti gli aspetti ludici e favolistici. Comunque, si tratta di un’«opera aperta», direbbe Umberto Eco.
Papi e teologi amano Mozart. La sua musica rivela la “voce” di Dio?
Rispondo che è un “mistero”. Da Hans Urs von Balthasar a Joseph Ratzinger, sono molti i fan delle sue composizioni. Il protestante Karl Barth scriveva che gli angeli, quando in cielo rendono lode a Dio, suonano Bach, ma quando si trovano fra loro preferiscono Mozart. Appassionato del genio austriaco era anche Sören Kierkegaard che si considerava «autore religioso». Aggiungo che nel 1985, per la festa dei santi Pietro e Paolo, Giovanni Paolo II volle che la Wiener Philharmoniker eseguisse nella Basilica Vaticana la Messa dell’incoronazione di Mozart diretta da Herbert von Karajan.
La musicologa Bramani: «Un illuminista con tratti spirituali»
«Mozart era cattolico e massone, senza ombra di dubbio». Lidia Bramani guarda più secondo al aggettivo che al primo. La musicologa, a lungo collaboratrice di Claudio Abbado, ha indagato e continua ad indagare il legame fra la Libera Muratoria e il genio di Salisburgo. Dopo il suo libro Mozart massone e rivoluzionario, pubblica adesso il volume Le Nozze di Figaro: Mozart massone e illuminista (Il Saggiatore; pagine 448, euro 38), in cui partendo dal celebre capolavoro ne amplifica i rapporti con le logge viennesi e tedesche.
La musicologa Lidia Bramani - Archivio
Mozart non era un santo. Ma dal suo epistolario emerge che era un credente sincero. Si legge tra l’altro: «Amici che non hanno religione, non sono amici durevoli».
Vero, ebbe sempre una visione profondamente spirituale della vita anche quando, a Vienna, tra il 1781 e il 1791, si fece ancor più critico verso l’integralismo religioso, compreso quello cattolico. Ma l’epistolario, anche nel periodo precedente, è ricolmo, accanto a sincere attestazioni di fede, di termini spregiativi come «pretaccio» o «bigotto». Analizzando Le Nozze di Figaro risulta evidente come ogni scelta musicale e drammaturgica restituisca un sublime umanesimo sacrale, fondante per la nostra migliore contemporaneità europea. Se Mozart non era un santo, era altruista e generoso, qualità sulle quali s’incentra il discorso funebre massonico per la sua morte. E per quanto riguarda la sua dissolutezza ci sono infinite illazioni, ma non uno straccio di prova, benché sembri infastidire gli adepti del suo mito distorto: infatti, era libertario, sì, ma per nulla libertino.
Perché si vuole fare di Mozart un’icona della massoneria? La sua affiliazione non era dovuta alla necessità di trovare amici potenti, compresa la prossimità all’imperatore?
Mozart era partecipe degli ideali massonici, illuministi, fattivamente riformisti, rivolti al superamento delle ingiustizie sociali di cui si faceva portavoce il cattolicissimo, e da lui amatissimo, «rivoluzionario coronato» Giuseppe II. Forse non si conosce che cosa fosse la massoneria settecentesca, questo è il vero problema. La si scambia con il termine usato oggi per le sette deviate. E a scuola poco si studiano le conquiste sociali di quel mondo viennese aperto a islam, buddismo, protestantesimo, anglicanesimo, ebraismo, ateismo, ma di cui la maggior parte dei membri era cattolica. Cristianesimo e giacobinismo, a quell’epoca e in quel contesto, non erano distanti, fatto salvo il rifiuto della violenza fisica e ideologica.
È stato il bisogno economico a spingere Mozart verso la massoneria?
Assolutamente no. Lo comprovano il manifesto imbarazzo e le reiterate scuse che accompagnarono, negli ultimi anni della sua vita, le richieste di sostegno finanziario al Fratello Puchberg, il quale lo sosterrà solo in parte. E si trattava comunque di prestito, non di fondo a perdere. Questa è una delle falsificazioni più diffuse, anche se non nell’ambito musicologico alto per fortuna. I soldi raccolti dalle logge venivano investiti in progetti di supporto alle fasce deboli. Tutt’al più il sostegno poteva essere artistico, ma riguardava in generale i cenacoli culturali.
"Le Nozze di Figaro" al Teatro alla Scala di Milano nel 2016 - Teatro alla Scala
Le Nozze di Figaro sono un manifesto massonico? O soltanto “divertissement” senza retroterra ideologico?
Ritengo che Mozart fosse consapevole e partecipe del suo tempo. In modo profondo, commovente e profuso nella sua scrittura fino a determinarne il senso. Per questo Le Nozze di Figaro rappresentano uno dei più straordinari manifesti umanistici. Per di più, appartengono al periodo di massimo entusiasmo dell’illuminismo massonico viennese, mentre Il flauto magico ne condensa gli ideali in una fase di crisi dovuta ai contraccolpi della Rivoluzione Francese, quando gli antichi nemici del defunto Giuseppe II riuscirono a minarne le riforme egualitarie e garantiste.
Nelle Nozze di Figaro emerge un’attenzione alla donna che già Mozart evidenzia nelle sue lettere.
Non c’è una sola espressione sminuente verso le donne. Del resto, era nello spirito dell’intellighenzia cui Mozart apparteneva. Basti ricordare che nella sua biblioteca spiccava Percy della fervente anglicana, antischiavista, protofemminista Hannah More. Nell’analisi delle Nozze di Figaro individuo il ruolo trainante delle voci femminili, la prioritaria funzione drammaturgica, esistenziale, psicologica delle loro figure, dove svetta il consapevole e fiero perdono della Contessa, emblema della più alta umanità. Susanna e la padrona guidano trama e intenti, accompagnate dall’anziana Marcellina, per la quale Mozart scrive un’aria articolata e dall’andamento barocco, su parole che s’ispirano al Quinto Canto dell’Orlando Furioso, in cui Ariosto si scaglia contro il femminicidio. Inoltre l’epistolario mozartiano trasuda lodi verso colleghe e allieve, trattate alla pari. Forse più di oggi.