Calcio. Mondiali. Il tifo in curva è delle donne
Donne nel pallone, ovvero donne che amano il calcio e che lo seguono, anche quotidianamente (specie nell’era del “calcio spezzatino”, partite tutti i giorni e a tutte le ore), con la stessa intensità e la febbrile passione degli uomini. Così, la partita sta diventando un po’ meno “maschia” in campo, e soprattutto sugli spalti. La conferma la trovate in Tifose. Le donne nel calcio, il bellissimo affresco a tinte rosa di Marta Elena Casanova. Giornalista, per riviste di moda - scrive di libri e di arte - , la Casanova è stata folgorata dal calcio sulla via di Marassi, ai tempi della Sampdoria campione d’Italia - stagione 1990-’91- dei “gemelli” Mancini & Vialli. E come ogni vera tifosa che si rispetti, è rimasta fedele alla sua squadra del cuore in cui il tifo al femminile sfiora la maggioranza del popolo blucerchiato.
«Ho scoperto infatti di far parte di una tifoseria che pare composta per il 48% da donne. Incredibile? Non proprio», scrive l’autrice che compie un viaggio temporale e geografico a partire dalla nostra Repubblica fondata sul pallone per verificare un fenomeno in «crescita costante», su scala planetaria, quello delle donne per il quale il calcio è assurto a “seconda religione”. Un’ascesa delle fedelissime che da noi è cominciata a Torino, sponda Juventus, negli anni ’20 del secolo scorso, con le «Socio-patronesse», come Mary Dalmazzo, una delle prime, rare, tifose bianconere. Le nonne delle “First Ladies” juventine, nate nel 1990, quando già da vent’anni era attivo il primo gruppo di tifose organizzate: il Milan Club Femminile Stella di Saronno, fondato il 5 febbraio (giorno di sant’Agata, protettrice delle donne e delle mamme) del 1971. Un punto di riferimento il club delle donne rossonere anche per una “pioniera” dell’Abruzzo, Nella Grossi, classe 1940, innamorata del Milan di Gianni Rivera e del Pescara , così che nel 1977 ha fatto sorgere il club Delfino.
Nella e le altre, oggi rappresentano quel 25% di tifose che in Italia (da Nord: con le Galline Padovane e le Monelle del Chievo, a Sud dalle Signore Azzurre del Napoli fino a Le Amiche Tifose Rosanero del Palermo) frequentano assiduamente lo stadio e partecipano alla vita attiva del proprio club. Una quota rosa sulle gradinate italiane che è aumentata gradualmente, appena dietro al 30% delle tifose inglesi e davanti alle francesi che rappresentano il 12% degli spettatori della Ligue1 «ma che per il 40% - sottolinea la Casanova - dichiarano di seguire il calcio in televisione». In Germania è calciomania al femminile dal 2008, anno degli Europei di Austria e Svizzera in cui avvenne il “sorpasso”, almeno davanti alla tv. Per Germania-Portogallo l’auditel tedesco rilevò infatti 13,33 milioni di telespettatrici, contro i 12,8 milioni di telespettatori. La Bundesliga del resto a oggi è l’unico campionato del Vecchio Continente in cui è stato concesso a una donna di arbitrare una partita della massima serie maschile. Un privilegio, ancora ignoto alle nostre “arbitre” italiche relegate al massimo a dirigere partite di Lega Pro, che invece è toccato alla 39enne poliziotta Bibiana Steinhaus che, nel 2017, ha fatto il suo debutto in Bundesliga arbitrando Herta Berlino-Werder Brema.
In Spagna il “tifo al femminile” da sempre rappresenta anche un campo in cui si gioca una partita vitale, quella per la parità dei diritti. Una sfida lanciata oltre un secolo fa dalla pasionaria catalana Edelmira Calvetò, la quale intraprese una vera e propria battaglia di principio pur di farsi ammettere nella dirigenza del Barcellona. E alla fine Edelmira ci riuscì: la Calvetó, nel 1913 è stata la prima donna della Liga ad entrare in società nel glorioso Barça. «Le differenze perfezionano l’uguaglianza. La rendono viva, avvincente», scrive Simonetta Sciandivasci nella prefazione. Un messaggio che non è ancora pervenuto in Russia dove il calcio è una “questione elitaria” e nella classifica europea delle donne allo stadio le russe sono tristemente all’ultimo posto. La Russia, grande madre di questi Mondiali 2018, non prevede nè arbitre nè guardalinee in campo per la kermesse iridata. Ma questo ostracismo al femminile deriva comunque dagli assetti sbilanciati dei board Uefa e Fifa, all’interno dei quali soltanto sei donne hanno diritto di voto (una è l’italiana e juventina Evelina Christillin).
Se per una donna governare nel calcio è ancora una chimera, vi sono Paesi in cui addirittura è “vietato tifare”. In Qatar dove si disputeranno i prossimi Mondiali di calcio del 2022 solo le donne straniere hanno libero accesso allo stadio. Lo stesso valeva fino a poco tempo fa anche in Arabia Saudita. Qui nel 2014 una giovane temeraria osò assistere alla partita della sua squadra, l’Al-Hilal, indossando l’abaya nero con cui varcò i cancelli dello stadio. Gli uomini la bloccarono e la rispedirono a casa. Questo accadeva anche in Iran dove l’attivista britannico-iraniana Ghoncheh Ghavami, sempre nel 2014, ha passato 4 mesi nella cella di un carcere: arrestata per essersi travestita da uomo pur di entrare nel palazzetto dello sport e assistere a una gara di pallavolo maschile. Cancelli semiaperti alle iraniane soltanto dal settembre scorso: in occasione della gara di qualificazione mondiale contro la Siria allo stadio Azadi di Teheran, con vivo stupore da parte di tutti, è apparso al botteghino la scritta “donne”. Le tifose iraniane alla notizia della possibilità di acquistare un biglietto per la partita hanno lanciato un tamtam che ha costretto le autorità a fare una rapida marcia indietro.
Niente calcio ancora per le donne dell’Iran che al massimo possono assistere a match di tennis e di pallacanestro maschile, ma sempre sedute in appositi settori riservati e separati dai maschi e con l’obbligo tassativo di “non esultare”. Il mondo a volte fa dei rimbalzi strani, proprio come un pallone. Basti vedere la contraddittoria e turbolenta Turchia di Erdogan in cui le donne hanno la maggioranza assoluta allo stadio. Le tifose turche oggi rappresentano il 60% delle presenze alle partite del campionato di calcio. E questa colonizzazione è avvenuta grazie alla forza organizzativa e al coraggio di alcuni gruppi come le Ladies of Besiktas. Partita dopo partita queste pacifiche ultrà dello storico club di Istanbul si sono guadagnate uno spazio nella Curva - da sempre presidiata dagli uomini - e il massimo rispetto, difendendosi con le unghie e con i “fischietti” dagli atteggiamenti fortemente discriminatori nei loro confronti, anche da parte degli stessi supporters della loro squadra. Le Ladies of Besiktas hanno cominciato a presentarsi allo stadio «vestite da uomini, indossando maglia e sciarpa bianconera » e rispondendo alle violenze verbali e ai cori sessisti «utilizzando i loro rumorosi fischietti per coprirli».
Tutto questo in Brasile e in America Latina non accade, le donne sono padrone quanto gli uomini di vivere lo stadio come un luogo di aggregazione e di condivisione della festa. L’universo delle tifose comunque sta rapidamente cambiando, e in meglio. E la trasmissione del tifo calcistico si sta diffondendo sempre di più per via femminile, come dimostra il messaggio di Elena: «A un mese dal parto sono andata allo stadio a vedere il derby, quando poi è nato mio figlio sono andata allo stadio per vedere il derby con lui nel marsupio».