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INTERVISTA. Morricone: la mia musica darà voce ai «sommersi»

Paolo Lambruschi sabato 19 ottobre 2013
Vedere e toccare la croce fatta con il legno dei barconi naufragati a Lampedusa ha fatto nascere l’ispirazione. Quella croce donata anche a due Papi, Benedetto e Francesco, non ha lasciato indifferente un grande artista come Ennio Morricone, classe 1928, il più famoso compositore del mondo, che durante la sua lunga e gloriosa carriera ha scritto musiche per teatro, radio, televisione e cinema. E che si è commosso ripensando al naufragio del 3 ottobre scorso e a tutti i viaggi della speranza che negli ultimi 20 anni hanno trasformato il Mediterraneo in un’immensa fossa comune liquida per almeno 20 mila persone in fuga da guerre, persecuzioni e miseria. Che cercavano in Europa un futuro e una speranza e invece hanno trovato la morte. D’impulso ha deciso che occorreva dar voce a vittime che una voce in vita loro non l’hanno mai avuta. E onorane la memoria. Molti morti non hanno nemmeno un nome, le famiglie disperse per il globo non hanno un posto dove piangerli. È nata così, nella sua casa romana, dopo un incontro con Arnoldo Mosca Mondadori –  giovane e sensibile presidente del Conservatorio di Milano – la musica della "Voce dei sommersi", una partitura di cinque minuti e mezzo che Ennio Morricone ha composto di getto e orchestrato e che arriverà martedi a Milano, alla fondazione "Casa dello spirito e delle arti". Verrà ascoltata per la prima volta in pubblico alle 21,30 di sabato 2 novembre nella chiesa milanese di Santa Maria Incoronata. >>> ASCOLTA LA MUSICA DI MORRICONE PER LAMPEDUSAMaestro, cosa l’ha colpita umanamente della vicenda di Lampedusa?La disperazione che costringe queste persone a fuggire e a non fermarsi neppure davanti al rischio di morire. Giovani uomini, donne, bambini: una disperazione immensa e senza voce. Tutte le tragedie di Lampedusa sono mute, nessuno ce le ha raccontate. Abbiamo visto le bare, ma sappiamo poco o nulla della vita di questi profughi che arrivano dalla costa libica, tunisina o egiziana e che, a loro volta, sono fuggiti da guerre, persecuzioni e sofferenze in altri paesi.Dunque è il desiderio di rompere il silenzio che l’ha spinta a scrivere la "Voce dei sommersi"?Si, a Milano un gruppo di persone il prossimo 2 novembre ricorderà le vittime e ho voluto comporre una musica per dare il mio contributo. All’inizio volevo chiamarlo "cantico" dei sommersi. Ma chi è morto non può cantare, dobbiamo onorarne la memoria. È una musica che ho cominciato a sentire quando ho visto la croce di legno. Una musica molto triste, che vuole restituire almeno per un attimo la voce a tutti coloro che giacciono in fondo al mare Mediterraneo, a tutte le vittime di queste tragedie dell’immigrazione. Una croce di legno come quella che lei ha ricevuto è stata donata anche a papa Francesco prima della sua visita a Lampedusa. Molti credono che quella visita a luglio abbia cambiato qualcosa, lei che ne pensa?La mia ammirazione per questo Papa è cresciuta ancor di più dopo quella visita. Non so se qualcosa sia cambiato, ma condivido le parole di condanna dell’indifferenza dell’Occidente durante la sua visita e quel "vergogna" pronunciato dopo la tragedia del 3 ottobre. È stata una scossa. Ho letto con grande interesse la sua intervista sulla Civiltà cattolica e il dialogo con Eugenio Scalfari. Mi affascina la sua capacità di dialogare.Cosa si può fare per evitare queste tragedie del mare?Approvo la decisione del governo italiano di avviare un pattugliamento con navi e aerei nel Mediterraneo. Almeno possiamo individuare i profughi sulle carrette e salvare le loro vite accompagnandoli nei nostri porti.   La musica può contribuire a scuotere le coscienze europee troppo indifferenti?No, la musica può dare solo emozioni. Mi basta che si riesca per pochi istanti a ricordare i morti, i sommersi, creando un legame tra l’Africa dalla quale sono partiti e l’Europa dove non sono mai arrivati.