Scenari. Monachesimo, John Main tra città e deserto
Padre John Main (1926-1982)
Il monachesimo ha sempre avuto due anime: la prima è quella dei Padri del deserto come Antonio, ed è un monachesimo che rappresenta una fuga mundi ma anche una fuga Ecclesiae; sta lontano dal mondo e dalla Chiesa, si nutre di una vita solitaria e contemplativa. Poi c’è il secondo filone, quello di Pacomio e Basilio, con una serie di scambi con la città e con il mondo esterno, una forma cenobitica per cui il primato di tutto è della vita comune. Proprio Basilio di Cesarea, uno dei grandi di Cappadocia assieme al fratello Gregorio di Nissa e all’amico Gregorio di Nazianzo, fu l’autore di una delle prime Regole monastiche. Ma oltre ad essere attirato dalla vita contemplativa non disdegnò l’impegno civile: fondò infatti “Basiliade”, una sorta di città dei poveri che forniva ospitalità agli esclusi dalla società. È un monachesimo nuovo, basato su una frequente e costante osmosi fra città e deserto, che si sta affermando nella vita religiosa del XXI secolo. Bisogno di contemplazione, di silenzio e vita più sobria, di ricerca autentica di Dio vanno di pari passo con un dialogo non improvvisato con gli uomini del mondo, che sempre più s’affacciano su questi luoghi, i monasteri, spinti da domande che spezzano ogni schema di carattere ideologico. Molti esempi si potrebbero fare (in Italia viene subito in mente la comunità di Bose, nata subito dopo il ’68 con due peculiarità rispetto alle altre forme monastiche, quella di essere composta di uomini e donne e di essere ecumenica), ma ora il libro di John Main Monastero senza mura, da poco pubblicato in Italia dalle edizioni San Paolo (pagine 320, euro 22,00), rilancia la questione riproponendo la via di un monachesimo rinnovato come risposta alla crisi spirituale del nostro tempo.
Prima a Londra, nell’abbazia benedettina di Ealing, poi a Montréal su invito del vescovo, padre Main ha dato vita a comunità di preghiera e di meditazione capaci di coinvolgere a partire dal 1977 centinaia di persone, religiosi e laici, in un’esperienza fraterna e spirituale basata sul ritorno alle origini. «Cercare Dio, che è presente ora » è il motto che l’ha ispirato fino alla morte, avvenuta nel 1982, e che ancora anima le comunità che sono nate dal suo carisma. Dopo esser stato preside per cinque anni della scuola annessa all’abbazia di Sant’Anselmo di Washington, nel 1974 Main torna al suo monastero di Londra e cerca di rispondere a una domanda che si porta dentro: come preparare seriamente i giovani studenti a conoscere e vivere la dimensione spirituale dell’esistenza? Ed è così che nasce l’idea di gruppi di meditazione a fianco del monastero: non corsi eclettici di spiritualità, ma un’esperienza viva ed intensa di meditazione e preghiera, sul modello della lectio divina. Tutto comincia con pochi monaci e sei giovani laici, poi a poco a poco la voce riguardo a quanto avviene comincia a diffondersi, con l’arrivo di laici di tutte le età, vite religiose e culture differenti. Così i gruppi di meditazione si diffondono come cellule alla riscoperta dell’incredibile ricchezza di preghiera contemplativa della tradizione monastica cristiana. Main prende atto che queste persone che cercano non trovano una risposta adeguata nella Chiesa: «Venivano al nostro piccolo centro di Ealing perché sentivano la mancanza di interiorità e di profondità. Erano giunti alla conclusione che il semplice andare in chiesa o anche il praticare la personale devozione non sarebbe stato sufficiente. Anche se fossero stati fedeli nella pratica religiosa, avvertivano un vuoto spirituale». La Chiesa con la sua predicazione e le sue strutture non era sempre capace di donare a questi “cercatori” una risposta vera.
Il monachesimo cui padre Main si ispira è soprattutto quello primitivo più che quello medievale e i suoi riferimenti spirituali sono san Cassiano e i padri del deserto. Ed è la convinzione che solo un monachesimo vivificato dal ritorno al compito essenziale di ’cercare Dio’ nella preghiera pura può ricostituire un legane utile con il mondo moderno. Una preghiera concepita non come un “parlare con Dio” o un “pensare a Dio”, ma come “consapevolezza di Dio in Gesù”. Il riferimento costante a Cristo impedisce a chi prega di ripiegarsi su se stesso e di muoversi più in profondità senza dare spazio a vane fantasie: «Solo così possiamo vedere che Dio non è assente, ma pienamente presente a noi in quel Gesù la cui vita fluisce nel nostro cuore. La nostra preghiera è la nostra consapevolezza di Dio in Gesù». Allo stesso modo, Main mette in guardia da una meditazione vista come una tecnica per ridurre lo stress, una forma di autoterapia o di igiene mentale: «Le pressioni e le distrazioni della vita moderna hanno fatto sembrare il silenzio un’idea attraente. Spesso tuttavia si tratta dell’idea di un silenzio che significa solo abbassare il volume, ascoltare musica bassa in sottofondo, o una coscienza introversa che ascolta le chiacchiere della nostra mente. Vero silenzio è assenza di pensiero». Per il nuovo monachesimo il silenzio interiore è la premessa per una preghiera profonda che non è immaginare Dio ma essere con Dio grazie a Cristo. Come si legge nel libro La nube della non conoscenza: «Non arriverete mai a conoscerLo col pensiero ma solo nell’amore». Lo ricorda il suo compagno fraterno e successore alla guida delle comunità Laurence Freeman, nella postfazione al volume: centrale è l’esperienza cristiana, non la ricerca eclettica di una qualsiasi spiritualità sul mercato; al tempo stesso, occorre evitare i due pericoli estremi del nuovo gnosticismo e del vecchio pietismo.
Per questo, a partire dalla nuova comunità sorta nel 1977 a Montréal, padre Main inizia a scrivere lettere (ora diventate newsletter) a tutte le comunità che si ispirano al suo metodo. Lettere scritte alla maniera delle epistole di Paolo e da cui appare evidente come la sua teologia si sviluppa nella visione di “Cristo in tutto”. E poi la decisione di incidere audiocassette sul vero senso della pratica contemplativa, in cui fra l’altro si suggerisce prima di disporsi ad essa a fare una lettura attenta delle Scritture fino quasi a “masticarla” e aggiungendola alla meditazione. È il metodo, come si diceva, della lectio divina. E fra i libri suggeriti come compagni di questo pellegrinaggio quotidiano vi sono quelli di Thomas Merton (nel cui monastero del Getsemani in Kentucky, nel 1976 padre Main predicò e sostò in preghiera) e di Henri La Saux. Come disse san Benedetto, ci sono molti tipi di monaci: quello scelto da John Main privilegia la preghiera continua e la meditazione senza prevedere forme di apostolato esterno. Ma grazie a un processo autentico di formazione spirituale, che mette i monaci in comunicazione diretta con laici di ogni tipo e dunque la complessità della società moderna, ciò non impedisce affatto un’osmosi fra il deserto e la città. Padre John Main (1926-1982)