Reportage. Monaco 1972, cinquant'anni fa i Giochi finiti nel sangue
Una veduta dall’alto del Villaggio olimpico di Monaco di Baviera che ospitò le tragiche olimpiadi estive del 1972
Osservato dalla piattaforma in cima alla Torre alta 291 metri, il villaggio olimpico è una miriade di linee bianche in mezzo al verde. Quando invece ci si immerge nelle viuzze che separano gli edifici si scoprono le due anime dell’Olympisches Dorf. A Sud, nell’area che dà sui campi di tennis e beach volley, ci sono monolocali abitati da universitari. L’area è gestita dalla Studentenwerk München, l’Opera studentesca di Monaco, e offre una dimora a chi ha scelto la capitale della Baviera come luogo di formazione. È estate piena, non ci sono lezioni o esami, eppure i bungalows pullulano di vita e all’ora di pranzo emanano i profumi di cibo più disparati, aromi che rimandano alla provenienza geografica degli ospiti. Ventenni pieni si speranze, i quali interrogati sui tristi episodi di cinquant’anni fa faticano a rispondere. Nessuno di loro era nato, in pochi hanno approfondito i fatti. Appena cinquecento metri più a Nord cambia tutto. I minuscoli edifici cedono il posto a palazzine di tre piani, dove vivono più di seimila persone. Le vie sono pedonali, non c’è traccia di barriere architettoniche, dappertutto spuntano terrazze e le auto sono riposte nei garage sotterranei. Buona parte delle famiglie sono in vacanza, mentre lo sparuto gruppo rimasto ad arrostirsi nell’afa agostana ricorda benissimo quanto accaduto il 5 settembre, ma preferisce non esprimere giudizi. Il rispetto della riservatezza dei residenti diventa obbligatorio quando si arriva al punto cardine della vicenda: il civico 31 di Connolystrasse. Oggi è la foresteria della società Max Planck, una delle principali istituzioni tedesche nell’ambito della ricerca di base, cinque decenni fa era la casa della delega- zione israeliana. Un cartello blu riporta l’invito, in tedesco e in inglese, a non offendere la privacy degli ospiti, mentre su una lapide sono incisi, in tedesco e in ebraico, i nomi degli 11 israeliani morti.
Per saperne di più i turisti e i curiosi devono uscire dal villaggio, attraversare il parco e arrivare al luogo del Memoriale, a un tiro di schioppo dallo stadio Olimpico. È qui che lunedì si terrà la commemorazione ufficiale, in occasione del cinquantesimo anniversario del Massacro di Monaco. Durante la ventesima edizione dei Giochi estivi, un gruppo terroristico palestinese dell’organizzazione Settembre Nero pianificò un attacco al team israeliano. Il 5 settembre 1972 i terroristi penetrarono nel villaggio, uccidendo due israeliani e prendendone in ostaggio nove. Il commando chiedeva in cambio la liberazione dei detenuti palestinesi in Israele e di due terroristi di estrema sinistra della Raf in Germania. Durante la notte le autorità tedesche tentarono di liberare gli israeliani nella base aerea di Fürstenfeldbruck, ma il blitz fallì: i terroristi uccisero gli ostaggi e un poliziotto locale. Negli scontri perirono pure cinque componenti di Settembre Nero. L’angolo della memoria è zeppo di gente a qualsiasi ora, con visitatori provenienti da tutto il mondo che si fermano in silenzio di fronte ai volti sorridenti dei dodici uomini che persero la vita in quel tragico dì. Cinque erano atleti: David Berger, 28 anni, pesista, nato negli Stati Uniti e emigrato in Israele; Ze’ev Friedman, 28 anni, pesista, nato in Polonia e sopravvissuto alle persecuzioni razziali naziste; Eliezer Halfin, 24 anni, lottatore, nato in Unione Sovietica; Yossef Romano, 31 anni, pesista, nato in Libia, padre di tre figli e veterano della guerra dei Sei giorni. Mark Slavin, 18 anni, lottatore, nato in Unione Sovietica.
Quattro erano tecnici: Amitzur Shapira, 40 anni, allenatore di atletica, padre di quattro figli; Kehat Shorr, 53 anni, allenatore di tiro a segno, nato in Romania, aveva perso la moglie e una figlia durante la Shoah; André Spitzer, 27 anni, allenatore di scherma, nato in Romania e padre di una bimba di pochi mesi; Moshe Weinberg, 33 anni, allenatore di lotta greco- romana. Due erano arbitri: Yossef Gutfreund, 40 anni, giudice di lotta greco-romana, padre di due figlie; Yakov Springer, 51 anni, giudice di sollevamento pesi, nato in Polonia e unico sopravvissuto della sua famiglia all’Olocausto. Uno era un poliziotto di Monaco, Anton Fliegerbauer. Poco oltre il muro con le dodici fotografie, video e immagini d’epoca ricostruiscono la vicenda sotto diversi punti di vista: dal significato politico dei Giochi di Monaco fino alle tensioni tra arabi e israeliani in quel tempo. Infine, sulla via che porta allo stadio, campeggiano una targa di bronzo sul pavimento e una lapide a forma di T con i nomi dei morti in lingua ebraica. Qua e là qualche fiore lasciato dai passanti, per non dimenticare una tragedia sulla quale si continua a discutere. Dopo aver minacciato di boicottare la cerimonia di lunedì, le famiglie degli israeliani uccisi hanno finalmente raggiunto un accordo con il governo tedesco sull’importo del risarcimento: 28 milioni di euro da aggiungere ai 4,6 già elargiti. «La Germania si sta assumendo le sue responsabilità» ha detto ieri il cancelliere tedesco Olah Scholz esprimendo la sua soddisfazione per l’accordo raggiunto.