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La storia. Monsieur Cheval, il postino che costruì il palazzo dei sogni

NAZARENO GIUSTI venerdì 12 agosto 2016

C’era una volta un uomo che costruì il suo castello. Da solo, pietra su pietra, con la fatica e il sudore, per lunghi anni. Sembra una favola ma è tutto vero. E il Palais Ideal, con i suoi 350 metri quadrati, i suoi 26 metri di lunghezza e 14 di larghezza, è lì a dimostrarlo. Per ammirarlo basta andare nel sud-est della Francia, ad Hauterives, un paesino della regione della Drôme. Lo strano edificio è meta di un incessante pellegrinaggio di curiosi durante tutto l’anno. A realizzarlo è stato Ferdinad Cheval, un postino che alla fine dell’Ottocento lo aveva immaginato nelle sfiancanti giornate lavorative. Tutti i giorni trenta chilometri, andata e ritorno, estate e inverno.

 

E così mentre camminava, , il postino Cheval, pensava, immaginava, 'costruiva' il suo palazzo dei sogni. Poi le fatiche, i problemi, gli anni che passano, glielo fecero dimenticare. Vita dura, quella di monsieur Cheval, prima panettiere e poi portalettere, piena di fatiche e, soprattutto, di lutti: a 11 anni perde la madre, a 19 il padre, a 24 anni il primo figlio, a 37 la prima moglie, per limitarsi solo ad alcuni. Poi, un giorno qualsiasi (siamo nel 1879), incespica su una pietra. Si rialza e osserva la strana pietra dalla forma bizzarra: una molassa. In lui scatta un’idea: se la natura fa una cosa così bella, perché non può farla lui? E gli torna in mente il suo palazzo.

 

Da quel giorno durante le sue estenuanti giornate lavorative ammucchia pietre ai lati delle strade che poi recupera la notte. Nel paese le voci iniziano a girare su quel postino mezzo pazzo, che scriverà nella sua autobiografia: «Mi davo dell’insensato, del ridicolo, non ero muratore, non avevo mai toccato una cazzuola; né scultore, non conoscevo lo scalpello; quantomeno architetto». Però lavora e lo farà per trentatré anni. È una storia tremendamente affascinante quella del postino francese che ricorda, se pur lontanamente, quella di un altro sognatore: il Fitzcarraldo dell’omonimo film di Werner Herzog, lo stralunato e fallito personaggio (interpretato magnificamente da Klaus Kinski) che voleva costruire un grande Teatro dell’Opera a Iquitos, piccolo villaggio amazzonico, per farvi esibire Enrico Caruso e che per farlo cerca di far passare da una montagna una nave a vapore? Ecco, nel film Claudia Cardinale dice: «Chi sogna può muovere le montagne». Una frase calzante anche per la storia del postino francese. «Gli artisti e gli intellettuali che hanno amato questo personaggio – ci spiega lo scrittore Alessandro Trasciatti – hanno tutti fama internazionale: Pablo Picasso, Max Ernst, André Breton. Cheval ebbe la fortuna di vedere il successo del suo lavoro realizzato in vita: iniziarono a uscire articoli, la notizia si sparse per tutta la Francia, e lui economizzò la sua creatura tanto da far pagare un biglietto ai curiosi (e numerosi) visitatori».

 

Trasciatti, ironia del destino (o della provvidenza?) ha fatto, per sette anni, il postino a Lucca. A suo modo anche lui è uno Cheval-Fitzcarraldo: nel 2007 ha creato i Libratti una collana di letteratura economica illustrata, un’utopia editoriale nata dal niente e destinata, purtroppo, a tornarci ma che ha fatto in tempo a sfornare un pugno di veri gioiellini. Nel 2014 ha pubblicato Avevo costruito un sogno. Storie e fatiche di un postino artista edito da Ediesse. Chi meglio di Trasciatti poteva guidarci nel Palazzo del postino?... «Questo – spiega – è il palazzo più bizzarro del mondo. Ci sono cunicoli, grotte, nicchie, c’è una galleria che lo attraversa da parte a parte, una grande terrazza, ma non c’è una sola stanza all’interno. È un palazzo assolutamente inabitabile. Somiglia a tante cose: un tempio indù, ma anche un ninfeo barocco, una cattedrale, uno scoglio... ».

 

Qualcuno ha definito il postinoartista «un Gaudì di provincia» avanzando l’ipotesi che si sia ispirato alla Sagrada Familia ma, in realtà, non ne sapeva niente e poi Gaudì iniziò il suo lavoro nel 1882. «Anche se – precisa Trasciatti –, c’è un aria di famiglia tra queste due costruzioni. Anche se non sono paragonabili per dimensioni: alta fino a 115 metri la Sagrada Famillia, non più di 12 il Palais». La prima cosa che costruì il facteur Cheval fu una vasca con una piccola cascata nominata Sorgente di Vita, «un modo per esprimere gratitudine al Creatore», come spiegherà. «Poi – continua Trasciatti – un omaggio a sant’Amedeo di Hauterives che seguì le orme del padre, signore di quelle terre, entrando in convento, sotto la guida di san Bernardo. Fu un esempio di discernimento e Cheval gli dedicò una seconda cascata, intitolata Sorgente di Saggezza». Poi tre colossi di dieci metri di altezza, delle specie di 'numi'. «Il primo – dice Trasciatti – rappresenta Vercingetorige, simbolo di attaccamento alla patria, lui che riunì tutte le tribù della Gallia. Il secondo è Cesare, un grande condottiero. L’ultimo è Archimede, immagine dell’ingegno e dell’intelletto. 

Accanto ai tre giganti, un tempio indù che è difficile da spiegare, si può dire che rappresenti il sogno esotico, la fascinazione dell’Altrove. E a proposito di Altrove, Cheval voleva essere sepolto all’interno della sua creatura, ma il comune non gli dette il permesso, così pensò bene di costruirsi una tomba degna di lui nel cimitero comunale. Ci impiegò otto anni e il risultato è sorprendente, un altro piccolo palazzo stracarico di motivi vegetali: la Tomba del Silenzio e del Riposo senza Fine».